Con fotografie e disegni racconta ciò che accadeva in Afghanistan a metà degli anni Ottanta, che è poi ciò che è accaduto in qualunque altre luogo ci sia stata una guerra, prima e dopo quel momento. È in Afghanistan, ma sarebbe potuto essere in Iraq o in Cecenia. Didier Lefèvre, trent'anni non ancora compiuti, è "Il fotografo".
Quello che vediamo è attraverso il suo sguardo, fissato nei suoi scatti. Pochi mesi prima, a Parigi, Médecins sans frontières gli ha chiesto di unirsi alla missione in Afghanistan perché curare può anche significare raccontare. Le atrocità della guerra. Il racconto come terapia di guarigione, forse un vaccino, una pratica medica di Medici senza frontiere.
L'ospedale da campo è una topaia indistinguibile dalle altre. L'infermeria è ricavata in una lavanderia, il portico serve da ambulatorio e sala operatoria. I pazienti arrivano di giorno e di notte, da tutta la regione. Molti, come sempre nei Paesi in guerra, sono bambini.
Poi, in un villaggio vicino c'è un bombardamento, e l'intera équipe medica si sposta lì per soccorrere i feriti raccolti nel panificio, l'unico punto del villaggio risparmiato dalle bombe. Didier chiede e ottiene il permesso di fotografare. In un angolo, una madre velata di bianco è china sui due figli: un adolescente e un bambino insanguinati, distesi sui sacchi di farina. Il più piccolo si muove appena, emette un solo lieve lamento. I medici seguono in un'altra casa il padre di una bambina, che dopo il bombardamento ha smesso di camminare.
Sulla ragazzina non c'è sangue e non piange quando il medico la tocca. Prova a farla stare in piedi ma lei cade. Ci riprova, ricade. Allora le scosta i vestiti e le esamina la schiena. Tutto quello che trova è un puntino impercettibile. Una scheggia infilatasi dentro le ha tranciato il midollo. Non si rialzerà più. La guerra è anche questo. una minuscola scheggia, all'apparenza innocua che ti cambia la vita per sempre. Fuori, un corteo esce dal panificio.

Emmanuel Guibert, Didier Lefèvre, Frédéric Lemercier:
"Il Fotografo".
Prefazione di Adriano Sofri
(Coconino Press/Fandango, pp. 97, E 22,50)
2011 © Roberto Saviano / Agenzia Santachiara