Il presidente dell'istituto nazionale di astrofisica sul film di Christopher Nolan: tra citazioni, sensi di colpa ed errori fisico tecnologici del tutto perdonabili

"Interstellar"? E' una scorpacciata galattica sul fallimento della nostra civiltà

Alla fine di due ore e 49 minuti di proiezione di “Interstellar” uno è stanco. Non annoiato o stufo: stanco mentalmente ?e quasi fisicamente. Ci sono immagini fantastiche, avvolgenti e tridimensionali (IMAX molto consigliato, se possibile), ?ma anche un sacco di fisica planetaria, relatività generale ?e tecnologia avanzata. Il tutto con lo sfondo di una storia strappalacrime di amore tra padre e figlia, ricambiato e molto sofferto, e si capisce perché: il padre scompare in un’altra dimensione e poi torna prima di essere partito, ovvero torna per vedere la figlia invecchiata sul letto di morte.

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Tutte cose perfette dal punto di vista spazio-temporale, per carità, ed accuratamente gestite da Kip Thorne, un grande fisico teorico e co-produttore. Forse il film è troppo per i comuni mortali, ?o forse Christopher Nolan voleva diventare il nuovo Kubrick ?di “2001”(anche lui bello lungo). Non ci è riuscito, ma ci è andato molto vicino. Anzi, lancio un giochino: chi scopre più citazioni a “2001” (io sono a sei).

Meno ovvia, ma presente, la somiglianza con il “Mago di Oz”, fantascienza con l’imbuto in testa. Anche nel film di Nolan si mescolano emozioni e scienza del futuro, forse con troppe delle prime, e la seconda ne soffre. Quasi tutti gli attori dicono continuamente “I’m sorry” e si arriva alla conclusione che chiedono scusa, globalmente, per il fallimento della nostra civiltà, cosa alla quale stanno cercando di porre rimedio, anche se con poco successo. “Interstellar” è già, e sarà ancora per molto, ?un campione di incassi, anche perché le immagini sono splendide (comprese quelle girate nei ghiacciai islandesi), ?gli errori fisico-tecnologici, presenti, sono perdonabili e poi c’è un delizioso robottino che le sa tutte, ha una forma strana ma ottima per tutte le occasioni, anche per salvare l’eroina in pericolo.

Ma la scena che vale il film è l’onda, grande come una montagna, che avanza nell’oceano di uno dei pianeti candidati a ospitare l’umanità. È da sogno quell’onda: abbiamo un futuro da surfisti.

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