«Ratzinger ha preso atto della propria incapacità nel gestire le furiose lotte di potere esplose nella Chiesa. Per questo ha mollato, dopo otto anni di insuccessi e di scandali». Le parole fuori dal coro di Dom Franzoni, teologo ed ex padre conciliare
«Per lo meno ha dimostrato di aver capito il proprio limite e la propria impossibilità di governare la Chiesa». E' questo, il solo commento benevolo su Joseph Ratzinger di 'dom' Giovanni Battista Franzoni, teologo ed ex sacerdote, già il più giovane tra i padri conciliari italiani, poi dimesso dallo stato clericale in seguito ad alcune prese di posizione considerate troppo progressiste dalle gerarchie cattoliche.
Raggiunto telefonicamente nella sua casa di Fara Sabina (Rieti), dom Franzoni si riprende subito dall'iniziale incredulità sulla notizia e sancisce tranchant: «Il problema non è questo o quel Papa, ma è proprio il papato come forma istituzionale ad essere ormai antiquato». E' una sorta di monarchia sacrale non più in sintonia con i tempi, spiega Franzoni, occorre trovare una forma più sciolta e partecipativa, che dialoghi con le altre culture e che si richiami maggiormente al modo di vivere cristiano delle origini.
Per la Chiesa cattolica ora è aperta la sfida tra la capacità di rinnovarsi o chiudersi per sempre nell'immobilismo delle proprie istituzioni tradizionali, sorda a un mondo che sta cambiando.
Il bilancio che questo teologo 'eretico' traccia del pontificato di Benedetto XVI è a dir poco impietoso: «Non posso dire nulla di positivo. Fin dai tempi del pontificato di Giovanni Paolo II, il ruolo di Joseph Ratzinger (dal 1981 prefetto della Congregazione della dottrina della fede,
ndr) fu quello di braccio esecutivo di una strategia di progressiva emarginazione della teologia della Liberazione all'interno della Chiesa. Ratzinger è stato l'esecutore per conto di Wojtyla della repressione del pensiero teologico e delle teorie portate avanti durante il Concilio Vaticano II».
«Grazie all'umiltà di papa Giovanni XXIII, che aprì alle diverse anime della Chiesa dicendo 'aiutatemi, facciamo un Concilio', il cattolicesimo riuscì a scuotersi e ad aprirsi verso spazi di modernità. Tutto ciò è stato progressivamente smantellato in maniera autoritaria prima da Giovanni Paolo II e poi dal suo successore Benedetto XVI».
Un pontefice forte con i deboli e gli emarginati e troppo debole verso i comportamenti assai poco cristiani del clero, come la piaga dei preti pedofili. Dice Franzoni: «C'è stato troppo silenzio su questi crimini. Wojtyla prima e Ratzinger poi hanno dimenticato che il Vangelo dice di far esplodere gli scandali, e invece loro si sono prodigati a coprirli».
Ma non solo. Tra le critiche al pontefice dimissionario ci sono anche la debolezza della vanità e la scarsa vicinanza alla contemporaneità. Le pantofole rosse griffate Prada e la decisione di sbarcare su Twitter, tanto per far due esempi: «Persino le chiese orientali, per non parlare dei protestanti, hanno adottato costumi di maggiore sobrietà», tuona Franzoni: «Invece qui si è indugiato nel lusso, con uno spirito antifrancescano e antievangelico. E non parliamo poi della scelta di andare su Twitter, che lo ha coperto di ridicolo. Ci vuole ben altro per dimostrare di conoscere i linguaggi del presente».
Il massimo della modernità di Ratzinger, in poche parole, è stata proprio la scelta di dimettersi. «Questa sì che è una novità, almeno dal punto di vista metodologico», prosegue Franzoni: «Ratzinger ha preso atto della propria debolezza a governare i conflitti che stavano esplodendo all'interno della Chiesa, in una furiosa competizione per il potere che i tempi recenti si erano manifestati con scandali clamorosi in seno al Vaticano».
E adesso cosa succederà? «Speriamo che venga eletto un successore coraggioso che abbia la capacità di riformare la Chiesa. Non serve un altro Concilio, che sarebbe un'operazione verticistica, ma una chiesa partecipata che ascolti il mondo, e in questo senso una ventata d'aria fresca potrebbe venire dalle donne».