Si apre a Torino il processo d'appello per la strage dell'amianto nel Monferrato. In primo grado i proprietari erano stati condannati (tra l'altro) a versare subito decine di milioni di euro alle vittime e ai comuni inquinati: ma non lo hanno fatto

«Sarà mai possibile in Italia, tutelare le vittime di una strage?». Con la domanda di Bruno Pesce, coordinatore della Afeva, l'Associazione familiari e vittime dell'amianto, si è aperto a Torino il processo d'appello contro il barone belga Louis De Cartier ed il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, ex vertici della multinazionale dell'amianto Eternit, che solo in Italia ha provocato la morte di 2190 persone per mesotelioma e malattie correlate e ha segnato per sempre il destino di almeno 2800, tra vittime ed eredi.

La sentenza del 13 febbraio dello scorso anno aveva disposto, oltre alla pena più severa mai comminata in materia di sicurezza del lavoro (16 anni per i due imputati ex magnati dell'Eternit) anche un maxi risarcimento nei confronti delle parti lese: 92 milioni di euro previsti dalla corte penale, di cui una parte (le provvisionali) immediatamente esecutiva e ripartite fra gli altri agli eredi delle vittime dell'amianto, ai malati e al comune di Casale Monferrato.

Il carcere per gli imputati è stato subito escluso e del diritto al risarcimento, ad un anno dalla sentenza, non c'è neanche l'ombra.

Per poter assicurare le provvisionali, infatti, è richiesto un esborso di almeno 150 mila euro per la traduzione delle sentenze nella lingua dei paesi di appartenenza degli imputati, l'incarico ad un pool legale che se ne occupi, l'individuazione dei beni da aggredire tramite agenzie specifiche. «Come faccio a chiedere al parente di una vittima dell'Eternit, unica fonte di reddito, migliaia di euro per contribuire alla riscossione del risarcimento a cui ha diritto?», si chiede l'avvocato Petrini, del pool legale dell'AFEVA.

Qualche settimana fa l'associazione ed il sindaco di Casale, Demezzi, si sono rivolti ai ministri Fornero e Severino per sollecitare una decisione e un tavolo di coordinamento tra le parti civili. Il timore che le elezioni imminenti rischiano di far posticipare l'esecutività della sentenza è forte.

Intanto la difesa dei condannati è ricorsa in appello chiedendo la sospensione delle stesse provvisionali. E la regione Piemonte ha approvato, anche se in ritardo, il piano per le bonifiche. Ma dei 20 milioni per il solo comune di Casale, solo 2 milioni sono giunti a destinazione. «Un anno fa, rifiutai i 18 milioni di euro offerti dall'imputato svizzero Schmidheiny in cambio del ritiro come parte civile nel processo, anche perché il ministro Balduzzi promise di recuperarli», ricorda Demezzi.

Ma a tutt'oggi, sebbene dal ministero facciano sapere che i milioni sono bloccati in regione e non per responsabilità del governo, Casale Monferrato è ancora in attesa. E dei tentativi di individuare i beni dello svizzero Schmidheiny - unico imputato in relazione al comune monferrino - non si è avuta ancora notizia.

Nella zona, tra il 2010 ed il 2020, l'anno del picco, lo stesso ministero della salute prevede 800-1000 decessi l'anno per amianto. I fondi per la ricerca e le bonifiche delle aree contaminate, oltre 30 mila in Italia secondo il ministero dell'ambiente, sono quindi urgenti.