Fuori i nomi! Storie e battaglie dei protagonisti Lgbt
Nel nuovo libro di Simone Alliva edito da Fandango, una celebrazione dei cinquant’anni del Fuori”. Il primo Movimento di liberazione omosessuale italiano nato nel 1971 viene ricordato attraverso i suoi principali attivisti. In questa anticipazione, l’intervista ad Angelo Pezzana
Solo, inaccessibile, disincantato. Angelo Pezzana partecipa ormai raramente alla vita del movimento omosessuale, oggi diremmo Lgbt*. A questo movimento ha dedicato sessanta dei suoi ottant’anni. Lo ha fondato nel 1971. Ancora irrequieto come all’età di vent’anni. La passione è ancora lì. Chiuso nella sua casa al centro di Torino, reduce da un’operazione, scandisce le sue giornate a ritmi regolari. La lettura dei giornali, molto presto, perché nulla gli sfugga di questa politica da luna park che lo vide protagonista per sedici giorni esatti da parlamentare del Partito Radicale. Alle tredici il pranzo. Poi un po’ di riposo. Ginnastica, esercizi fisici che lo tengono in forma.
La sua mente è ben allenata. La precisione di un editore mancato, la necessità di controllare e ricontrollare le parole dette e quegli anni che hanno segnato la rivoluzione per la comunità arcobaleno: “Non voglio fare la figura del rincoglionito”, ripete al telefono. E non lo è affatto. Il suo cervello è un muscolo che agisce quasi per tutta la giornata in funzione del ricordo di quei giorni: la fondazione del FUORI!, le prime battaglie alla luce del sole, l’arresto a Mosca sotto il regime di Leonid Brežnev. La foto di quella protesta, che lo immortalava avvolto da un lenzuolo con la scritta “Libertà per gli omosessuali in Urss”, venne pubblicata in prima pagina sul New York Times e fece il giro del mondo. “E non le hanno torto neanche un capello signor Pezzana?” “Neanche uno.” La risposta è rigida, quasi ostile. Neanche un capello, al prigioniero di un regime violento e repressivo come quello sovietico. Questa è la storia del movimento omosessuale, oggi Lgbt, ma è la storia di quest’uomo, la sua storia. Non sono permessi ritocchi. Nessuno può scrivere la storia di Angelo Pezzana se non Angelo Pezzana, e infatti lo ha fatto. La produzione sulla sua vita è costellata da libri e documentari. Alcuni introvabili dei quali lamenta la mancata ristampa. La sensazione di essere uno dei “grandi dimenticati” è chiara anche se lui stesso la sconfessa più volte. Da piemontese qual è, educato e gentile. Del resto, dimenticato non lo è affatto. Il suo nome rimbalza ancora nelle discussioni tra elogi e veleni.
Gli hanno dato dell’omosessuale di destra, qualcuno, più estremista degli estremisti, gli ha dato del fascista perché è un sostenitore di Israele. Tutte etichette che si danno nel tentativo di depotenziare le parole di chi le pronuncia e il pensiero di chi liberamente lo esprime. Il modo più comodo e vile per soffocare il confronto di idee e posizioni fra persone.
Pezzana se ne infischia delle ideologie, spesso ne ride. Anche se ha l’aspetto di un uomo che non ride mai, sempre serio dietro quegli occhiali da professore di storia. L’unica etichetta che gli si può attribuire è quella del radicale, bastian contrario in guerra continua con tutti i conformismi, di destra e di sinistra. La stessa che negli anni Settanta del Novecento metteva gli omosessuali in mano ai terapeuti per guarirli. La nostra storia inizia da qui.
Signor Pezzana, le confesso che ho qualche difficoltà a intervistarla. Da fuori risulta come una persona molto riservata e infatti trovarla non è stato facile. Una persona severa, in questi anni ha parlato molto poco. Ha scritto molto poco. Vive in una sorta di auto-esilio politico. Lei che è il padre del Movimento e da tale sembra vigilare austero su questa comunità. Poi si sa, il silenzio è anche un’arma… Non è così. Non mi metta tra i padri. Ci sono posizioni che poi rischiano di alimentare invidia, bugie, menzogne. E non sono riservato, semplicemente preferisco fare invece di chiacchierare. Sono anni che lavoro per raccogliere un archivio che rimanga. Non faccio militanza ma lavoro. Anche se le dirò: ho ottant’anni, ho fatto due operazioni nel 2020. Sono nel recupero delle attività motorie. Mi devo riguardare. Questo è stato un anno sfortunato. Per chiunque. Va bene non la metto tra i padri del Movimento. Ma lo fa la storia, oltre che la comunità… Mi permetta prima di iniziare con una critica a questa parola: comunità. Noi l’abbiamo rubata dagli americani “gay community” ma non significa nulla. Essere omosessuali non significa appartenere a una comunità. La comunità è quella dei valdesi, quella degli ebrei, degli armeni. Ma noi non apparteniamo a un popolo, siamo delle persone che hanno un orientamento omosessuale invece che etero. L’orientamento sessuale non ha mai fatto la comunità. Ci credevamo all’inizio. Certo, ci credevo anche io e quante volte lo abbiamo scritto. Ma poi non è mai nata. è una frase piacevole da ascoltare ma non è mai esistita. Esiste in America? Non so. In America hanno il gusto dello spettacolo. Lei ha ragione. La famiglia si è realizzata facendo la legge sulle unioni civili e in altri paesi il matrimonio. E quindi abbiamo problemi comuni per quanto riguarda il riconoscimento dei diritti ma non è una comunità. D’accordo, non parliamo di comunità. Parliamo di lei. Per questo siamo qui. Per capire meglio chi è Angelo Pezzana dalle parole di Angelo Pezzana. Iniziamo dal mondo prima, quello prima del FUORI!, quello di Angelo e basta. Chi era Angelo Pezzana da giovane? Un ragazzo molto creativo. Penso di aver ereditato questa creatività da mio padre che era un agricoltore poco acculturato ma con moltissime idee. Voleva che continuassi la sua attività ma non era il mio destino. Per tre anni ho frequentato il liceo San Gallo in Svizzera. Tornato a Torino mi sono iscritto al liceo scientifico Gallileo Ferraris. Mio padre disse: ti iscrivi alla facoltà di Economia e Commercio per imparare il mestiere. Non faceva per me, ero più portato per le materie letterarie. E iniziai a studiare Scienze Politiche. Poi mio padre si ammalò. Fu molto schietto: “Ho avuto due infarti dimmi cosa vuoi fare del tuo futuro?”.
* Lgtb è un acronimo che tiene insieme le parole lesbica, gay, bisessuale e transessuale/transgender. Sarà usato come termine ombrello e comunque considerato includente della versione estesa Lgtbiq che vuole comprendere anche la condizione intersessuale e il termine inglese “queer”.