Erano le 22.45 del 29 aprile 1985 quando su Rai2 comincio la prima puntata di Quelli della notte. E si capì subito che stava in onda la televisione del futuro. Una banda scatenata capace di mescolare il nonsense in purezza, la satira sottile della tv dei talk show quando ancora non erano inutili, tutta inserita nel paiolo intelligente dell’ironia. Renzo Arbore era il padrone di casa (replicata nei dettagli in uno studio) che firmava il programma con Ugo Porcelli.
Microfono in mano, musica dal vivo e un ordinato delirio accurato di personaggi in libertà governava sornione quello che divenne un’esperienza indimenticata ma praticamente impossibile da replicare.
C’era Nino Frassica (che da stasera torna in tv con il suo Festivallo) col saio di frate Antonino da Scasazza. Uno sconosciuto arrivato dalla luna che giocava con le parole e il sorriso a mezza bocca. Storpiava i modi dire, “tagliamo la testa al topo”, le espressioni, “ Non vorrei sembrare monologo” e tra due alternative rispondeva implacabile: “è uguaglio”.
C’era Massimo Catalano, monsieur Lapalisse contemporaneo, trovato da Arbore nelle cantine romane dove si improvvisava il jazz; le sue “catalanate” diventarono presto linguaggio corrente. “Meglio lavorare poco e fare tante vacanze, piuttosto che lavorare molto e fare poche vacanze". Difficile dargli torto.
Maurizio Ferrini non era la signora Coriandoli ma un comunista che lavorava come rappresentante di pedalò di una fantomatica ditta, la "”Cesenautica”.
Roberto D’Agostino, lookologo e intellettuale “post tutto e post niente”, fautore dell’edonismo regaliamo citava “L’insostenibile leggerezza dell’essere” a rotta di collo come se il titolo fosse un concetto a sé stante. E il romanzo di Kundera divenne un fenomeno letterario.
E in mezzo alla musica, a Maurisa Laurito con la frutta in testa, Simona Marchini sognante consumatrice di soap, Andy Luotto arabo, Mario Marenco meravigliosamente surreale, Riccardo Pazzaglia che tentava invano di alzare il livello della discussione, trascorsero 32 puntate che spettinarono la tv col 50 per cento di share e regalarono generosamente chili di tormentoni e intelligenza con cui campare negli anni a venire.
Certo, da quell’incredibile esperimento fondato sull’arte dell’improvvisazione si è imparato pochino e Arbore a parte che tornò poi con "Indietro tutta", ci hanno provato in tanti a ricreare quella magica follia. E come recitava la sigla d’apertura, “Lo diceva Neruda che di giorno si suda, m la notte no”. E la televisione neppure.