
Vale a dire?
«Nel pensiero giudaico-cristiano ci sono sempre state due visioni opposte del rapporto con la natura. Una basata sull’idea che questa sia al servizio dell’uomo, il quale quindi ha pieno diritto a sfruttarla; l’altra invece fondata sulla convinzione che l’umanità debba preservare la natura e prendersene cura, facendo parte di essa. Con questa Enciclica c’è la vittoria definitiva, per la Chiesa, di questa seconda impostazione».
Con quali conseguenze?
«Papa Francesco ha capito che siamo nel momento decisivo dello scontro tra il vecchio capitalismo e un nuovo modello di relazioni economiche, ambientali e sociali. E, soprattutto, ha identificato la questione legando la condizione ecologica alla condizione umana, l’ecologia del pianeta all’ecologia dell’umanità».
In che senso?
«Il vecchio capitalismo ha creato un sistema in cui, contestualmente, il pianeta veniva sfruttato e l’ambiente riempito di spazzatura, mentre solo una piccola parte dell’umanità si giovava della ricchezza prodotta da questo tipo di sviluppo. A questo modello è stato contrapposto nel secolo scorso quello del socialismo industriale, ma solo adesso si inizia a convenire sul fatto che il suo superamento sta invece altrove: cioè nell’economia della condivisione e a zero costo marginale, nelle reti diffuse di produzione e consumo di energia, nell’accesso universale e condiviso ai trasporti e all’elettricità creata da fonti rinnovabili, nella sostituzione dei vecchi indicatori basati sul Pil con altre forme di misurazione del benessere. E ovviamente nella fuoriuscita dalla produzione centralizzata e basata su combustibili fossili».
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Il Papa parla anche di “cambiamenti degli stili di vita” invitando a una riduzione dei consumi e alla sobrietà...
«Sì, ma attenzione, non c’è niente di regressivo nelle parole dell’Enciclica. Si parla invece di nuovi comportamenti che già si stanno diffondendo, specie tra i più giovani, e di cui Bergoglio ha capito l’importanza. Quando un neomaggiorenne decide di non comprarsi un’automobile ma di muoversi con il car sharing, cos’altro sta facendo se non modificare lo stile di vita rispetto a un suo coetaneo di trent’anni fa? Eppure quel piccolo gesto è già una rivoluzione. Quando poi il car sharing si allargherà alla diffusione in città di percorsi condivisi sulla stessa auto tramite Gps, sarà un altro passo in quella direzione e si arriverà a una riduzione di automobili circolanti fino all’80 per cento, senza che nessuno abbia meno accesso di ora alla mobilità, anzi. E ancora, le forti parole del Papa sulle piccole produzioni diffuse portano dritti a un altro cambiamento che sta già avvenendo, quello che lascia dietro alle nostre spalle la dialettica tra “proprietario” e “lavoratore” e ci avvia verso la società dei “prosumer”, dei consumatori che sono anche produttori: di energia elettrica, di musica, di cultura, di notizie etc. Quando si parla di “piccole produzioni”, è tutta l’economia che cambia, che si fa rete, compresa quella più avanzata. Così come quando si parla di sharing economy, non si deve più pensare solo al digitale, alla musica o ai video, perché la condivisione sta passando dal mondo della Rete a quello fisico. A iniziare appunto dall’energia, visto che il Sole non manda la bolletta a fine mese».
L’energia nell’Enclclica è un passaggio centrale.
«Certo. Intanto perché l’elettricità è uno strumento fondamentale per l’emancipazione dalla povertà: ancora oggi il 20 per cento dell’umanità ne è completamente priva e un altro venti per cento non ne ha a sufficienza. Ma a parte questo, Bergoglio sottolinea l’urgenza della sostituzione dei combustibili fossili con le rinnovabili e cita anche diversi casi di “buone pratiche” che nel contempo causano meno danni al pianeta e diminuiscono il divario sociale. Arrivando poi a parlare, più in generale, di «un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di massimizzare l’efficienza, riutilizzare e riciclare». Mi sembrano parole profetiche. E che in parte riflettono quello che già sta succedendo, con il tramonto del vecchio capitalismo e l’avvio di quella che io chiamo la Terza rivoluzione industriale, basata proprio sul quel modello “circolare”».
Un altro aspetto forte dell’Enciclica è l’idea, ripetuta più volte, che nella natura e nell’universo tutto sia “interconnesso”.
«E questo è particolarmente affascinante. Sia perché richiama una serie di meditazioni proprie delle religioni orientali - specie buddismo e confucianesimo - che ora possono fare con la Chiesa cristiana una comune battaglia culturale in questa direzione; sia perché il concetto di interconnessione è particolarmente contemporaneo e metaforico in questa era in cui grazie alla Rete gli esseri umani sono, appunto, tutti connessi tra loro».
Per Bergoglio però tutto ciò è ovviamente intriso di un afflato religioso, di un’adorazione “francescana” per il Creato. Lei invece ha una visione tecnologica e scientista. Non c’è contraddizione?
«Assolutamente no. Il Papa parla diCreato e io di Biosfera, ma sono la stessa cosa. Quello che davvero conta qui è il cambio di mentalità e di approccio verso il Creato-Biosfera, il sentirsene parte e il viverci in una condizione di riduzione di impatto sia verso la natura sia verso i nostri simili. Quanto a San Francesco, pensi la coincidenza: un brano del suo “Cantico delle Creature”, lo stesso che dà il nome all’Enciclica, apre il mio ultimo paper sulla Smart Green Economy».