Il ministro Calenda: "Il Ttip al nostro export farà benissimo"
Beneficierà le nostre aziende e non metterà in pericolo la salute dei consumatori. Il ministro dello Sviluppo economico smentisce i rischi messi a fuoco dagli oppositori del Ttip. E difende la necessità di segretezza delle trattative. Pur sottolineando il suo impegno nel coinvolgere tutti gli interessati
«Per l’Italia gli Usa sono il primo mercato di esportazione dopo quelli europei, ?con un saldo commerciale di 21 miliardi. E sono il mercato con più potenzialità ?di crescita, circa 10 miliardi di euro, soprattutto perché le barriere tariffarie esistenti sono concentrate sui settori ?di nostra specializzazione, in particolare tessile, ceramica, gioielleria e alimentare». Carlo Calenda, neo ministro dello Sviluppo Economico, non ha dubbi: ?il Ttip non solo non danneggerà gli interessi delle Pmi italiani ma aprirà nuove opportunità di guadagno.
Eppure il Trattato è molto osteggiato ?da chi lo accusa di distruggere le tutele per lavoratori e consumatori. Quali sono gli aspetti spinosi per l’Italia? «L’indicazione geografica e il cosiddetto “procurement”, ovvero il sistema ?di appalti pubblici».
Iniziamo dal primo. «Ci sono due ordini ?di problemi: il sistema americano protegge ?i marchi e non le indicazioni geografiche come da noi. Per capirci, oggi gli Usa sono grandi produttori di “formaggio Asiago” fatto nel Wisconsin. È improbabile che adesso smantellino ?le fabbriche e ne smettano la produzione. Quindi dobbiamo tutelare il più ampio numero di Ig possibile ma soprattutto ottenere dagli Usa il divieto di evocazione: un prodotto con un nome italiano fatto negli Usa non deve avere nulla che ricordi l’Italia sulla confezione». E gli appalti pubblici? «Esiste una legge protezionistica in America, la “Buy American” del 1933, che dobbiamo superare. Obbliga il governo e le istituzioni pubbliche a preferire negli acquisti prodotti Usa».
Gli oppositori insistono che questo trattato mette a rischio i servizi pubblici, dall’educazione alla sanità, e che ridurrà drasticamente la sovranità dei singoli Stati e dell’Europa… «I servizi pubblici sono tutti fuori, inclusa la sanità. Nessun trattato commerciale può interferire nella decisione su ciò che un Paese vuole tenere pubblico e ciò che vuole rendere privato. Per quanto ?riguarda la tutela dell’agroalimentare ?e dell’ambiente invece, i due principi opposti di precauzione (Ue) e della prova scientifica (Usa), rimarranno in vigore, ognuno per conto suo. Mi pare ovvio: se ?il Ttip facesse arrivare il pollo alla clorina o il manzo agli ormoni, quanti parlamenti lo ratificherebbero?»
Un altro punto dolente: i tribunali per dirimere le dispute delle aziende con gli stati in cui investono. Non estendono ?il potere delle multinazionali? «L’Italia ha in piedi più di 90 trattati bilaterali di investimento la cui clausola centrale è l’Isds, cioè l’arbitrato sugli investimenti. Il problema è che recentemente ci sono state aziende che hanno intentato cause su un concetto esteso di esproprio indiretto. Nessuna ?di queste cause è stata vinta ma illustra un rischio per la sovranità nazionale. ?Per questo vogliamo un sistema diverso, ?in cui i conflitti di interessi degli arbitri siano impediti e sia vietato l’andirivieni tra tribunale internazionale e nazionale». [[ge:rep-locali:espresso:285204166]] Come mai tutta questa segretezza intorno al Ttip? «Non c’è nessun accordo negoziale ?nella storia dei trattati commerciali internazionali che abbia avuto il livello ?di trasparenza del Ttip e sfido chiunque ?a dimostrarmi il contrario. Il mandato negoziale è sempre segreto. Ma, vista l’agitazione intorno al Ttip, l’ho reso pubblico. Nessuna “sala di lettura” ?dei documenti negoziali è stata mai ?aperta per gli altri accordi. ?Ma il punto è che non possiamo fare ?un dibattito ad ogni round negoziale sul singolo pezzettino. Si vede all’ultimo round se c’è un equilibrio tale che si possa chiudere o no. Ad esempio, se non ottengo le indicazioni geografiche, o almeno ?il divieto di evocazione, per me il Ttip ?non si chiude, anche se c’è un vantaggio tariffario».
C’è chi ha parlato di un deficit democratico nell’agire in questo modo… «L’input c’è stato a monte. Pubblica consultazione online, centinaia di audizioni della società civile, solo io avrò fatto 5-6 riunioni con le onlus come Stop Tttip. Null’altro che noi facciamo, non in Europa, ha questo livello di democraticità, ed è questo il motivo per cui sarà difficile avere il trattato. Non solo occorre l’approvazione del Consiglio europeo all’unanimità, ma anche quella del parlamento europeo e di ben 38 parlamenti nazionali. Esiste un processo più democratico di questo?».