La mia riflessione sul futuro del cinema, in particolare del cinema d'autore, parte da uno stimolo recente ma in realtà è il frutto di un'elaborazione che sto portando avanti da tempo. Il caso recente è quello dell'ultimo, straordinario film dei fratelli Taviani, due vecchi leoni del nostro cinema, che dopo anni hanno conquistato Berlino. È stato distribuito in 40 sale in tutta Italia, a Roma in tre. Lo ricorderemo come flop o grande film? Se la distribuzione rimane questa dobbiamo preoccuparci, se invece ripensiamo alla filiera distributiva abbiamo davanti molte possibilità anche per il cinema d'autore.
Il nostro ragionamento parte da uno sguardo di insieme del sistema dei media. L'era dei mass media, impostati su una idea di comunicazione dall'alto in basso è finita. Le rivoluzioni in Libia, Egitto e Tunisia dimostrano come le nuove tecnologie scavalcano i regimi e avvicinano le persone e le idee; sono le stesse tecnologie che portano i contenuti dove e quando gli utenti vogliono.
Anche il cinema nel secolo scorso si è trasformato, prima è arrivato il sonoro, poi il colore, il dolby, ora il 3D: non ha avuto paura delle tecnologie per diventare sempre più efficace, perché alla fine la tecnologia è sempre al servizio dell'autore. In questo momento di cambiamenti epocali, il cinema, e in particolare il cinema d'autore deve usare le tecnologie per salvarsi. Ed è proprio il film d'autore che ha bisogno di essere reso disponibile in ogni momento e in tutti i luoghi a tutti i possibili spettatori. Quando ero bambino si entrava in sala a metà proiezione, si guardava la fine del film e poi l'inizio dello spettacolo successivo e si usciva quando si era raggiunto il momento in cui eravamo entrati. Perché si andava “al cinema” prima che a vedere un film. Infatti, fino a pochi anni fa valeva il concetto di Mc Luhan: il mezzo è il messaggio. Ora dobbiamo invece ribaltare l' inscindibilità tra mezzo e messaggio, tra cinema e film. Il mezzo NON è il messaggio. Nel mondo ipertecnologico di oggi, il messaggio che è il film d'autore, non coincide solo con la sala, che era il vero mezzo fino al secolo scorso: ora dobbiamo dare allo spettatore di fruire del film nel loro habitat quotidiano.
La nostra proposta è quindi di lasciare alla sala il ruolo di una vetrina di prestigio in cui collocare il prodotto, ma contemporaneamente dare un'integrazione alla sala attraverso l'uscita contemporanea anche nelle pay tv e su internet in siti protetti e a pagamento a tutte le persone che per mille motivi non hanno la possibilità di vedere il film al cinema (anche perché l'Italia è un paese fatto di piccoli centri, dove vive la maggioranza della popolazione, città e paesi che non hanno più sale e dove è ancora più difficile trovare un film d'autore). Che bello sarebbe svegliarsi il lunedì mattina e leggere a fianco del rendiconto del box office, i dati degli acquisti attraverso pay tv e internet del film! Siamo certi che per molte opere importanti come quella dei Taviani, il giudizio passerebbe da flop a grande successo. E il produttore sarebbe stimolato a produrne immediatamente un altro.
Stesso discorso per tutti gli altri autori. Se Bernardo Bertolucci dovesse andare a Cannes, come tutti ci auguriamo, pensate a quale potenzialità anche di ritorno economico ci sarebbero se insieme alla presentazione sulla Croisette ci fosse la possibilità di vederlo subito insieme alla sala, anche a pagamento su internet non solo in Italia ma anche in USA e nel resto d'Europa, dove Bernardo è conosciuto e apprezzato.
Lasciamo le multisala e quindi la lotta al box office ai film popolari che vivono della fiammata iniziale degli incassi. Intendiamoci, nessuno vuole abbandonare le sale, ma usarle come vetrina scintillante per alimentare l'immaginario del cinema. E in ogni caso, facciamo attenzione non chiudere il cinema d'autore nella prigione delle sale dedicate, a non trasformare l'eccellenza in ghetto. Noi abbiamo di fronte due modelli, che in modi diversi dominano comunque i mercati: quello francese e quello americano. Prendiamo da ciascuno il meglio.
Dalla Francia l'impegno economico al servizio della cultura a tutti i livelli (cinema, letteratura, musei, opera, turismo ecc.) vista come fattore di sviluppo insieme sociale ed economico; e dagli Stati Uniti la capacità e il coraggio di sviluppare nuovi modelli di comunicazione e di business a partire e grazie alle nuove tecnologie. Sposiamo la cultura dell'autore con la cultura della tecnologia.
Questo discorso lo facciamo in particolare pensando ai giovani: se non facciamo scoprire anche ai giovani il cinema d'autore, i nostri ragazzi non avranno la possibilità di conoscere e di formarsi una sensibilità esteticamente e culturalmente all'altezza, e quindi non avranno la possibilità di diventare loro stessi autori del cinema del futuro. Ma se vogliamo entrare in dialogo con i giovani, dobbiamo farlo attraverso tutte le modalità tecnologiche con cui loro sono abituati ad interagire.
L'evoluzione degli strumenti della comunicazione ci ha portati in modo sempre più veloce dalla carta, alla pellicola, al satellite e ora a internet. Davanti a una tale rivoluzione copernicana noi non possiamo ridurre il problema all'aggiunta di una saletta dedicata all'autore nella multisala: tutti palliativi che vanno bene ma che sembrano veramente non tenere conto dell'evoluzione vorticosa del mondo che circonda il cinema. I giovani lo hanno già capito, per loro Mc Luhan è già sorpassato: il messaggio è quello che conta, i mezzi per fruirne sono solo modi di entrare in contatto con il messaggio.
Il cinema non può e non deve morire di se stesso, chiuso orgogliosamente nel suo passato. Nel secolo scorso era giusto gridare viva il cinema, ora gridiamo viva il film ovunque sia.
Cultura
13 aprile, 2012Le prime cinematografiche devono arrivare nelle nostre case lo stesso giorno in cui escono nelle sale. A pagamento, naturalmente. E' l'unico modo per rilanciare un'industria culturale bella ma in crisi. La proposta choc di un grande produttore
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