Analisi
Perché in Italia l’unica ideologia che resiste è quella dei complottisti
Il buon risultato dei no vax in Friuli Venezia Giulia è solo l’ultimo segnale. Perché l’idea di un potere forte che attenta alla libertà del popolo si nutre di teorie pericolose. Dalla grande sostituzione al gender fino al “complotto delle città dei 15 minuti”
Si sono candidati alla guida del Friuli Venezia Giulia, regione frontaliera a statuto speciale, luogo privilegiato da cui far politica in Italia e in Europa. E sono stati loro la vera e unica sorpresa di queste elezioni. Tra i punti del programma: «No al biolab modello Wuhan in FVG», «No all’obbligo vaccinale», «No all’imposizione del gender», «No agli insetti», «No alla truffa dell’Euro». È la lista del dissenso “Insieme Liberi”, che ha sostenuto Giorgia Tripoli avvocata no vax spinta da Italexit per l’Italia, Movimento 3V, Movimento Gilet Arancioni, Popolo della Famiglia, Sindacato Popoli Liberi e altre sigle anti-sistema. Tripoli, ha sorpassato il Terzo Polo portandosi a casa il 4,6% dei votanti ed entrerà in consiglio regionale. La lista, invece, non ha superato la soglia di sbarramento del 4%. Ieri sera Tripoli ha annunciato che chiederà il riconteggio delle schede.
Ma resta un altro segnale dell’inarrestabile discesa in politica dell’ideologia del complotto che, spinta dallo scoppio della pandemia, esce dalle chat, attraversa le piazze e cerca un posto nelle stanze dei bottoni.
L’Italia non è immune dal fascino delle teorie cospirazioniste. A voler affidarsi ai dati, il barometro della fiducia del rapporto Edelman 2023 – un’indagine globale giunta alla sua ventitreesima edizione e condotta in 28 Paesi – colloca il nostro, insieme agli Stati Uniti, tra i sei più polarizzati: più un Paese è polarizzato, più è facile che attecchiscano teorie del complotto. La polarizzazione, le incertezze per un potere opaco e sfuggente scorrono nelle vene della nostra storia: Ustica, le bombe sui treni, il terrorismo rosso e nero, i misteri e le molte verità negate. E in un passato recente è stato il Movimento Cinque Stelle il partito che più di ogni altro ha incorporato il complottismo nella sua propaganda: i microchip e le scie chimiche dell’ex deputato Paolo Bernini, il «falso allunaggio» dell’ex sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia, o il tweet dell’ex senatore Elio Lannutti che rilancia con nonchalance i Protocolli dei Savi di Sion (diffusi dall’Ochrana, la polizia segreta russa zarista, per fomentare l’antisemitismo e causare pogrom contro gli ebrei).
«Tutti noi crediamo o abbiamo creduto in una teoria del complotto almeno una volta nella vita», spiega a L’Espresso, Caterina Suitner, docente di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova. «Certo, siamo tutti pronti a negarlo. Ma poniamoci una domanda semplice: esiste nella nostra società, un gruppo di persone potenti che si mette in accordo più o meno segreto, per fare interessi personali a scapito di altre persone? Chi può rispondere di no? I complotti esistono, in effetti. Ci sono persone però che interpretano i fatti reali secondo una lente complottista, che è ben diverso. Lo fanno perché i complotti strizzano l’occhio a bisogni psicologici chiari, epistemici come il bisogno di comprendere la realtà. Spesso è più facile che le persone inforchino le lenti del complottismo trovandosi di fronte a nessuna alternativa. Pensiamo a tutte le teorie che gravitano intorno all’origine del Covid».
Le ricerche e gli studi più recenti dimostrano inequivocabilmente che il complottista può essere più o meno chiunque. Non esiste un identikit. Chiunque - in una o più fasi della sua vita - ha creduto ad almeno una teoria del complotto o meglio, come si dice in gergo, è caduto «nella tana del Bianconiglio» dove la logica non trova spazio e nulla è quello sembra veramente.
Per Suitner, «un terreno molto fertile ha a che fare con l’insicurezza: quando ci sentiamo in pericolo e non abbiamo il controllo, avere un capro espiatorio ci fa sentire meglio. E poi c’è il bisogno sociale che ha a che fare con il bisogno di sentirsi parte di un gruppo, ascoltati, trovare un posto nella società».
Il seme del complottismo viene coltivato nella sordità ostile della politica che consente ad altre forze di riscattarla.
«Il fenomeno non è nuovo, la tendenza degli ultimi anni è stata accelerata dalla pandemia che ha portato alla progressiva normalizzazione della teoria del complotto», spiega Leonardo Bianchi, giornalista e grande esperto di complottismo, in libreria con “Complotti! Da Qanon alla pandemia, cronache dal mondo capovolto” (Minimum Fax). «Se fino a qualche anno fa queste ideologie erano completamente relegate ai margini politici, con il tempo, sulla scena italiana, hanno preso sempre più quota dentro i partiti della destra».
«È il caso della teoria della grande sostituzione etnica dei popoli europei da parte di popoli non europei. Teoria di estrema destra che nel corso degli ultimi dieci anni è sempre più centrale nella narrazione di Giorgia Meloni e Matteo Salvini». Le teorie più in voga arrivano dal mondo anglosassone, sono piani di dominazione globale architettati da presunte élite o poteri forti: «Pensiamo alla teoria del grande Reset: sosteneva che la pandemia fosse un’emergenza pianificata da Bill Gates e George Soros per imporre una dittatura tecno-sanitaria e togliere i diritti fondamentali». Le teorie sono come un gioco di scatole cinesi, vivono una dentro l’altra, una con l’altra in un continuo richiamo di analogie: gli ufo che ci controllano, il gender nelle scuole, l’Europa che vuole farci mangiare insetti. Nel mirino cospirazionista da poco tempo le “città dei 15 minuti” teorizzate dall’urbanista franco-colombiano Carlos Moreno, rese popolari dalla sindaca di Parigi, Anne Hidalgo e paventate in campagna elettorale a Roma dal sindaco Roberto Gualtieri. L’idea di una città a misura, meno trafficata e inquinante, incentrata sulla vita di quartiere, viene raccontata come un complotto di «burocrati idioti e tirannici». In Inghilterra per l’ex leader della Brexit Nigel Farage è il segnale che «i lockdown climatici stanno arrivando», mentre su GB News, la versione britannica di Fox News, il conduttore Mark Dolan l’ha ricondotto a una «cultura della sorveglianza da far invidia a Pyongyang».
«Le teorie del complotto evolvono», spiega Bianchi: «La storia che c’è dietro è quella di una lotta “noi” contro “loro”. Nel 2022 tutti i gruppi anti-vaccinisti, da un giorno all’altro, sono passati a occuparsi di guerra in Ucraina. All’interno dell’ecosistema complottista le teorie mutano ma la grammatica resta quella e si adatta al tema del momento».
Per Jacopo De Miceli, autore de “L’ideologia della paura” (People), «il complottismo vive di due paradossi: si alimenta della disaffezione politica che pesca nell’astensionismo e allo stesso tempo può generare una mobilitazione che avviene in un universo politico totalmente separato».
De Miceli è curatore anche dell’Osservatorio del complottismo in Italia e a L’Espresso racconta: «Nel periodo della pandemia i complottisti sono usciti allo scoperto. Esistevano anche prima ma non si vedevano. La pandemia ne ha svelato l’esistenza. In un tempo in cui la scienza si confonde con la politica nasce il complotto: la prevenzione sanitaria è vista di traverso, quella climatica è ideologia ambientalista. È stato dato poco peso al fatto che Giorgia Meloni sia la prima presidente del Consiglio in Occidente che ha sposato la teoria della grande sostituzione mentre il Times di Londra non l’ha fatto passare inosservato». Ma l’ideologia della paura non porta divise: «Può esistere un complottismo di sinistra, pensiamo alla guerra in Ucraina. Ma storicamente il campo della destra vira di più verso il populismo. Non tutto il populismo è complottista ma tutto il complottismo è populista. Di fronte al declino delle ideologie c’è il vuoto e a riempirlo arrivano i complotti. Una volta c’erano le ideologie del comunismo e del capitalismo, fallite queste, serve una nuova narrazione». È di fronte «al vuoto» che le teorie si saldano, spiega Bianchi. «Sono in voga le teorie sul gender che si fondono sull’omotransfobia, ad esempio. Lo abbiamo visto con Sanremo. Ma nella logica complottista nulla accade per caso e tutto è connesso. Non è una contraddizione credere a una teoria del complotto che nega la crisi climatica e alimenta quella no gender, fa parte dello stesso disegno che ti vuole togliere identità, attaccare la tradizione e portare stili di vita innaturali disegnati dalle destre che ci portano a comprare macchine elettriche, mangiare insetti e ci “svirilizzano”. Tutti argomenti slegati tra loro che afferiscono a sfere diverse della contemporaneità ma omogenizzati nel solito piano ordito da oscure élite oppure dal Parlamento Europeo». E bisogna stare attenti, afferma Miceli. «Sembra sempre una scemenza al principio. Giochiamo a fare gli intellettuali, la sottovalutiamo, poi si arriva all’assalto al Parlamento come è successo a Capitol Hill oppure in Brasile». In Italia, certo siamo già oltre, specifica Bianchi: «I partiti di queste elezioni in Friuli, ad esempio, si posizionano come anti-sistema sono versione un po’ più militante dell’offerta politica principale, doppioni estremi di parti politiche che hanno le stesse posizioni ma responsabilità di governo»
Ma qual è l’antidoto? Dove si trova la “pillola rossa” per usare il gergo complottista mutuato da Matrix, che ci può far uscire dalla cosiddetta “tana del Bianconiglio” e ritornare a guardare la realtà per quello che è? «Il debunking sulle cospirazioni è inutile», sottolinea la professoressa Suitner. «La fatica che usiamo per dimostrare che sono false funziona molto bene su chi già non ci credeva. Il complottismo è una ricerca disperata nel tentativo di stare meglio, ammiccano a questi bisogni ma non li risolvono. Quello che si può fare è lavorare sui bisogni, far sentire le persone più sicure partecipi, lavorare molto prima. Quando hanno abbracciato la teoria cospirazionista è già tardi».