Da qualche ora, infatti, si trova in carcere. Accusato di tentato riciclaggio insieme a una banda di hacker informatici, alcuni di loro legati alla criminalità organizzata, specializzata nel furto di denaro dalle banche con un solo clic.
[[ge:rep-locali:espresso:285517068]]Sono finiti in manette 17 persone, tra questi, oltre a Manenti, anche un parente stretto del boss del clan Longo di Polistena, in provincia di Reggio Calabria. Le accuse vanno dall'autoriclaggio al riciclaggio, dalla frode alla clonazione di carte di credito. Sono i primi arresti, precisano gli inquirenti durante la conferenza stampa, per il reato di autoriclaggio inserito nel codice da pochi mesi.

Lo schema seguito dall'organizzazione criminale si articolava in vari passaggi. Nella prima fase accedevano ai sistemi informatici degli istituti di credito e sottraevano i quattrini depositati in vari conti correnti. Somme che trasferivano su carte clonate oppure su altri conti sparsi in giro per il mondo.
A questo punto il tesoretto veniva trasferito, sottoforma di donazioni anonime, a fondazioni e onlus complici dei pirati informatici. Per farlo avevano persino creato una piattaforma web il cui accesso avveniva tramite password. Un sistema sofisticato, che ha coinvolto onlus anche brasiliane, come la Mov.Vibra. Joao XXIII intotalata, appunto, a papa Giovanni XIII.
Infine la terza fase: alle fondazioni restava una parte per il servizio di intermediazione, così come una percentuale spettava a tutti quei mediatori e faccendieri che si erano prestati al giochino, e infine la restante parte finiva nelle tasche dei truffatori del web.
In questo contesto, è nata “l' operazione Parma Calcio”. Manenti ha contatto il milanese della banda, tale Angelo Augelli. Il presidente, sull'orlo del fallimento, era alla ricerca di soluzioni finanziarie, così ha chiesto un aiuto per «ricevere finanziamenti la cui origine è da ricollegarsi all'operatività del gruppo dei tecnici». Denaro, che secondo gli investigatori, proveniva dal sotttobosco criminale.
Gli hacker vanno in soccorso della squadra. Un'umiliazione per una formazione che negli anni '90 e primi 2000 aveva fatto sognare i tifosi portandoli sui palcoscenici del calcio europeo, ingaggiando campioni del calibro di Hernan Crespo o di Gianfranco Zola. Una fine ingloriosa: dai goleador di fama internazionale a una truffa di bassissimo livello che ha per protagonista Manenti, l'uomo che con euro si è comprato il Parma.
«Ho finito ora appuntamento con i finanziatori. Tieni un posto in consiglio di amministrazione?». Il messaggio è stato inviato a Manenti dal sodale Augelli. Erano i giorni della bufera. Le casse vuote, i giocatori senza stipendio, il fallimento alle porte. E mentre la città viveva l'incubo per una passione tradita dagli speculatori, lui si muoveva seguendo canali non proprio trasparenti.
«Avrei un cliente pronto a sponsorizzare con carta di credito da farsi anche in banca (Tot 4.500.000). Ovviamente quando il Parma sarà tuo». Il 12 febbraio Manenti è diventato presidente, acquistando il Parma a un euro e accollandosi 100 milioni di debito. Quel giorno i detective delle fiamme gialle registrano il primo contatto con Augelli «per concordare un incontro in merito ai finanziamenti che gli servono sia con il rosso che con le sponsorizzazioni», si legge nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale di Roma.
Dopo la telefonata i due si sono scambiano i contratti per la sponsorizzazione e le coordinate bancaria dove effettuare il primo accredito. In pratica, dai conti della squadra sarebbero transitati più di 4 milioni di euro, 2 di questi sarebbero rimasti nella disponibilità di Manenti e camuffati a bilancio come sponsorizzazioni e vendita merchandising.
La banda di hacker intravede nel Parma un veicolo insospettabile per continuare a camuffare i loro traffici. Avevano in progetto infatti di integrarla nel sistema che avenao messo in piedi, volevano trasformarla cioè in una delle tante scatole vuote per schermare finte donanzioni sfruttando le false sponsorizzazioni.
È nelle entrare annuali che l'organizzazione intravede un spiraglio per intrufolarsi. «Hanno 100 milioni di debito, e incassano più i diritti televisivi 40 milioni di euro», spiega Augelli al complice, e aggiunge: «Quindi se noi entriamo (nel Parma, ndr) riusciamo a tenere un cash flow di tre mesi». Gli uomini della banda iniziano quindi a farsi due conti e capiscono che per loro, la situazione disastrosa della squadra, è un occasione da non perdere. E Manenti gli apre la porta principale.
L'operazione si blocca per una fatalità. Quando in gran segreto si recano alla biglietteria dello stadio Tardini di Parma per eseguire le transazioni, camuffate da acquisto biglietti, attraverso le carte di credito clonate, i terminali non funzionano e così devono rimandare. Non avranno il tempo di riorganizzarsi, perché in tutta fretta la procura di Roma e la guardia di finanza fanno scattare la retata. E chiudono per sempre la partita truccata.