Attualità
8 aprile, 2020In piena emergenza coronavirus il comune in dissesto guidato da Antonio Trifoli decide di alzare le indennità. Ma nello stesso giorno revoca l'energia elettrica a una famiglia in una casa popolare. Che si ritrova al buio per 18 giorni. «Posso dire solo che adesso mi sento abbandonata, prima con Lucano non era così»
A Riace la giunta leghista si aumenta lo stipendio ma taglia la luce agli indigenti
Un aumento di stipendio per sé e la disdetta del contratto dell’elettricità per una famiglia di indigenti. A pochi giorni dal primo decreto di lockdown con cui il governo Conte ha chiuso gli italiani dentro casa, così ha deciso la Giunta di Riace, guidata dal sindaco Antonio Trifoli, che nel maggio scorso ha portato in dote alla Lega l’ormai ex paese dell’accoglienza, un tempo guidato da Mimmo Lucano.
In piena emergenza coronavirus, mentre le famiglie arrancano e le attività soffocano, la Giunta di Riace ha deciso di intervenire. Anche per aiutare se stessa. Con una delibera approvata l’11 marzo scorso, l’esecutivo comunale guidato da Trifoli ha approvato all’unanimità «di rideterminare con decorrenza dall'anno 2020 l'indennità di funzione mensile spettante al Sindaco nella misura dell'85% dell'indennità spettante ai Sindaci dei Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero in 1.659,38 euro». Di conseguenza – come previsto dalla legge – sono lievitati anche gli stipendi del vicesindaco Francesco Salerno –da 250,56 a 331,88 euro, con un aumento del 20% – e dell’assessore Teresa Gervasi –da 187,92 euro a 248,90, con aumento pari al 15%.
Non si tratta di cifre che cambiano la vita, né deliberazioni illegittime. La possibilità di aumentare le indennità dei sindaci con popolazione inferiore ai 3mila abitati è stata approvata per legge lo scorso anno, con tanto di fondo di garanzia di 10milioni di euro da cui attingere «a titolo di concorso alla copertura del maggior onere sostenuto dai comuni la corresponsione dell'incremento dell'indennità». Insomma, i soldi ce li mette lo Stato e per legge non è neanche un problema – ci tiene a precisare la Giunta di Riace in delibera, citando una circolare ministeriale – che a decidere di aumentarsi lo stipendio siano stati i beneficiari di quell’extra.
Quella variazione però è stata approvata proprio lo stesso giorno in cui a Lucia Catalano, indigente di Riace e madre di due figli adolescenti, dal 2014 assegnataria di una casa popolare, veniva sospesa la fornitura di energia elettrica. Motivo? La richiesta di disdetta inoltrata dal sindaco Trifoli. E così, a pochi giorni dal primo decreto di lockdown, Lucia si è trovata al buio, senza possibilità di lavarsi se non con acqua gelida, conservare alimenti, accendere un qualsiasi dispositivo, anche solo per essere informata sulle prescrizioni da seguire. E così è stato per 18 giorni.
«Ce l’abbiamo fatta solo grazie all’aiuto e alla solidarietà di un vicino – racconta -nelle ore in cui lui stava al lavoro in campagna ci ha permesso di stare da lui, lavarci, cucinare e ai ragazzi di fare i compiti». Poi la luce è tornata, magari anche grazie alla durissima denuncia presentata alla stazione dei carabinieri. «Nel momento in cui da ogni parte del mondo arrivano aiuti per tutta la nazione, io mi vergogno di essere cittadina della mia terra» scriveva in quei fogli scritti in stampatello ordinato e con penna blu. «Posso dire solo che adesso mi sento abbandonata, prima con Lucano non era così» commenta.
Non è l’unica cosa che sia cambiata. Anche la decisione di regalarsi un aumento cancella gli sforzi fatti dalla precedente amministrazione, che il 2 ottobre 2018 aveva votato un’autoriduzione dello stipendio del 15% per non aggravare la situazione per nulla florida delle casse del Comune, attualmente in dissesto. Allo stesso modo, quella delibera si pone in netta controtendenza con la linea decisa da tanti sindaci e amministratori calabresi, che hanno deciso di rinunciare a parte del proprio compenso mensile per destinarlo a chi più sta patendo il peso dell’emergenza.
Ma Trifoli rivendica la decisione. I soldi ce li mette il ministero, non c’è aggravio per le casse comunali – sostiene – e in più «devo confessare che l’ho destinata ad acquisto di cibo per persone povere e bisognose». Insomma, a fare beneficienza a spese dello Stato. Fra i destinatari – ci tiene a specificare - ci sarebbero anche «tanti immigrati che sono stati abbandonati dalle associazioni di accoglienza una volta finiti i soldi statali e lasciati al loro destino». In realtà Cas e Sprar sono stati chiusi per decreto dal ministero dell’Interno all’epoca guidato da Matteo Salvini, subito dopo l’inchiesta che ha travolto l’ex sindaco Mimmo Lucano e da mesi ormai a Riace i progetti di accoglienza hanno ricominciato a lavorare senza fondi statali grazie alla Fondazione “È stato il vento”. Ma quella fra Trifoli e associazioni e comitati che in paese si occupano oggi e si sono occupate in passato di migranti è polemica antica.
Del tutto nuova è quella con il vicepresidente nazionale del Codacons, Francesco Di Lieto, per il quale «è inquietante che in questo preciso momento, si corra ad aumentarsi i compensi, praticamente uno schiaffo alla miseria». E il sospetto del numero due nazionale dell’associazione consumatori è «che si sia voluto approfittare di questa terribile emergenza per nascondere ai Cittadini un aumento dei costi della politica. Riteniamo che in questa fase sia una assegnazione di risorse quantomeno indelicata».
Parole che a Trifoli non sono piaciute per nulla, anzi – ha fatto sapere alla stampa locale – sarebbero da leggere solo ed esclusivamente come parte di una preordinata persecuzione politica ai suoi danni. E lo avrebbe persino in tali termini denunciato alla procura di Locri. Minacce che Di Lieto ha respinto al mittente, sottolineando anche che «spiace dover sottolineare come nel bel mezzo di una drammatica emergenza, sia sanitaria che economica, la Giunta abbia deciso di spendere (rectius, sperperare) danari pubblici per una querela. Ma tant’è».
In piena emergenza coronavirus, mentre le famiglie arrancano e le attività soffocano, la Giunta di Riace ha deciso di intervenire. Anche per aiutare se stessa. Con una delibera approvata l’11 marzo scorso, l’esecutivo comunale guidato da Trifoli ha approvato all’unanimità «di rideterminare con decorrenza dall'anno 2020 l'indennità di funzione mensile spettante al Sindaco nella misura dell'85% dell'indennità spettante ai Sindaci dei Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero in 1.659,38 euro». Di conseguenza – come previsto dalla legge – sono lievitati anche gli stipendi del vicesindaco Francesco Salerno –da 250,56 a 331,88 euro, con un aumento del 20% – e dell’assessore Teresa Gervasi –da 187,92 euro a 248,90, con aumento pari al 15%.
Non si tratta di cifre che cambiano la vita, né deliberazioni illegittime. La possibilità di aumentare le indennità dei sindaci con popolazione inferiore ai 3mila abitati è stata approvata per legge lo scorso anno, con tanto di fondo di garanzia di 10milioni di euro da cui attingere «a titolo di concorso alla copertura del maggior onere sostenuto dai comuni la corresponsione dell'incremento dell'indennità». Insomma, i soldi ce li mette lo Stato e per legge non è neanche un problema – ci tiene a precisare la Giunta di Riace in delibera, citando una circolare ministeriale – che a decidere di aumentarsi lo stipendio siano stati i beneficiari di quell’extra.
Quella variazione però è stata approvata proprio lo stesso giorno in cui a Lucia Catalano, indigente di Riace e madre di due figli adolescenti, dal 2014 assegnataria di una casa popolare, veniva sospesa la fornitura di energia elettrica. Motivo? La richiesta di disdetta inoltrata dal sindaco Trifoli. E così, a pochi giorni dal primo decreto di lockdown, Lucia si è trovata al buio, senza possibilità di lavarsi se non con acqua gelida, conservare alimenti, accendere un qualsiasi dispositivo, anche solo per essere informata sulle prescrizioni da seguire. E così è stato per 18 giorni.
«Ce l’abbiamo fatta solo grazie all’aiuto e alla solidarietà di un vicino – racconta -nelle ore in cui lui stava al lavoro in campagna ci ha permesso di stare da lui, lavarci, cucinare e ai ragazzi di fare i compiti». Poi la luce è tornata, magari anche grazie alla durissima denuncia presentata alla stazione dei carabinieri. «Nel momento in cui da ogni parte del mondo arrivano aiuti per tutta la nazione, io mi vergogno di essere cittadina della mia terra» scriveva in quei fogli scritti in stampatello ordinato e con penna blu. «Posso dire solo che adesso mi sento abbandonata, prima con Lucano non era così» commenta.
Non è l’unica cosa che sia cambiata. Anche la decisione di regalarsi un aumento cancella gli sforzi fatti dalla precedente amministrazione, che il 2 ottobre 2018 aveva votato un’autoriduzione dello stipendio del 15% per non aggravare la situazione per nulla florida delle casse del Comune, attualmente in dissesto. Allo stesso modo, quella delibera si pone in netta controtendenza con la linea decisa da tanti sindaci e amministratori calabresi, che hanno deciso di rinunciare a parte del proprio compenso mensile per destinarlo a chi più sta patendo il peso dell’emergenza.
Ma Trifoli rivendica la decisione. I soldi ce li mette il ministero, non c’è aggravio per le casse comunali – sostiene – e in più «devo confessare che l’ho destinata ad acquisto di cibo per persone povere e bisognose». Insomma, a fare beneficienza a spese dello Stato. Fra i destinatari – ci tiene a specificare - ci sarebbero anche «tanti immigrati che sono stati abbandonati dalle associazioni di accoglienza una volta finiti i soldi statali e lasciati al loro destino». In realtà Cas e Sprar sono stati chiusi per decreto dal ministero dell’Interno all’epoca guidato da Matteo Salvini, subito dopo l’inchiesta che ha travolto l’ex sindaco Mimmo Lucano e da mesi ormai a Riace i progetti di accoglienza hanno ricominciato a lavorare senza fondi statali grazie alla Fondazione “È stato il vento”. Ma quella fra Trifoli e associazioni e comitati che in paese si occupano oggi e si sono occupate in passato di migranti è polemica antica.
Del tutto nuova è quella con il vicepresidente nazionale del Codacons, Francesco Di Lieto, per il quale «è inquietante che in questo preciso momento, si corra ad aumentarsi i compensi, praticamente uno schiaffo alla miseria». E il sospetto del numero due nazionale dell’associazione consumatori è «che si sia voluto approfittare di questa terribile emergenza per nascondere ai Cittadini un aumento dei costi della politica. Riteniamo che in questa fase sia una assegnazione di risorse quantomeno indelicata».
Parole che a Trifoli non sono piaciute per nulla, anzi – ha fatto sapere alla stampa locale – sarebbero da leggere solo ed esclusivamente come parte di una preordinata persecuzione politica ai suoi danni. E lo avrebbe persino in tali termini denunciato alla procura di Locri. Minacce che Di Lieto ha respinto al mittente, sottolineando anche che «spiace dover sottolineare come nel bel mezzo di una drammatica emergenza, sia sanitaria che economica, la Giunta abbia deciso di spendere (rectius, sperperare) danari pubblici per una querela. Ma tant’è».
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