Celebrity Hunted, ovvero: la televisione pensa che lo spettatore sia scemo

Il sontuoso reality di Amazon Prime con sette vip in fuga va contro ogni regola di verosimiglianza. E mentre Accorsi, Bossdoms, Elodie, Incontrada, Lauro, Leotta e Miss Keta cercano di nascondersi circondati da un nugolo di telecamere, la sensazione che lo spettatore sia preso in giro avanza più veloce di loro

Finalmente, ce n’è voluto ma alla fine il gran giorno è arrivato: un programma  che dichiara, una volta per tutte, che la televisione considera lo spettatore un deficiente. Basta stare a giraci intorno. La verità  ci fa male, lo sappiamo, ma quando ci vuole ci vuole. E dopo decenni di illusioni, meglio la realtà dura e cruda. Il gran merito di questo disvelamento  spetta a “Celebrity Hunted”, seconda stagione (che solo il fatto di aver lasciato la prima impunita meriterebbe un plauso) di una specie di minestrone di generi confezionato con dovizia per Amazon Prime.

In sintesi sette vip devono nascondersi in giro per l’Italia e non farsi trovare fino al raggiungimento dell’obiettivo finale. Girano il Paese, hanno a disposizione due spicci e un telefono di vecchia generazione ma sono molto vip e quindi con un sacco di amici pronti ad aiutarli. L’inseguimento è a cura di «un team con i più temuti e noti professionisti del settore, come esperti di cyber security e human tracker delle forze dell’ordine e dei servizi militari». Che si fanno infinocchiare per amor del gioco come un ispettore Ginko qualsiasi.

Nel senso che mentre Stefano Accorsi scappa al passo su un cavallo, evidentemente circondato da una troupe con cameraman, fonici, direttori della fotografia, ispettori di produzione, organizzatori, trucco e parrucco, gli inseguitori si guardano intorno in una landa desolata  e anziché seguire il codazzo produttivo scuotono il capo al grido di «dannazione, non riusciamo a trovarlo, chissà da che parte sarà andato».

Così per sei puntate, fino a che persino il pubblico più ingenuo si rende conto che la tv e la verosimiglianza vanno senza meta ma da un’altra parte.

Poi per carità, il prodotto è di ottima fattura, un po’ “Pechino Express“, un po’ “Hunger Games“, un po’ tutto il resto. E i famosi fanno spettacolo, ognuno mostrando il suo lato più significativo (Diletta Leotta si fa i selfie, Achille Lauro si traveste, Miss Keta stona, Accorsi cerca un’idea sua, Vanessa Incontrada è affettuosa e così via), gli inseguitori sono vestiti di nero con le macchine nere per non rischiare di confondersi tra la folla, il gatto delle nevi la fa da padrone e la tensione non si riesce a tagliare con il coltello perché è posticcia al punto da rimanerci attaccata.

Alla fine, andando oltre alla sgradevole sensazione di essere stati bellamente turlupinati, il risultato è che guardando tutti quei denari spesi per la sontuosa realizzazione si svela un’altra verità: il denaro non solo non regala la felicità, ma, a volte, neppure buoni programmi.

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