Cosche

Emilia, il terremoto è un affare per i clan

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Negli ultimi mesi la prefettura emiliana ha bloccato circa 75 aziende implicate nella ricostruzione. Dietro molte di esse ci sono le 'ndrine calabresi basate nella regione emiliana

In un anno e mezzo sono state bloccate dalle prefetture emiliane, su richiesta del gruppo interforze, il Girer, costituito per vigilare sulla ricostruzione post sisma, circa 75 aziende. Tre di queste orbitano attorno alla galassia confindustriale. Insomma, l’affare della ricostruzione fa gola alle ‘ndrine.  Grande Aracri e gli alleati Arena di Isola Capo Rizzuto in prima fila.

[[ge:espressoarticle:eol2:2199495:1.50235:article:https://espresso.repubblica.it/attualita/cronaca/2013/01/31/news/emilia-i-camion-dei-clan-1.50235]]Come rivelato da “l’Espresso” l’anno scorso, i camion targati ‘ndrangheta hanno movimento la maggior parte delle macerie. Anche in questo caso i sospetti sono ricaduti sulle ditte con sede legale in Emilia ma legate ai clan del Crotonese. Eppure l’attività di prevenzione non è piaciuta a tutti. In particolare il senatore Carlo Giovanardi è diventato il paladino delle aziende emiliane interdette.

Ha criticato duramente i provvedimenti dei prefetti e l’attività scrupolosa degli investigatori. Arrivando al punto da presentare diverse interpellanze e interrogazioni al ministro dell’Interno criticando l’utilizzo delle interdittive. L’ultima crociata di Giovanardi, insomma, è contro l’antimafia che non si limita a bloccare le imprese del Sud, ma si spinge fino dove nessuno aveva mai osato: le ditte del territorio