A Verona la propaganda Prolife arriva anche tra i banchi di una scuola pubblica
Una mostra nell'Istituto tecnico Dal Cero espone 27 pannelli che ricalcano le tematiche affrontate al World Congress of Families. No all'aborto, alla pillola del giorno dopo, alla scienza "che non rispetta la vita". Con una circolare della preside che invita i docenti a parlarne. E un concorso che mette in palio una gita a Strasburgo
A Verona la propaganda “pro vita” non si è esaurita con la tre giorni del Congresso mondiale delle famiglie, ma trova spazio anche tra i banchi di una scuola pubblica. Siamo all’Istituto tecnico Luciano Dal Cero di San Bonifacio, piccolo comune di poco più di ventimila anime a qualche chilometro dal capoluogo veneto. La struttura ospita 1.100 studenti che arrivano da tutto il circondario. Un collegio elettorale, questo, dove alle politiche del 2018 la Lega è schizzata oltre il 31 percento risultando primo partito e registrando uno dei risultati più alti della regione). È qui che il “centro di aiuto alla vita”, una delle sedi operative del Movimento Per la Vita, installa ormai da anni un’esposizione di ventisette pannelli roll-up nell’androne della sede centrale della scuola e nell’aula magna della succursale, per circa un mese e mezzo. I CAV, negli ultimi anni, sono aumentati del 49 per cento e si trovano ormai su tutto il territorio nazionale. Al nord ce ne sono 187 (uno ogni 174mila abitanti), nel centro sono 65, mentre nel sud e nelle isole ne troviamo 97 (secondo i dati presentati nel 2017 alla Camera dei Deputati sull’attività svolta nel 2016 dai 349 Centri di aiuto alla Vita sparsi su tutto il territorio nazionale).
Gli argomenti trattati - da quelli che una circolare della dirigente scolastica Silvana Sartori definisce “cartelli informativi” - sono in linea con quelli che dal 29 al 31 marzo hanno animato la discussa kermesse promossa dai Pro Vita allo scaligero Palazzo della Gran Guardia. [[ge:rep-locali:espresso:285329864]] Largo dunque alla famigerata “famiglia naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna, centro e cuore della civiltà dell’amore”, a scapito di qualsiasi altri tipo di unione, civile compresa, malgrado regolata da una legge del 2016; è, invece, un "viaggio complesso e affascinante nelle ‘profondità’ accoglienti del corpo materno” quello che deve affrontare il “bambino nell’utero materno", sin dall’ovulo appena fecondato dallo spermatozoo; la pillola del giorno dopo? “ovvero come si deresponsabilizza il giovane di fronte al valore della vita e della sessualità”, descritta alla stregua dell’aborto; due i cartelli dedicati all'interruzione di gravidanza: “Esiste il diritto all’aborto?” si chiede il primo, citando in modo decontestualizzato (e strumentale, verrebbe da pensare) Madre Teresa di Calcutta, Pier Paolo Pasolini e Norberto Bobbio (che espressero sì posizioni critiche rispetto all’aborto, ma con motivazioni assai distanti da quelle utilizzate oggi dalle associazioni prolife); prosegue il secondo: “Perché mascherare la verità di un dramma?” descrivendo poi la “drammatica realtà” di cinque milioni di “bambini abortiti in strutture pubbliche o convenzionate in adempimento alla legge 194”.
Diversi i cartelli che si avventurano in questioni scientifiche portando - anche qui - una visione a senso unico e parziale dei temi trattati, dalla sterilità alla procreazione assistita, dai bambini prematuri a quelli portatori di disabilità, fino a un lungo attacco al Protocollo di Groningen, disciplinare proposta dal medico olandese Eduard Verhagen che prevederebbe l’eutanasia per bambini che possono avere una qualità di vita molto bassa e senza prospettiva di miglioramento, ma che è già illegale in tutto il mondo. Due di essi sentenziano: “Quando la scienza rispetta la vita” e “Quando la scienza non rispetta la vita”. Il modello di scienziato proposto è quello di Jérôme Lejeune, il genetista francese che scoprì la causa della Sindrome di Down e si schierò contro procreazione assistita e legalizzazione dell’aborto, fondando l’associazione "SOS futures mères”, primo movimento prolife francese. La sensazione è che in un questo pastiche di citazioni, da Tommaso d’Aquino a Pier Paolo Pasolini, senza dispensare la solita Oriana Fallaci, i liceali senza dovuta spiegazione filosofica e scientifica siano abbandonati in un magma ideologico e a-critico.
Come accade ormai da tempo in tutto il mondo, i sostenitori del motto “Dio, patria, famiglia” sembrano aver rinunciato a una dialettica aggressiva su temi scottanti, impostando la comunicazione sull’esaltazione della cosiddetta famiglia tradizionale e preferendo messaggi "positivi" che rifiutano in modo categorico ogni pensiero e modo di vivere alternativo a quello da loro proposto. La “mostra” dell’Istituto Dal Cero segue questa traccia. Se - come titola uno dei quindici rollup - “tutti siamo stati embrioni”, va da sé che ogni forma di interruzione di gravidanza sia considerata un omicidio perché “l’essere umano va rispettato e trattato come una persona sin dal suo concepimento”. A far da corredo, immagini rassicuranti e riconoscibili, dalle tante foto di bambini a dipinti di Chagall e De Chirico. Non mancano i riferimenti al cristianesimo: dagli “insegnamenti della Chiesa” alle citazioni di Benedetto XVI sul matrimonio tra uomo e donna e stralci dell’enciclica “Evangeluim Vitae” lasciata in eredità da Giovanni Paolo II. Assente Bergoglio, forse per i messaggi proposti finora considerati poco utili per l’aggiornamento dei “cartelli informativi”.
Tutto questo accade nel 2019 in una scuola pubblica di uno Stato laico che nel suo ordinamento ha fatto sue conquiste sociali come il diritto all’aborto, il divorzio e - in tempi più recenti - le unioni civili. A rendere ancor più singolare la vicenda, una circolare interna emanata il 26 febbraio scorso dalla dirigente scolastica che annunciando l’istallazione della “mostra” invita i docenti (in particolar modo quelli di religione) a “valorizzare l’iniziativa coinvolgendo gli studenti”.
Lei tende a minimizzare: «Noi accogliamo anche altri tipi di allestimenti compresi quelli di pittura, non c’è alcun collegamento con il congresso di Verona. Questa mostra si fa da più di sei anni e dopo ne ospiteremo una sulle farfalle… Tra l’altro è stata un’occasione sfruttata da poche classi che con il docente di religione cattolica sono scese a leggere gli slogan per poi discuterne. C’è anche un concorso, organizzato dal Movimento Per la Vita, che l’anno scorso abbiamo vinto (concorso che prevede la scrittura di un tema e a cui partecipa il dipartimento di Lettere, non quello di religione). Ai ragazzi viene data l’opportunità di andare a Strasburgo, quindi diventa anche una cosa appetibile…». Insomma, agli studenti che trattano i temi proposti dal Movimento per la Vita viene prospettata una bella gita scolastica.
Nulla che non sia condiviso dalla comunità, a sentire la preside: «Lavoriamo sempre con le realtà presenti sul territorio, con i consultori e con varie associazioni. Se qualcuno avesse voluto protestare lo avrebbe fatto in passato, ma non abbiamo ricevuto lamentele di nessun tipo. E poi c’è sempre il consiglio di istituto dove chi vuole può dire la sua. Noi siamo accoglienti e se dovessero presentarci altre tipi di istallazioni, magari che parlino delle nuove tendenze della famiglia le valuteremmo con la stessa professionalità, ma siamo comunque in un territorio abbastanza tradizionalista dove si tiene molto alla famiglia tradizionale».
A Verona, insomma, i riflettori sul World Congress of Families si sono spenti, ma le associazioni prolife continuano la loro opera anche nei luoghi deputati all'educazione delle nuove generazioni, tra un’esposizione di quadri e una mostra di farfalle.