Parte da Reggio Calabria la proposta per un fondo speciale per le cure sanitarie che al momento non sono coperte dal servizio sanitario. L’iniziativa nasce dal comitato a sostegno della donna bruciata viva in strada dall’ex marito. «Le istituzioni devono capire che servono fondi urgenti, non ingessati da tempi e criteri burocratici»

Lo scorso venerdì mattina è stata presentata presso la Questura di Reggio Calabria una proposta di legge regionale per la costituzione di un fondo di solidarietà e urgenza per le donne vittime di violenza di genere e violenza domestica e i loro figli. L’iniziativa è partita dal comitato, nato pochi mesi fa, a sostegno di Maria Antonietta Rositani, la donna bruciata viva in strada dall’ex marito Ciro Russo e sopravvissuta alle fiamme.

«Negli ultimi mesi erano già sorti vari movimenti a sostegno di Maria Antonietta», ha raccontato all’Espresso l’avvocato Lucia Lipari, promotrice dell’iniziativa, «a un certo punto abbiamo ritenuto indispensabile costituire un comitato che avesse due scopi: da un lato raccogliere fondi appositamente per lei, dall’altro fare pressione per l’istituzione di un apposito fondo intanto sul governo regionale per poi arrivare a una misura nazionale».

Il testo della proposta di legge è stato ispirato dalla dolorosa storia della signora Rositani. La donna si trova ancora ricoverata in ospedale dopo più di 450 giorni e i suoi familiari, seppur con molte difficoltà, stanno cercando in ogni modo di restarle accanto.
Sono moltissime le spese che devono sostenere le donne vittime di violenza e le loro famiglie, e soprattutto non si esauriscono nell’immediato. «Per i risarcimenti l’iter è molto complesso e il sistema sanitario nazionale copre solo le spese per le cure mediche imminenti» ha spiegato l’avvocato Lipari.

Infatti il sistema sanitario nazionale paga le spese per le cure e gli interventi necessari in una fase iniziale, mentre le successive visite, le terapie riabilitative o gli ulteriori accertamenti vengono pagati autonomamente dalle donne. Il risarcimento di queste spese arriverà solo a posteriori, solo a determinate condizioni e con tempi spesso lunghissimi. Da qui la necessità di un fondo che possa essere utilizzato per tutti gli interventi chirurgici e le cure mediche necessarie, che sia subito operativo e risponda alle esigenze di chi deve allontanarsi urgentemente dal nucleo familiare e far fronte a spese immediate.

La proposta di legge chiede poi un’azione che non si rivolga solo alla donna colpita dalla violenza, ma anche ai figli minori e ai familiari.
Proprio a questo scopo il fondo dovrebbe servire a garantire la copertura delle spese per la fuoriuscita della donna ma anche dei propri figli dalla situazione di violenza; la stipula di convenzioni con le strutture ricettive per ridurre le spese di soggiorno dei familiari, nei casi di donne che abbiano subito gravi forme di violenza e debbano trascorrere lunghi periodi di degenza in ospedale; interventi a tutela dei minori per il completamento del percorso scolastico.

In Italia, i fondi pubblici destinati al Piano Nazionale Antiviolenza vengono gestiti a livello regionale, spesso con gravi ritardi nell’erogazione delle risorse finanziarie, a causa di vincoli di bilancio e complessi procedimenti amministrativi.

«Le istituzioni devono capire che servono fondi urgenti, non ingessati da tempi e criteri burocratici, la cui elargizione non sia subordinata alle pronunce processuali», sostiene l’avvocato Lipari.

L’iniziativa è stata fortemente sostenuta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, dal Coordinamento delle camere minorili della Calabria, dalle forze di polizia, dal Tribunale per i minorenni e da molte altre associazioni. Durante la presentazione il procuratore della Repubblica, Giovanni Bombardieri, ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa legislativa «perché le donne vittime di violenza avviano un percorso veramente complesso attraverso la denuncia, che non si esaurisce in quell’attimo, ma prosegue per un lungo periodo e ciò comporta la necessità concreta che queste donne siano sostenute psicologicamente, legalmente ma anche finanziariamente».

Allo stesso modo il giudice del tribunale dei minori, Patrizia Surace, e il questore Maurizio Vallone, hanno sottolineato la necessità di operare a livello preventivo e legislativo, perché non si può pensare che le vittime denuncino e poi vengano abbandonate lungo percorsi così complessi.

Secondo il Rapporto sulla violenza di genere del Consiglio regionale della Calabria, la Regione è la seconda a più alto indice di femminicidio in Italia in rapporto alla popolazione femminile, (0,35 donne uccise all’anno ogni 100mila donne residenti), preceduta solo dal Trentino, mentre il 26 per cento delle donne della regione hanno subito violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita.

Per questo per Lucia Lipari è fondamentale avviare una presa di coscienza innanzitutto a livello regionale, per poter poi arrivare a una legge quadro nazionale. E il comitato non è solo in questa battaglia: numerose altre associazioni chiedono una legge che intervenga in maniera organica e stabilisca risarcimenti adeguati alle donne che subiscono violenza. Anche Antonella Veltri, presidente di Donne in rete contro la violenza (D.i.Re), in una recente nota stampa ha dichiarato che: «La vicenda di Maria Antonietta Rositani deve servire affinché lo Stato italiano adotti finalmente misure adeguate di risarcimento per le donne vittime di violenza, dando seguito alle raccomandazioni del GREVIO, il Gruppo di esperte sulla violenza contro le donne del Consiglio d’Europa, e alla recente sentenza della Corte europea di giustizia su questa materia».

L’avvocato Lipari ha intenzione di chiedere un incontro ufficiale alla Regione Calabria: «Mi auguro che ci sia questa sensibilità, si tratta di tante storie, tutte simili e tutte che hanno bisogno al più presto di risposte concrete».