La Rai gliel’ha proprio chiesto di persona a Milly Carlucci di sperimentare, trovare una vera idea nuova capace di risollevare le sorti umane e progressive di un servizio pubblico sbocconcellato che perde pezzi a ogni piè sospinto. Così la ferrea conduttrice si è messa d’impegno per regalare “L’Acchiappatalenti”, «un progetto innovativo» che apre le porte a un mondo lisergico di cui non si sentiva il bisogno.
Una sorta di minestrone pericolosamente in diretta, stile televisione locale con i doppiatori dal marcato accento romanesco e dove le verdure galleggiano in superficie in ordine sparso: pulcini giganti, bruchi tristi, tassa Frozen e facce spensierate, pronte ad assumere l’aria grave col concorrente che racconta il suo vissuto. E sarebbe interessante trovare un senso, anche se come diceva qualcuno, un senso non ce l’ha.
In sintesi, una giuria deve votare un concorrente famoso che sceglie al buio un concorrente sconosciuto prima della sua esibizione, basandosi solo sul colpo di fulmine, e con cui dovrà mettere in piedi qualcosa prima di scoprire che il “talento” è vuoi un artista vestito da bruco che si agita per minuti eterni in studio urlando scomposto, vuoi uno mascherato da renna che balla il tip tap al fianco della compagna che canta come Elsa di “Frozen” con le trecce di stoppa. Insomma, non si vede cosa possa andare storto.
Con cinque puntate sulla carta e il rischio implosione sulla testa, il programma vanta un parterre di re e regine che si dividono tra chi ha partecipato a “Ballando con le stelle” e chi invece ondeggia tra i canali con la qualifica indefinita di ospite parlante. Nella povera mischia in cui si confondono tracce di già visto ma senza correre il rischio di abusare di senso dell’umorismo, balzano agli occhi perplessi del telespettatore l’ex ballerino Teo Mammuccari che condisce la sua tendenza al litigio a tutti i costi con quella punta sempre gradevole di permalosità diffusa. Poi Sabrina Salerno che si commuove come mamma e Wanda Nara che si commuove come argentina.
Così, mentre alla vista di Paolantoni e Ventura viene in mente il tavolo appena chiuso di Fabio Fazio, la cui fuoriuscita per il Nove ha scatenato un effetto domino, ecco che spunta anche il gentile Flavio Insinna, educato, sorridente e pronto anche lui a lasciare la Rai il prossimo autunno per volare nel preserale de La7. E visto che oltre all’assonanza del titolo lo show si muove sulle note di “Ghostbusters”, forse, se avesse cercato di catturare i fantasmi degli antichi fasti del servizio pubblico anziché degli improbabili performer, avrebbe rischiato di diventare persino interessante.
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DA GUARDARE
C’è ancora “Petra”. Sono cominciate le riprese della terza stagione e di questi tempi una buona notizia fa sempre comodo. Prossimamente su Sky, la serie con Paola Cortellesi ispettrice di polizia e l’inseparabile vice Andrea Pennacchi alle prese con un omicidio in convento e uno in odore di mafia.
MA ANCHE NO
Il promo di “Reazione a catena” vede Pino Insegno, indispettito alla prima inquadratura, che sottolinea con soave mancanza di leggerezza: «Io voglio fare il conduttore, l’ho già fatto, eh». Ora, non per essere prevenuti, ci mancherebbe, ma a volte mostrare un briciolo di simpatia aiuta anche il più osteggiato dei nomi.