The Ferragnez, che tristezza quel falò delle verità

La serie Amazon sulla famiglia felice è un’ennesima costruzione a tavolino della vita reale. Dove l’unica rivelazione autentica è la quantità di onnipresenti cognati

«Amore, sei preso bene?» «No amore, sono preso male». «Oh amore» «Amore?» «Sì amore». Per amore, appunto, di sintesi, il nocciolo di The Ferragnez regala poco altro. Un patinato santino spacciato per quotidiano in cui i nomi dei protagonisti diventano irrilevanti, tanto cos’è un nome, ridotti alla pura litania del vezzeggiativo. E che si dibattono nell’analisi maniacale dello stato d’animo del momento, oscillando come pendoli dorati dal rosa zuccherato al buio tempestoso, a seconda della luce richiesta per l’inquadratura migliore. Un po’ come il labirinto di specchi dei luna park di una volta, dove cercavi una via d’uscita dalla tua immagine e alla fine distinguevi a fatica il vero dal non vero. Solo che in questo caso il riflesso è l’unico aspetto tangibile perché, per dirla alla Débord, nel mondo realmente rovesciato il vero è un momento del falso.

Prodotto lussuoso di Amazon Prime, la serie in otto episodi rilasciati in due mandate vorrebbe dimostrare che sì anche loro hanno problemi comuni, sporadiche tristezze, qualche lacrima e persino bisogno di una terapia di coppia. In realtà l’unica rivelazione che forse non era stata già costruita ad arte per i social, è che la famiglia Fedez Ferragni è piena zeppa di cognati. Tutto il resto altro non è che una differente angolazione di ripresa, in cui un bambino fa colazione davanti al telefono del padre che lo sta per sbattere in una storia di Instagram ma che a sua volta viene ripreso da una telecamera in salotto sino a che diventa plausibile l’ipotesi che ci sia un terzo o un quarto obbiettivo, e così via all’infinito. Ciak dopo ciak, post dopo post, tutto studiato al millimetro per orde di fan vogliose di bere una vita impossibile sventolata davanti agli occhi, che si snoda attraverso un lusso oltremodo sfacciato, ville con governanti, giostre, Donatella Versace in ginocchio per un orlo al piccolo di tre anni che fa capoeira con il suo maestro privato, tutine in cachemire che una volta macchiate di omogenizzato verranno gettate alle ortiche, e poi hotel pieni di stelle, salette riservate, e abiti e champagne in un’overdose di triste Riccanza in cui sia ben chiaro che i soldi non fanno la felicità. Perché loro hanno anche un’anima, dice la serie, un Truman show dove ognuno è complice e regista allo stesso tempo.

E alla fine resta quella sensazione disturbante di essere spettatori di una barca in tempesta, come nella celebre scena finale del film. Solo che in questo caso viene naturale tifare per la tempesta. 

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