Attualità
13 giugno, 2011

Addio al reality dei cassintegrati

Gli operai sardi della Vinyls, dopo aver dormito per 15 mesi nel carcere abbandonato, lasciano l'Asinara. Un esperimento di lotta sindacale mai visto prima nel mondo, ma senza lieto fine

Stanchezza, delusione e rabbia. Sono i sentimenti che accompagnano i dipendenti della Vinyls di Porto Torres che dopo quindici mesi hanno deciso di abbandonare il presidio dell'Asinara, ormai conosciuta come 'L'isola dei cassintegrati'.

La loro storia, che potrebbe benissimo essere scambiata per la trama di un romanzo, è stata raccontata in ben 838 post dal blog www.isoladeicassintegrati.com. Proveremo a riassumerne i momenti più importanti, con l'aiuto di uno dei protagonisti.

Il 24 febbraio 2010, esasperati dall'assenza del sindacato, dall'indifferenza dei politici e delusi dai media nazionali che continuano ad ignorarli, un gruppo di lavoratori del petrolchimico di Porto Torres (in cassintegrazione da quasi un anno) si imbarcano sulla 'Sara D', il vecchio traghetto turistico diretto all'Asinara. Muniti di zaini, coperte, sacchi a pelo e provviste per passare qualche notte sull'isola, non immaginano che la loro permanenza si prolungherà all'estremo.

L'idea è quella di occupare l'ex carcere di massima sicurezza, dove scontarono la condanna brigatisti e mafiosi come Raffaele Cutolo e Totò Riina, per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica. Una scelta coraggiosa ed azzardata, presa dopo mesi di 'manifestazioni tradizionali'. «Avevamo bloccato la Statale 131, unica arteria stradale dell'isola; ci eravamo incatenati ai cancelli dell'Agip di Porto Torres, lasciando i distributori di mezza Sardegna senza carburante; riuscimmo addirittura a paralizzare i voli in partenza dell'aeroporto di Alghero per un giorno, ma niente», dice Tino Tellini, uno degli inventori della protesta. «Al massimo scrivevano un articoletto sul giornale locale e il giorno dopo nessuno si ricordava più di noi. Sentivamo la necessità di rompere gli schemi per poter uscire dall'ombra».

Rubare alla televisione generalista il modello del reality, per declinarlo secondo le esigenze della lotta operaia, è la scintilla che innesca il cambiamento. I cassintegrati, fino al giorno prima ignorati dall'opinione pubblica, diventano i protagonisti di una protesta mediatica che coinvolge le più grandi testate giornalistiche e televisive. Complici una pagina Facebook e un blog che racconta in diretto la loro vertenza, l'Isola dei cassintegrati si impone nell'agenda-setting del paese e gli operai hanno finalmente l'opportunità di spiegare le cause del loro malcontento. «Noi non siamo in cassintegrazione perché l'industria chimica non ha più un mercato, come vuol far credere l'Eni», spiega Tino: «Produciamo Pvc, la base di qualunque oggetto di plastica. Sto parlando del mondo che ci circonda: la tastiera del nostro computer, le grondaie dei tetti, le vasche da bagno, i nostri elettrodomestici, la carta domopack, le bottiglie di plastica, persino la mia collezione di dischi dei Beatles è fatta di pvc!».

Grazie alla Rete i cassintegrati irrompono nei salotti televisivi, dove possono confrontarsi faccia a faccia con rappresentanti dell'Eni, con il ministro dell'economia Giulio Tremonti (che durante una puntata di Annozero ammette di non conoscere la situazione dell'industria chimica italiana), con Silvio Berlusconi (che si complimenta per le belle ragazze che ci sono in Sardegna), con il ministro dello sviluppo economico Paolo Romani (che addirittura stabilisce delle date per il riavvio degli impianti, senza poi rispettarle) e con tanti altri politici del hoverno e dell'opposizione. Riescono persino ad arrivare al Presidente della Repubblica, che esprime loro la massima solidarietà.

Nonostante l'enorme copertura mediatica, però, la vertenza lavorativa rimane arenata e i cassintegrati si scontrano con l'evidente contrasto tra l'esito comunicativo e i progressi raggiunti con la protesta. «C'è stato un solo momento in cui ho creduto veramente che sarei tornato a lavorare, nel maggio del 2010, quando l'impresa araba Ramco sembrava decisa a comprare la Vinyls»: ma anche gli imprenditori del Qatar fuggono da un giorno all'altro senza lasciare traccia. Secondo alcuni, a causare il fallimento delle trattative sono le dimissioni del Ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola, presentate proprio un giorno prima dell'incontro con gli imprenditori arabi al ministero. «È ironico che in un paese dove nessun politico presenta dimissioni, dimetta proprio l'unico ministro che vorresti seduto in quella poltrona, quel giorno», dice Tino sarcastico.

Con l'arrivo dell'estate le telecamere abbandonano l'Asinara e i naufraghi del lavoro, che ancora dormono dietro le sbarre, vengono travolti da un mare di promesse, bandi di vendita e rinvii: «La politica ha delle grosse responsabilità e non sto parlando solo del governo, che ovviamente è l'imputato numero uno. Anche l'opposizione è stata assente. Di passerelle di politici ne abbiamo visto decine durante le elezioni e alcuni di loro dicevano cose talmente banali e stupide che quando lasciavano l'isola ci ridevamo sopra. Ma solo qualche politico locale c'è rimasto vicino fino alla fine».

Quando sembra che la chimica italiana sia destinata a chiudere i battenti, un fondo economico svizzero, chiamato Gita, fa una proposta d'acquisto per l'intero ciclo produttivo (Porto Torres, Porto Marghera e Ravenna). Il ministro Romani per risolvere lo scetticismo degli operai, stufi di promesse, si reca personalmente in elicottero all'Asinara per garantire che «Il fondo svizzero è affidabile. Mi ci gioco la faccia, non sono un pirla!». Credere o non credere all'ennesima promessa del ministero? Qualcuno si convince che sia la volta buona e Romani garantisce (in sette differenti occasioni) che Gita è un compratore sicuro e affidabile.

Talmente affidabile che non si è mai saputo chi ci fosse dietro realmente, talmente sicuro che dopo aver firmato il contratto di acquisto gli svizzeri, famosi in tutto il mondo per la loro puntualità, ritardano per mesi il pagamento della capitalizzazione di 100 milioni di euro che avrebbe dovuto rimettere in moto il petrolchimico. Arrivano addirittura a dire di aver già pagato e danno la colpa alla lentezza delle transazioni internazionali. Dopo un surreale susseguirsi di giustificazioni e proroghe anche l'ottimismo di Romani viene meno. Aprile 2011: il ministro interrompe la trattativa: «Il fondo svizzero Gita è un compratore inaffidabile. Cercheremo altre soluzioni».

Ma le 'altre soluzioni' non arrivano e gli operai continuano l'occupazione, decimati dalla stanchezza, logorati dalla protesta.

L'unica speranza a quel punto sembra la 'chimica verde' promessa dall'Eni, ma Tino è molto scettico riguardo all'accordo, firmato a fine maggio: «Non ci sono sufficienti garanzie di continuità occupazionale per noi lavoratori, i tempi di transizione industriale non sono stabiliti con chiarezza, nel frattempo però stanno per fermare gli impianti e fra qualche mese si rischierà una catastrofe sociale. L'Eni ci ha venduto la chimera della chimica verde solamente per gettare acqua sulla nostra protesta che le ha dato sempre molto fastidio».

Il 9 giugno 2011 termina l'unico reality 'reale'. L'Asinara è nuovamente un isola deserta. Nessun boom di ascolti, nessun vincitore, ma solo l'amarezza di non essere riusciti a scrivere un finale decente per una delle proteste più creative della storia della contestazione operaia. «Ci rimane la soddisfazione per quello che abbiamo fatto. Ci ha permesso di entrare in contatto e confrontarci con una parte consistente del paese che lotta per cambiare, e siamo orgogliosi di farne parte». I lavoratori della Vinyls però non si arrendono e protesteranno fino a che l'impianto non verrà definitivamente dismesso.

L'isola dei cassintegrati continuerà a vivere tra le pagine della blogosfera: il blog d'inchiesta che un anno fa accese i riflettori sui cassintegrati sardi, insisterà nel raccontare quell'Italia fatta di statistiche negative, per dare un volto ai numeri e alle percentuali della crisi lavorativa che paralizza il paese.

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