Palazzo Madama approva un emendamento inserito nel decreto missioni che prende il nome dal ricercatore torturato e ucciso al Cairo. «E' un primo segnale»

Prime timide reazioni dall'Italia sulla vicenda del ricercatore universitario Giulio Regeni. Mercoledì 29 giugno il Senato ha approvato con 159 voti favorevoli, 55 contrari e 17 astenuti un emendamento, contenuto nel decreto legge missioni, con cui di fatto viene sancito lo stop alla fornitura di pezzi di ricambio degli aerei F-16 all'Egitto.

«È la prima volta, come Parlamento, che abbiamo la possibilità con un'iniziativa di manifestare il bisogno di accelerare i tempi della verità sul caso Regeni», ha dichiarato il presidente della Commissione difesa del Pd Nicola Latorre. «Ciò che facciamo è un atto che vuole sollecitare questo obiettivo senza compromettere alcun tipo di relazione», ha aggiunto.
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In realtà sull'emendamento, ribattezzato con il nome dello studente di Fiumicello scomparso lo scorso 25 gennaio e ritrovato il 3 febbraio, c'è stato un lungo dibattito al Senato, con il governo che ha rimesso la decisione all'Aula. Proteste sono arrivate soprattutto dai banchi del centrodestra, a cominciare dal capogruppo di Forza Italia Paolo Romani.

Durante il dibattito il senatore Gal ed ex ministro della Difesa Mario Mauro aveva sottolineato che i pezzi di ricambio di cui l'emendamento bloccherebbe la vendita sarebbero già stati consegnati all'Egitto. «Io sono casualmente informato della cosa, e approfitto per informare che le forniture non sono state consegnate ma i pezzi di ricambio sono imballati in porto di Taranto», ha specificato però Latorre.

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