Domenica in è Mara Venier. Un po’ come la tesi di Federico Moccia

Lo storico programma di Rai Uno è esclusivamente incentrato sulla sua conduttrice. Ospiti, filmati, repertorio, omaggi. E soprattutto complimenti. Come lo scrittore, che si è laureato scrivendo di se stesso

Non c’è da stupirsi, funziona così praticamente sempre: in genere un invito a cena nasce da una conoscenza pregressa, ed è probabile che con la padrona di casa ci sia una certa simpatia, o quantomeno un legame più o meno solido. Così una volta accomodati, è buona creanza farle i complimenti e qualche omaggio, ed è facile aspettarsi che una volta seduti a tavola lei si lasci andare a ricordi personali. Quindi inutile lamentarsi se Mara Venier si comporta esattamente così nel salotto di “Domenica In”.

Ogni settimana, implacabile, da che è ritornata su Rai 1 nell’ormai lontano 2018, invita il suo giro, le sue amiche, i suoi ex mariti, i colleghi con cui ha avuto rapporti, le relazioni stabili e non e, già che si trova, ne approfitta per sfogliare le diapositive dei viaggi, uno di quegli agghiaccianti rituali da cui gli ospiti non riescono mai a sottrarsi con eleganza visto che arriva giusto al momento del caffè.

Puntata dopo puntata si sfoglia praticamente l’album di famiglia della conduttrice, i suoi trascorsi, ma soprattutto quanto è stata brava, puntuale, accorata, presente nella vita di chi si ritrova in studio al suo fianco in quel momento o chi, per una qualche occasione più o meno lieta, viene ricordato nel programma.

Anniversari, lutti, celebrazioni passano attraverso il suo curriculum, che per quanto oggettivamente ricco e colorito, ha sempre la sua (bellissima) faccia nella pagina di presentazione e pazienza se al di là del carnet di ballo resta ben poco, qualche canzonetta, un lancio di pubblicità, al massimo lo spazio fugace di una provocazione a caso di Vittorio Feltri.

E tra uno sfoglio di margherite fatto esclusivamente di “m’ama” si snodano quelle due orette in cui si approfondisce con cura il tema Venier, che tanto ha dato al mondo televisivo tutto. «Lui è una delle persone che a me personalmente ha dato di più», «Se penso a quanto mi ha regalato...», «Ecco perché gli volevo così bene», «La prima volta che l’ho vista», e così di auto citazione in auto citazione, l’Io di Mara si avvia con scioltezza al punto da far sembrare Federico Moccia, che si è laureato con una tesi su se stesso, un dilettante dell’ultima ora.

Certo, un apprezzamento condiviso va agli autori che come topi di biblioteca si rintanano negli archivi Rai alla ricerca spasmodica di un repertorio in cui volteggino almeno di striscio i capelli biondi della signora della domenica.

Ma anche allo spettatore un pensierino ogni tanto bisognerebbe pur lanciarlo, visto che da anni scruta dalla porta, lasciato nell’atrio come i parenti poveri, e speranzoso di essere invitato al desco sussurra: «Posso entrare? Anch’io la conoscevo bene».

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