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Attualità
settembre, 2022

«Ho sedici anni e faccio lo sciopero della fame per l’ambiente. Ho paura per il nostro futuro»

«Quello che faremo nei prossimi due o tre anni determinerà il futuro dell’umanità». La protesta di Francesco Bollini, attivista di Ultima Generazione

«Voglio urlare. Ho deciso di intraprendere uno sciopero della fame perché sono preoccupato per il futuro della mia generazione», dice Francesco Bollini che ha sedici anni e abita a Pavia. Fa parte di Ultima Generazione, un movimento di cittadini e cittadine che sostengono: «siamo l’ultima generazione in grado di fare qualcosa per contrastare il collasso eco-climatico». Per questo, per chiedere al governo di intraprendere azioni urgenti e concrete, gli attivisti portano avanti gesti di disobbedienza civile non violenta. «Per reagire al massacro di massa a cui la classe politica ci sta condannando». Come i blocchi stradali sul Grande raccordo anulare di Roma, il blitz alla finale femminile dei mondiali di Beach volley, l’interruzione della prima di Madama Butterfly al Puccini Festival, le irruzioni nei musei di Firenze, Padova, Milano, Venezia.

 

«Quello che faremo nei prossimi due o tre anni determinerà il futuro dell’umanità. Non è una frase detta dall’ultimo arrivato, da un sedicenne come me, è la frase della commissione scientifica di un Parlamento. Abbiamo la possibilità di agire, di cambiare. Non possiamo perdere questo grande privilegio». Così spiega Bollini a chi l’ha raggiunto in Piazza della Scala a Milano, di fronte a Palazzo Marino in cui ha sede il Comune, dove ha trascorso i giorni dello sciopero della fame: sette. Più uno davanti alla sede di Fratelli d’Italia, in corso Buenos Aires.

 

Durante l’ottava giornata Bollini è tornato a mangiare, seguendo i consigli di familiari e medici, per salvaguardare la salute. Ma ha lasciato il testimone a Alessandro Berti, 40 anni, che ha voluto dare il suo contributo alla protesta, affinché i leader di Fratelli d’Italia, Lega, Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico organizzino un incontro pubblico per parlare con i cittadini di transizione energetica. E perché si impegnino, entro un mese dall’insediamento del nuovo governo, a emanare un decreto-legge per interrompere la riattivazione delle centrali a carbone e i nuovi progetti di estrazione di gas naturale. Lo sciopero della fame per Ultima Generazione si è trasformato in una staffetta a cui si uniscono sempre più partecipanti disposti a arrivare fino all’ospedalizzazione pur di essere ascoltati.

 

Perché hai deciso di intraprendere un’azione forte come lo sciopero della fame?
«Perché sono terrorizzato da ciò che il futuro ha in serbo per me e per la mia generazione. Credo che un’azione potente sia essenziale per creare un collegamento emotivo con la questione climatica. Oggi, poter avere una famiglia, un lavoro, addirittura la disponibilità di beni primari, come cibo e acqua, sono aspetti di una vita normale che non saranno più garantiti. Anzi saranno negati a causa del riscaldamento globale, delle sempre più gravi siccità, della desertificazione e della conseguente, periodica, distruzione delle coltivazioni. Insomma, usando una parola banale, per il “cambiamento climatico”. Negli ultimi anni l’agricoltura ha subito perdite enormi ma noi, come cittadini, non percepiamo ancora le conseguenze: lo Stato può importare da altri Paesi ciò che non riesce a produrre. Però, quando anche nei granai del mondo diventerà impossibile coltivare, saremo costretti a aprire gli occhi e a affrontare un’inimmaginabile carestia».

 

Allora, come mai la questione ambientale non viene trattata con urgenza dai governi?
«Qualche mese fa, quando le persone hanno iniziato a morire a causa del Covid-19, il governo ha preso decisioni che sono sembrate drastiche ma che hanno ridotto i danni della crisi. Se solo percepissimo qui e oggi le conseguenze del cambiamento climatico - se tutta Milano rimanesse senza acqua per due mesi, se Venezia venisse inondata o se avessimo accanto a noi un figlio dilaniato dall’inedia e dagli stenti - non aspetteremmo a agire. Il governo si attiverebbe subito. Ma queste cose non accadono oggi, qui, in Italia. Accadranno fra vari anni, quando vedremo e toccheremo la disperazione della gente, e sarà troppo tardi per cambiare direzione. Potremo solo tormentarci per non aver agito, per aver sprecato l’enorme opportunità che avevamo e che non avremo più».

 

 Quanto tempo abbiamo per invertire la rotta?
«Abbiamo dai due ai tre anni, secondo Sir David King, referente scientifico del parlamento inglese, per garantirci una vita normale. Quindi le scelte che il prossimo governo prenderà determineranno il nostro futuro. Non possiamo assistere in silenzio mentre ci viene sottratto. Spero che qualcuno, sentendo il grido d’allarme, si mobiliti, si opponga a quest’imposizione di sofferenza e di ingiustizia».

 

Le risposte che state ricevendo dalla politica ti soddisfano?
«Risposte definitive ci devono ancora arrivare. Ma sembra che qualcosa si stia muovendo, vedo delle buone basi per costruire: indipendentemente da quale sarà il governo che verrà penso che la lotta alla crisi climatica sarà presa concretamente in considerazione».

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