Iana Matei ha creato in Romania un rifugio per le minorenni che riescono a scappare, dopo essere state vendute e costrette a prostituirsi a Milano, Parigi, Amburgo. Qui spiega come funziona lo sfruttamento. E perché l'unica cosa che servirebbe, ma ancora non si fa, è colpire chi investe in questo business

Cinquantatré anni, un figlio ormai adulto, due gemelle adottate, la romena Iana Matei è una donna che ha avuto molte vite. Laureata in psicologia, dissidente ai tempi della dittatura di Ceausescu, ha vissuto per dieci anni in Australia, dove si è avvicinata al mondo dei bambini di strada, molti figli di famiglie aborigene, e ha creato un'associazione per aiutarli chiamata 'Reaching out'.

Tornata a casa, in Romania, ha continuato ad occuparsi di bambini abbandonati. Finché una notte di dodici anni fa la polizia l'ha chiamata, chiedendole di prendere in affidamento tre baby prostitute, tre ragazzine di 15-16 anni "mezze nude e col trucco disfatto" che erano riuscite a scappare dai loro sfruttatori. L'incontro ha portato Iana a creare il primo rifugio per ex prostitute minorenni del suo Paese, ma anche a diventare un'esperta di fama internazionale sul traffico di esseri umani, bambini e ragazze, che attraversa l'Europa da Est a Ovest e che è uno dei grandi affari della malavita organizzata.

L'abbiamo intervistata a Roma, dove si trova per presentare il suo libro 'Minorenni in vendita' (Corbaccio), edito in Italia in questi giorni.

Il libro racconta le storie delle ragazze che ospita nel suo rifugio. Ma è anche un'analisi molto dettagliata del traffico di baby prostitute dalla Romania a paesi come Italia, Germania, Francia. Un fenomeno vasto e in crescita, che le autorità del suo Paese, ma anche quelle europee, paiono aver sottovalutato
Diciamo che esiste ormai la percezione di quanto sia vasto il fenomeno. Anche se non si possono fare stime precise, si calcola che le donne residenti all'estero che si prostituiscono in Europa occidentale siano circa trecentomila. Una parte di queste ragazze è composto da minorenni. Ai trafficanti costa circa 800 euro fare uscire una donna dalla Romania, e ci guadagnano fino a 30mila euro quando la consegnano a un intermediario in Italia o in Germania. Una ragazzina si può rivendere più volte, quindi è un ottimo affare. Consideri che in media la tariffa è di circa 30 euro a rapporto, e che lavorano ogni notte con molti clienti. L'Unione Europea è consapevole della gravità della tratta di esseri umani, ma non ha ancora approntato mezzi efficaci. Manca la volontà politica per farlo. Bisogna colpire i trafficanti di donne così come si colpiscono i trafficanti di droga: con pene esemplari e il sequestro dei beni. Invece di concentrarsi su chi sfrutta le ragazze, il dibattito pubblico si arena sempre sullo stesso punto: legalizzare o meno la prostituzione. L'attenzione è sulle prostitute, non su chi le sfrutta.

Lei spiega che il traffico di minorenni e in generale il mercato illegale della prostituzione ha avuto una grande crescita dopo l'entrata della Romania nella UE. E che le strategie dei trafficanti si fanno sempre più sofisticate
Il fenomeno è nato negli anni Novanta, dopo la caduta della dittatura, ma si è intesificato dopo l'entrata nell'Unione Europea, perché senza controlli alle frontiere è molto più facile spostare le ragazze da un paese all'altro. La nuova meta sono i paesi del Nord Europa, dai quali i trafficanti si aspettano di trarre profitti più alti di quelli che già realizzano in Italia, Germania e Francia, finora le 'piazze' principali. E cambiano le tecniche per adescare le ragazzine. Ora la più gettonata, soprattutto in Italia, è quella che chiamiamo del lover-boy.

In che cosa consiste, la tecnica di adescare le ragazze con dei 'lover-boy'?
Un ragazzo romeno si mette a corteggiare due o tre ragazze contemporaneamente, all'insaputa l'una dell'altra. Fa regali, le porta fuori. Poi quando sono innamorate annuncia che ha trovato lavoro in Italia, e le convince a seguirlo dicendo che potranno lavorare come cameriere o badare un anziano. Invece quando arrivano scoprono che non c'è nessun lavoro. Ed è lo stesso sedicente fidanzato a convincerle inizialmente  a prostitursi per farle entrare nel giro.

Quelle che riescono a liberarsi dai loro sfruttatori e a tornare in Romania che cosa devono affrontare?
La nostra società, che non credo sia in questo diversa dal resto delle società europee, considera una donna che si prostituisce come qualcuno che si è posto volontariamente fuori dalla sfera sociale. Solo con un lungo lavoro di educazione, che passa anche attraverso incontri di sensibilizzazione che tengo nelle scuole, possiamo far capire che queste ragazzine sono state ingannate, picchiate, violentate. Vengono di solito da famiglie disfunzionali, e hanno affrontato un percorso durissimo. Vogliono ricostruirsi una vita, ma hanno bisogno di essere rispettate nella loro volontà e nei loro tempi. E' per questo motivo che ho creato la mia casa rifugio, che ospita circa 12 ragazze alla volta, per un anno o più, fino a quando non si sentono pronte per camminare da sole. Molte tornano a scuola, o imparano un lavoro.

E' per avere più libertà di movimento che lei rifiuta le sovvenzioni dello Stato?
Si, non voglio che le ragazze siano condizionate o forzate in alcun modo. Non voglio che le strutture della burocrazia impongano delle condizioni, per esempio quella di collaborare con la polizia, per farci avere dei fondi o per far entrare una ragazza nella struttura. La maggior parte di loro poi decide da sola di denunciare i suoi sfruttatori o di testimoniare contro di loro ai processi. Ma lo fa con i propri tempi, senza forzature. Hanno bisogno di grande coraggio per rendersi conto che non verranno di nuovo tradite, svendute e ingannate.

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