Confermato il trend nonostante il Covid abbia messo in ginocchio diversi rami dell’industria mondiale. I dati del report Sipri

Le vendite di armi nel mondo sono continuate a crescere anche nel 2021, anno, è doveroso ricordarlo, antecedente allo scoppio del conflitto in Ucraina del 24 febbraio scorso. L’ultimo report pubblicato dall’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri) rileva infatti come la crescita della vendita di armi e servizi a carattere militare forniti dalle 100 maggiori industrie del settore nel 2021 abbia toccato un fatturato record di 592 miliardi di dollari e quindi registrato un aumento dell’1,9 % in termini reali rispetto al 2020. Un trend di crescita che nel settore delle armi si verifica ormai da sette anni consecutivi, nonostante il Covid abbia messo in ginocchio diversi rami dell’industria mondiale.

I problemi di approvvigionamento
Nemmeno i “signori delle armi” sono rimasti immuni alle conseguenze delle restrizioni imposte dalla pandemia, visto che numerose società operanti nell’industria bellica sono state colpite dalle ben note interruzioni della supply chain, spesso dovute in epoca pandemica a ritardi nelle consegne e alla mancanza di componenti cruciali. «Se non fosse stato per i persistenti problemi della supply chain, avremmo potuto assistere a un aumento ancora più marcato nella vendita di armi nel 2021», spiega Lucie Béraud Sudreau, direttrice del programma Military Expenditure and Arms Production di Sipri, aggiungendo come alcune aziende, come ad esempio Airbus, hanno sofferto anche a causa della mancanza di manodopera.

L’effetto dell’invasione russa in Ucraina
Se l’invasione russa in Ucraina lascia presupporre un ulteriore aumento delle vendite nel 2022, il conflitto su suolo ucraino potrebbe rappresentare un problema non semplice da risolvere per i big mondiali delle armi. La Russia è infatti un importante fornitore di materie prime necessarie per l’industria bellica, il che potrebbe ostacolare gli sforzi fatti per fornire armi a Kiev messi in campo dagli Stati Uniti e dall’Europa. Dall’altro lato del fronte anche la Russia potrebbe trovarsi in difficoltà, in quanto le aziende russe, oltre a subire l’impatto delle sanzioni occidentali, starebbero incontrando parecchi problemi nel procurarsi semiconduttori. «L’aumento della produzione richiede tempo. Se le interruzioni della catena di approvvigionamento continueranno, potrebbero essere necessari diversi anni prima che alcuni dei principali produttori di armi soddisfino la nuova domanda creata dalla guerra in Ucraina», spiega Diego Lopes da Silva, ricercatore senior di Sipri.

Il dominio è Made in USA
Più della metà delle vendite mondiali va attribuita alle società statunitensi, con 40 aziende presenti nella top 100 che hanno registrato un totale di 299 miliardi di dollari di fatturato, nonostante Sipri rilevi una diminuzione delle vendite di armi dello 0,8 % in termini reali rispetto al 2020. Un calo dovuto in parte all’elevata inflazione dell’economia USA nel corso del 2021. Nonostante ciò sono cinque le società statunitensi a guidare la classifica, capitanate dalla Lockheed Martin (60,34 miliardi di fatturato). Seguono la britannica Bae Systems al sesto posto e cinque società cinesi.

Leonardo e Fincantieri guadagnano posizioni
È invece aumentato del 4,2 % il totale delle vendite di armi delle 27 aziende incluse nella top 100 che hanno sede in Europa. Il loro fatturato ha così raggiunto nel 2020 i 123 miliardi di dollari. Sipri rivela che tra queste la maggior parte delle aziende europee specializzate nel settore aerospaziale militare ha riportato delle perdite attribuite ai problemi di approvvigionamento, mentre i costruttori navali europei sembrano essere stati meno colpiti dalle ricadute della pandemia e sono stati in grado di aumentare il proprio volume di affari.
Tra le 27 europee, oltre alla già citata britannica Bae Systems, ci sono anche le italiane Leonardo e Fincantieri. Leonardo nel 2021 ha scavalcato Airbus e occupa il dodicesimo posto in classifica (dopo il quattordicesimo posto del 2020) ed è quindi la prima rappresentante dell’Unione Europea con vendite di armi pari a 13,87 miliardi di dollari ovvero 2,71 miliardi in più rispetto al 2020. Le vendite di armi e servizi militari hanno inoltre rappresentato l’83 % del giro d’affari totale della holding con sede a Roma e che opera direttamente o attraverso proprie controllate nell’Aerospazio e Difesa.
Dopo il balzo di Fincantieri, passata nel corso del 2020 dalla 54esima alla 48esima posizione, il gruppo con sede a Trieste nel 2021 ha scalato due ulteriori posizioni con 2,98 miliardi di dollari derivanti da vendita di armi su un fatturato totale di 8,17 miliardi, il che rappresenta il 36 % delle vendite totali.

La corsa della Cina e del Medio Oriente
La crescita più rapida però è stata registrata a Est. Le vendite di armi delle 21 società con sede in Asia e Oceania presenti in classifica hanno raggiunto i 136 miliardi di dollari di fatturato nel 2021, il 5,8 % in più rispetto al 2020. L’aumento è ancora più consistente se ci limitiamo alle otto società cinesi che hanno registrato un aumento del 6,3 % del fatturato, portando le proprie vendite di armi a quota 109 miliardi di dollari.
Il ritmo di crescita più rapido, pari al 6,5 %, è stato però fatto registrare delle cinque società rappresentanti del Medio Oriente che hanno venduto armi per un totale di 15 miliardi di dollari, mentre le sei società russe presenti in classifica hanno ad esempio registrato un aumento minimo dello 0,4 % rispetto al 2020. Dunque una situazione di stagnazione delle vendite di armi, pari a 17,8 miliardi di dollari, nell’anno che ha preceduto quella che Vladimir Putin definisce “operazione speciale in Ucraina”.