La sorella di Stefano, morto dopo l'arresto nel 2009, è disponibile a correre per il Campidoglio. A una condizione: «Libera dai partiti». Con l'obiettivo di creare «una squadra di persone che mi possano aiutare a realizzare la vera missione impossibile in questa città: il rispetto della legge e del principio di uguaglianza»

Ilaria Cucchi al Campidoglio? Di sicuro disponibile a candidarsi. E diventare l'anti-Raggi e l'anti-Meloni della sinistra per le comunali di Roma. L'annuncio è destinato a stravolgere alleanze e strategie a sinistra del Pd. Dunque, Ilaria Cucchi sindaca? Sì. Ma a una condizione: «I partiti devono fare un passo indietro» spiega a “l'Espresso”. Non sarà la leader di una sua lista civica. La proposta è più ambiziosa: creare un blocco attorno a lei che possa sfidare e vincere contro la destra. Per questo il messaggio è indirettamente rivolto anche al Pd.

L'idea di Ilaria Cucchi non è poi così distante dal pensiero di Ignazio Marino, che ha rinunciato alla corsa lanciando però un appello preciso: «Vi chiedo di scegliere insieme un uomo o una donna che non sia io, che possa guidare la città, vincere le elezioni e continuare il lavoro fatto». Non sarà affatto semplice e scontato mettere d'accordo i partiti e i partitini che hanno già lanciato nella mischia propri candidati. Ma Cucchi è esperta di missioni impossibili.

Dalle aule di tribunale, in cui sta lottando per avere verità e giustizia per suo fratello Stefano, all'impegno politico. Il filo che lega questo percorso è la volontà di far prevalere i diritti sull'ingiustizia. Non sarebbe la prima volta in politica per Ilaria. Nel 2013 è stata la capolista nel Lazio con la lista Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia. Allora non andò bene. Questa volta però si tratta delle comunali della sua città, Roma. «Che amo e che amava mio fratello», sorride. Sono trascorsi sette anni dalla morte di Stefano. C'è stato un processo, ma mancano ancora i veri colpevoli. È in corso un'inchiesta bis della procura di Roma e cinque carabinieri sono indagati. In questi anni Ilaria Cucchi non ha lottato solo per il fratello, ma per tutte «le vittime di Stato». Con il pensiero è vicina alla famiglia di Giulio Regeni. Nei giorni scorsi è intervenuta proprio sull'omicidio del ricercatore: «Ho rivisto nel suo sorriso la voglia di vivere del mio Stefano».

Ilaria Cucchi sindaco di Roma? Pazza idea?
«Ultimamente diverse persone mi hanno chiesto di impegnarmi fattivamente, fino addirittura a chiedermi di candidarmi a Sindaco di Roma. La cosa mi ha fatto sorridere ma poi ci ho riflettuto e mi sono chiesta: a prescindere dalle competenze politiche, che cosa potrebbe convincermi  ad accettare questa sfida?»

E che risposta si è data?
«Avere una squadra di persone vicino a me che mi potessero aiutare a realizzare l'unico, vero, reale cambiamento di cui ha bisogno Roma. La vera missione impossibile da realizzare è proprio partire dal rispetto della legge e dal principio di uguaglianza».

Affermare il rispetto della legge in una città corrosa dal malaffare e dalla mafia: bella sfida, non crede?
«Legalità vuol dire perseguire il bene pubblico comune senza compromessi; legalità vuol dire rispettare i diritti umani e il principio di uguaglianza e di pari opportunità. E quando parlo di diritti umani parlo del diritto di libertà, diritto all'integrità fisica, alla salute, all'istruzione e ad una vita dignitosa. Diritto ad avere ciascuno le proprie opportunità. Legalità vuol dire non prevaricazione. Legalità vuol dire rispetto per i più deboli e comporta un'idea di sicurezza ben lontana da quella che vedo spesso propagandata in questi giorni. Sicurezza vuol dire rispetto della legge, vuol dire lottare contro l'emarginazione, non favorirla. Sicurezza vuol dire che la legge deve essere uguale per tutti, anche per coloro che hanno responsabilità di potere e di ruoli. Tutto questo io credo che manchi a Roma, e non solo a Roma».

Lei si sente una donna di sinistra?
«A chi mi chiede se sono di sinistra io rispondo che queste sono le mie idee e il mio concetto di vita. Per questo mi candiderei soltanto nel momento in cui fossi libera da qualsiasi vincolo di partito».

D'accordo, quindi non è stata una decisione improvvisa?
«Sono sette anni che lotto per ottenere verità e giustizia per la morte di Stefano. Sono stati sette anni lunghissimi dove la mia vita è completamente cambiata. Appartengo ad una famiglia romana piccolo-borghese che non aveva mai avuto occasione di misurarsi con problemi che potessero arrivare a mettere in discussione la nostra idea di Stato, di società fino quasi addirittura a rischiare di minare la nostra fiducia nelle istituzioni. Ho imparato mio malgrado a combattere giorno per giorno, metro per metro, per tentare di ottenere il riconoscimento di quei semplici diritti fondamentali che sono stati negati a mio fratello e che gli sono costati la vita. La nostra è diventata non soltanto una battaglia personale per restituire a Stefano quella giustizia e quella dignità che a lui sono state negate, ma una vera e propria battaglia di legalità».

In che senso?
«Ne discuto tutti i giorni, visito le scuole, partecipo a conferenze, dibattiti, iniziative. Questa è la mia vita. Tutto questo non è più dovuto solo all'esigenza di raccontare la storia di mio fratello, perché ormai la storia di Stefano la conoscono tutti, ma per affermare questo principio. Piano piano mi sono resa conto che coloro che mi ascoltano comprendono la sincerità e il valore del mio messaggio, capiscono da dove nasce e ne percepiscono chiaro l'intimo e profondo radicamento dentro il mio cuore e dentro la mia testa. Da tempo tutti mi dicono che sto facendo politica. All'inizio li contestavo, poi ho smesso di pormi il problema».

E ora questo percorso “politico” lo mette a disposizione della città...
«Ho capito quanto sia importante il fatto che venga assicurato e realizzato in concreto il principio secondo il quale la legge deve essere uguale per tutti. Non deve essere più uguale per coloro che hanno disponibilità di mezzi, denaro, e meno uguale per gli ultimi. Anche in considerazione del fatto che l'esercito degli ultimi si sta giorno per giorno ingrossando sempre di più. È per questo che il caso di Stefano Cucchi è divenuto un caso di tutti, o comunque della maggioranza delle persone "normali"».

Crede che qualcuno la sosterrà?
«Tante persone quotidianamente mi invitano a non mollare, ad andare avanti, facendomi capire che la frustrazione da noi subita è la stessa frustrazione che spesso il cittadino prova quando si trova a fare i conti con uno Stato che fa poco o nulla per farlo sentire partecipe di un qualcosa di molto più ampio ed importante, ma che spesso si fa percepire come un vero e proprio nemico».

Tag
LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Il rebus della Chiesa - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso