Gli zoccoli dei cavalli lanciati al galoppo. I saloon gremiti di pistoleri. Le carcasse in balia degli avvoltoi. E la luna, i coyote, le signore in calesse. Gli indiani, soprattutto, che con i loro nomi fascinosi si muovono per la prateria guidati dal vento, dagli spiriti, dal fuoco. Come Acqua-che-scorre-nella-pianura, sopravvissuta alla morte di tutta la sua tribù, e al centro del romanzo di Céline Minard, “Per poco non ci lascio le penne”, in arrivo in Italia per 66thA2nd, e in Francia, da qualche mese, un caso editoriale: vincitore del Prix du Livre Inter 2014, assegnato dagli ascoltatori di France Inter guidati dallo scrittore Alain Mabanckou, ha risvegliato nei lettori il gusto del western. Tanto da rilanciare i protagonisti del genere, a partire da quel Buffalo Bill che con il suo Wild West Show ne fece conoscere i personaggi e le ambientazioni agli europei: “Tristesse de la terre. Une histoire de Buffalo Bill Cody”, di Eric Vuillard (appena uscito per Actes Sud), racconta le ricostruzioni artificiose di battaglie, l’enfasi sullo sterminio di uomini e di bisonti, e la nascita dello show business, che alimentarono il mito.
Passione western. Negli Stati Uniti la tendenza è già schedata, nome in codice “N.A.B.A.T.”, Novel as Big as Texas, sottogenere letterario del Grande Romanzo Americano che attraversa luoghi e secoli per dare del Paese affreschi monumentali. Sulla scia di “Trilogia della frontiera” e “Meridiano di sangue” di Cormac McCarthy, tocca ora a libri come “Il figlio” (Einaudi) di Philipp Meyer riportare d’attualità il genere: romanzone su duecento anni di storia americana attraverso il racconto di tre generazioni, dal colonnello Eli McCullough, a 14 anni portato via dai Comanche fino a diventare, per un po’, uno di loro, alla pronipote, erede di un impero del petrolio.
A seguire, una serie di nuovi romanzi, old-fashioned, rinnovano il mito della frontiera: come “Painted Horses” di Malcolm Brooks, da poco uscito negli Usa, protagonista una giovane archeologa in Montana. O “Revenant” di Michael Punke, in uscita all’inizio di ottobre (Einaudi), viaggio in Dakota, Wyoming e Nebraska sulle tracce del cacciatore e avventuriero Hugh Glass: il regista Alejandro González Iñárritu ne sta facendo un film con Leonardo di Caprio. Elogio anche visivo dei luoghi selvaggi, come quelli che hanno ispirato l’ultimo saggio dello scrittore-esploratore Peter Stark, “The Last Empty Places” (Ballantine, non ancora tradotto).
«C’è, in questo momento, grande attenzione verso il western, nei libri e al cinema», conferma Luca Barbieri, autore di “Storia dei pistoleri” (Odoya) e curatore di un’intera collana sul West lanciata di recente da Meridiano Zero. In fila, i fondamentali: “Lo svelto e il morto”, bestseller di Louis L’Amour da 225 milioni di copie al mondo; “Il forte della vendetta” di Gordon G. Shirreffs; “Il Ranger del Texas” di Zane Gray, autore di un numero smisurato di romanzi ambientati nel West e di soggetti per il cinema. Storie per un pubblico trasversale. E libri di formazione che accompagnano generazioni. A partire dai più piccoli: “Cowboy. Un ragazzo e il suo cavallo”, graphic novel western di Nate Cosby e Chris Eliopoulos (in uscita a inizio ottobre) su un ragazzino a caccia di criminali, è il titolo con il quale Panini Comics inaugura “I novellini”, linea editoriale di fumetti.
[[ge:rep-locali:espresso:285132730]]
Un caso a sé è Tex Willer, da 66 anni in edicola senza segni di stanchezza: né in lui né in chi lo legge. Wow Spazio Fumetto-Museo del Fumetto di Milano gli dedica la grande mostra “La leggenda di Tex” (fino al 18 gennaio 2015): con più di 200 tavole di Aurelio “Galep” Galleppini e le sceneggiature di Gianluigi Bonelli, testimonianze, oggetti e memorabilia sono esposti, insieme ai primi numeri della serie ancora in formato striscia, per la gioia di appassionati di diligenze, fortini, Navajo. In mostra anche foto e locandine originali di tanti film western, da Gary Cooper a “Ombre Rosse”, per dimostrare quanto il grande schermo abbia influenzato i due creatori della serie originale nella rappresentazione di Tex: da una parte il ranger dalla mira infallibile, dall’altra il fratello di ogni uomo rosso. «Questo è il west dell’immaginario più classico», commenta Barbieri. «Oggi invece a farsi strada è un genere più moderno, frutto di contaminazioni e atmosfere diverse. Come nel libro “La foresta” di Joe Lansdale, che mischia tematiche western ad ambientazioni horror e noir. O, ancor di più, nei film di Quentin Tarantino, intrisi di influenze fumettistiche».
E al western torna il regista fan degli spaghetti-western, dopo il successo di “Django Unchained”: l’anno prossimo, con “The Hateful Eight”. Si intitola “Slow West” il nuovo film di John Maclean, con Michael Fassbender. E se Tommy Lee Jones firma il remake di “The Cowboys”, a suo tempo interpretato da John Wayne, la riscoperta di vecchi film appassiona gli americani: “Duello a El Diablo”, anno di uscita 1966 e Sidney Poitier per protagonista, ora in Dvd e in Blu-Ray, miete recensioni come una novità.
«È il fascino dell’Ovest: terra di libertà, di valori e di simboli comuni a ogni mitologia», sottolinea Barbieri. «L’allegoria del duello, la lotta tra il bene e il male, l’attrazione per una terra senza legge, dove ci si fa giustizia da sé, e dove anche gli eroi sono rudi e antipatici ma onesti e leali, sono temi universali. Semmai, il western è sempre stato considerato più un genere maschile che femminile. Il fatto nuovo, oggi, è il ruolo forte delle donne». Come nelle distopie contemporanee più amate dai teenager, dove salvare il pianeta è perlopiù una faccenda da donne, anche nel nuovo West le ragazze conquistano uno spazio proprio.
Vedi Charlize Theron, Amanda Seyfried e Sarah Silverman, non certo in ruoli marginali in “Un milione di modi per morire nel West”, atteso film (al cinema dal 9 ottobre) e libro (appena uscito per Mondadori) di Seth MacFarlane (il creatore della serie televisivia “I Griffin”). Spetta a loro, impavide davanti ai pistoleri e alle cariche di indiani, tirare fuori il meglio dei loro uomini, più votati all’autoconservazione che ad imprese eroiche (anche perché, nel West tutto da ridere del film, accade l’esatto contrario della tradizione: «Se sei coraggioso, ti fanno fuori. Se sei codardo, sopravvivi»).
«La femminilizzazione è l’aspetto attuale che colpisce di più», concorda Andrea Bosco, studioso di western e autore, con Domenico Rizzi, del saggio “I cavalieri del West” (Le Mani): «Non so se questa novità, unita alla tendenza a una maggiore spettacolarizzazione, basterà a rianimare il genere». Certo è che il successo del western è fenomeno ciclico: «Sono almeno tre le fasi nelle quali il cinema, e il pubblico, hanno vissuto un grande innamoramento per il West. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta, esplode in una forma un po’ ingenua, con cowboy che rispettano le donne, cattivi e buoni rigidamente separati, indiani selvaggi ma con una loro forte dignità: gli anni de “Il massacro di Fort Apache” di John Ford, “L’amante indiana”, “Il cavaliere della valle solitaria”. Gli anni Sessanta e Settanta sono il tempo del “Western maggiorenne”, come lo definì Tullo Kezich: quello di Sergio Leone. Di eroi più decadenti e borderline, e confini tra bene e male più sfumati. Negli anni Novanta film di grande popolarità come “Gli spietati” di Clint Eastwood o “Balla coi lupi” di Kevin Costner riportano il genere in auge».
Eppure per alcuni il genere è già morto, le nuove storie sono troppo poco realistiche ed epiche. «La verità», commenta Bosco, «è che il western è una grande invenzione di Hollywood, basata su falsi storici ed esagerazioni: su battaglie, numeri, eroi. Perché, allora, ci piace così tanto? Perché è il luogo dei grandi spazi, della natura incontaminata, degli indiani bellissimi e liberi, dell’impossibile: soltanto in un film western può accadere che uno solo abbia la meglio su un’intera banda di malviventi, come Gary Cooper in “Mezzogiorno di fuoco”. Il western parla ai nostri sogni».
Cultura
10 ottobre, 2014Romanzi, film, riedizioni di classici, graphic novel. E una grande mostra su Tex. E' il momento del ritorno di indiani e cowboy
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY