L’ex consulente della Miteni decide sulla sicurezza alimentare. Proseguendo la pratica molto comune in Europa per cui i tecnici passano dalle aziende controllate agli enti controllori

«Il timore di mangiare prodotti non sicuri? Penso che sia suggestione più che reale pericolo». Angelo Moretto è da qualche mese membro esperto del Comitato consultivo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulla sicurezza alimentare e non esita a tranquillizzare la popolazione sui rischi che si corrono a tavola: «I prodotti fitosanitari con cui vengono trattati gli alimenti sono autorizzati attraverso un protocollo molto rigido, per cui oggi si muore più per allergie o batteri che per contaminazione da sostanze chimiche». E si spinge anche oltre affermando che lui per primo «mangerebbe con regolarità, se gustosi, i prodotti provenienti dalle zone del Veneto maggiormente interessate dall’inquinamento da Pfas».

 

Parliamo di quell’area della Regione per cui nel 2017 è stato dichiarato lo stato di emergenza, dopo che l’azienda Miteni ha sversato per anni sostanze chimiche persistenti (note come Pfas), contaminando la seconda falda acquifera più grande d’Europa.

 

Ma chi è Angelo Moretto? Veneto doc, docente e direttore di Medicina del lavoro dell’Azienda ospedaliera dell’Università di Padova, è un nome che suona famigliare alle orecchie dei suoi concittadini per i suoi legami con la Miteni, di cui è stato consulente proprio nel 2017. Nei meandri delle istituzioni europee la fama, invece, è dovuta a un primato: è stato uno dei due soli casi nella storia degli esperti dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) costretto a dimettersi per i suoi rapporti con una società di consulenza che opera nel settore dei pesticidi, come ricordato in una mozione (B8-0401/2016) del Parlamento Ue.

 

All’interno dell’Organizzazione mondiale della sanità il professore dovrà decidere se un prodotto chimico, intervenuto nel ciclo di vita di un alimento, sia dannoso o meno per la salute umana.

 

È il 2017, Moretto viene chiamato dalla Miteni per un’opinione tecnica su quel documento della Regione Veneto che lancia il pericolo sulla vita dei neonati e delle gestanti nella zona rossa: ovvero quella a maggior rischio sanitario per la contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas). Moretto non esita a definire lo studio «una raccolta poco ordinata di dati, che non sono stati analizzati adeguatamente e dai quali sono state tratte delle conclusioni arbitrarie che non trovano alcun fondamento». Per l’esperto della più grande azienda produttrice di Pfas, insomma, «non c’è nulla che dimostri a livello scientifico un’associazione tra queste sostanze e le alterazioni patologiche o di funzioni fisiologiche».

 

Affermazioni smentite – oltre che da una serie di ricerche scientifiche – dalle Nazioni Unite che mandano qualche anno dopo in Italia il loro special rapporteur su «sostanze tossiche e diritti umani», Marcos Orellana. La cui sentenza – raccontata dalle pagine dell’Espresso - è senza appello: nel Veneto si è consumato un grave disastro ambientale di cui la Miteni era consapevole, nel silenzio totale delle istituzioni locali e nazionali. Ma Moretto non è nuovo a giudizi di parte, pur espressi in nome di una neutralità scientifica. È il 2011 quando il professore viene meno, e costretto a dimettersi, al “rapporto di fiducia” (sono due i casi nella storia) che lo legano all’Efsa – l’autorità che certifica la sicurezza dei prodotti fitosanitari – perché omette di dire che possiede il 17% di una società di consulenti di tossicologia che ha co-fondato: la Melete. E ne possiede ancora il 10% quando viene nominato membro di Scoel, il Comitato scientifico che all’interno dell’Unione europea si occupa di stabilire i valori limite all’esposizione di sostanze chimiche sul luogo di lavoro. Standard che vanno decisi di volta in volta e a cui le aziende sono obbligate ad adeguarsi. Peccato che nel Comitato siedano esperti del settore industriale direttamente oggetto di valutazione.

 

Tra questi appunto Angelo Moretto «delle cui perizie - racconta un’inchiesta di Le Monde – le industrie si avvalgono per difendersi nei procedimenti contro i dipendenti o, il più delle volte, contro i loro parenti in caso di morte per malattie legate all’esposizione a sostanze come amianto, benzene…e più in generale ai prodotti petrolchimici».

 

Ma i casi di “revolving doors” del professor Moretto non finiscono qui. È il 2016 e un gruppo di esperti dell’Oms e della Fao (Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura) scagiona il glifosato, uno degli erbicidi più usati al mondo, dal rischio per la salute umana quando mancano soli due giorni all’autorizzazione della Commissione europea al suo riutilizzo sul mercato. Tra loro siede proprio Angelo Moretto, già consulente per l’Organizzazione mondiale della sanità e legato all’International life sciences institute (Ilsi) - di cui è ancora membro - e all’Health and environmental sciences institute (Hesi): due istituti non profit che ricevono la maggior parte dei loro finanziamenti da aziende private, produttori di glifosato come Dow, Monsanto e Sygenta. Senza nulla togliere al curriculum del professor Moretto, è innegabile che la pratica molto comune in Europa per cui i tecnici passano dalle aziende controllate agli enti controllori - per poi tornare alle prime con grande disinvoltura - crea qualche dubbio sull’affidabilità del loro giudizio terzo. A maggior ragione poi, se l’esperto in questione ha i piedi in entrambe le scarpe nello stesso momento, le sue rassicurazioni sulla sicurezza del cibo in tavola paiono un po’ traballare.