"Hai mai sentito il fischio di un proiettile? Pessima sensazione. Odio le armi. Periodicamente un sacerdote viene minacciato, qui in Calabria. L'altro giorno hanno sparato contro la macchina di un mio ex compagno di seminario, a Filandri. Dove sto io, nel cosentino, la 'ndrangheta non usa le pistole contro i preti. Prova a delegittimarli. Attraverso la diffamazione. L'infamia. Ma con me cascano male. Faccio tutto alla luce del sole, anche se non si può stare mai sicuri. La parte piùpericolosa delle mafie è quella che sta al confine, lì nella zona grigia".
Don Tommaso Scicchitano ha 36 anni e da sette fa il parroco a Donnici, una frazione alla periferia di Cosenza. Lavora con i giovani, adolescenti e bambini, perché dice che la mafia si combatte togliendole braccia da arruolare e menti da soggiogare. E bisogna "pescare" i ragazzi prima che lo facciano loro. Contrasta la dispersione scolastica, cerca di scardinare quella mentalità che considera i mafiosi uomini d'onore, promuove incontri con le famiglie delle vittime di mafia e con i genitori dei ragazzi.
"Ma non chiamatemi prete antimafia, c'è gente che lo fa in contesti più difficili - insiste - sono solo una sentinella sul territorio. Sto attento a certi fenomeni, come l'abbandono scolastico, strettamente legati alla criminalità: la 'ndrangheta va a reclutare la manovalanza fra gli adolescenti e non sempre i più disagiati. Ragazzi che rischiano di diventare spacciatori o esattori del racket, perché mica si presenta il boss a riscuotere il pizzo. E' una realtà così tanto legata alle organizzazioni criminali che dà loro modo di poter gestire il territorio. Se c'è ignoranza, se manca la cultura della legalità, si arriva anche a dire che la mafia in fondo dà posti di lavoro, anche se è quello sporco".
Nel 2010 ha denunciato, durante la messa delle Palme, il tentativo di corruzione da parte di un clan locale, per un voto di scambio. Ma Don Tommaso sa che per un gesto di condanna ce ne sono altri di omertà. Non dimentica quello striscione che è apparso lungo tutta la curva dello stadio di Cosenza quando a fine campionato è stata promossa in serie C e giocava una partita per i festeggiamenti: 'Bentornato Franchino' si leggeva. "sono passati alcuni anni ma ricordo che nessuno, dico nessuno è intervenuto per condannare l'episodio. Si trattava di Franchino Perna, appena uscito dal carcere col 41 bis. E' stato un grande spot per la mafia quell'omaggio a uno dei suoi boss, indirizzato a tutti i giovani che partecipavano a quella manifestazione sportiva".
Don Tommaso non si ferma mai. Partecipa agli incontri con i giovani per parlare di legalità, impegno, anche di Dio. Che siano aspiranti chierichetti, studenti universitari o membri del rotary. "Fare attenzione agli adolescenti vuol dire badare a tutti, non soltanto a quelli che vengono in chiesa. Lo faccio perché sono un sacerdote, credo in certi valori, che non sono mica controllare che il ragazzo faccia la cresima tutto compunto. Il nostro compito non si esaurisce con la confessione e i sacramenti come pensano alcuni adolescenti, altrimenti rischiamo di diventare un supermercato del sacro, dove si prende quel che serve e grazie tante, si va via.
Sono quelli più difficili, ragazzi che vanno seguiti e allo stesso tempo lasciati liberi." Mentre passeggia nel cortile della parrocchia va spesso a controllare nell'angolo più buio, dove la mattina trova delle siringhe. "Quando un ragazzo ormai è dentro al giro puoi parlarci e magari c'è qualcuno che riesce anche ad accostarli questi giovani e trascinarli altrove. Ma bisogna fare prevenzione. Io sono riuscito meglio a supportare i ragazzi laddove i genitori hanno capito e apprezzato i miei interventi. A volte sono condivisi, sono spesso attuati su più fronti, anche in casa".
Le 'disgrazie' legate alla criminalità avvengono anche nelle migliori famiglie. E non è vero, non necessariamente, che i ragazzi siano stati lasciati soli: i genitori stanno con i figli ma il tempo che dedicano loro non è di qualità, non li eleva moralmente. "Se un ragazzo mi dice che ha fumato uno spinello con il padre come faccio a parlargli di dipendenze? - dice don Tommaso - io non sono papà, ma la paternità si impara, si sviluppa, con grande sacrificio anche. Così ha formato un gruppo di genitori, tutti uomini non abituati a frequentare la parrocchia. "Ci riuniamo ogni 15 giorni e da qualunque argomento partiamo, che sia di attualità o politica, si va a finire sempre allo stesso punto: la famiglia e il rapporto con i figli, prima delegato alle donne di casa. E' un cambiamento di mentalità anche questo". Altra mentalità da scardinare è quello che dipinge il mafioso come uomo d'onore, che risparmia donne e bambini. "una favola più volte smentita dai fatti di sangue. Per questo è importante tenere viva la memoria sulle vittime degli omicidi e delle stragi e far conoscere la loro storia ai ragazzi".
Don Tommaso fa parte di Libera - associazione, nomi e numeri contro le mafie - lavora al presidio locale di Cosenza. "In altri territori si parla di corruzione, beni confiscati, legalità, noi custodiamo la memoria. Qui vicino c'è Paola, teatro di una delle guerre di mafia più sanguinose. Recuperare la memoria vuol dire tirar fuori dall'oblio i nomi di vittime a volte sconosciuti, spesso dimenticati perché le famiglie tendono a isolarsi a chiudersi nel dolore. Invece bisogna parlare, e farsi avanti con forza, condividere. Il lavoro che provo a fare io, piano piano, cucendo un pezzo per volta, è recuperare il rapporto con i familiari delle vittime di mafia, che sono diventati vittime loro stessi".