È già passato un anno da quando Raffa se ne è andata. Lei che riuscì a conciliare normalità e magnificenza

Nella prima puntata del neonato programma, alla prima telefonata della prima volta del rivoluzionario quiz che diventerà il simbolo della domanda formato tv, la signorina da casa ipotizzò che nel barattolo ci potessero essere 25mila fagioli. A quel punto Raffaella Carrà strinse le labbra lucide, alzò le sopracciglia e scosse la testa: «Forse un po' meno, ma riprova domani».

 

Ecco, il successo di quella donna immaginifica si potrebbe riassumere in questa semplice prova di conduzione datata anni Ottanta. Un telefono grigio, con la rotella e il prefisso per chi chiama da fuori Roma, capace di unire per la prima volta le case alla piccola scatola televisiva.

 

Una chiacchierata, tra amiche, dove anche se dici una castroneria al massimo ci scappa un sorriso. E una speranza, solida, che magari non oggi o magari chissà, prima o poi arriva un giorno migliore. Non le gambe, la risata, le canzoni, i guantini di pelle, gli abiti esagerati, le interviste impossibili, la folla plaudente, la schiena inarcata, il successo planetario, l’apertura mentale futuribile, l’urgenza della libertà.

 

Piuttosto in questo primo anno senza Raffaella Carrà, che ha lasciato una voragine emotiva persino in chi ha sempre guardato alla sua televisione con un filo di disincanto, quello che resta come lascito intriso di malinconia neanche fosse una brioche di Nanni Loi in un cappuccino altrui, è proprio la consapevolezza di aver perduto un'irripetibile meraviglia della porta accanto.

 

L'evidenza di una divina che seduta al tavolino mentre il montepremi scalava di 50 mila lire a ogni risposta mancata, era in grado di far sembrare quotidiana la sua sessualità pudica, i suoi abiti importabili, le sue faccette e i suoi lustrini sulle braccia aperte, composte, generose.

 

Da quell'infausto 5 luglio del 2021, in cui Raffaella smise all'improvviso di “cantare a casa mia”, il suo santino è cominciato ad apparire come un ologramma sopra ogni piccolo schermo, come un riflesso mancato, un post-it che all'utopica ricerca di un'erede capace di unire questi due aspetti così lontani, così vicini. Perché variegati omaggi le sono stati più (o meno) tributati, un po' di Ariston, un filo di Eurovision, una seconda serata, una promessa di una piazza, una manciata di libri, uno show che arriverà con calma nel 2023 oltre all'imperdibile “Tuca Tuca Remix” con Carmen Russo che balla in un Colosseo in miniatura con Enzo Paolo Turchi vestito da centurione.

 

Ma qualcuno in grado di regalarsi al pubblico in quel modo, no, non è stato ancora avvistato. Da Trieste in giù. 

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