Ebbene sì, può succedere: hai vent’anni, vivi in Italia nel mezzo della crisi e ti viene una bella idea, che in poco tempo ti catapulta a vivere a Los Angeles con centinaia di migliaia di euro e talmente tante proposte di lavoro che non riesci nemmeno più a starci dietro. A lei, almeno, è successo. Si chiama Chiara Ferragni, è nata a Cremona nel 1987. A ventidue anni ha creato un blog, The Blonde Salad: parla di lei (notevole), di come si veste, delle sue borse e delle scarpe appena acquistate. Totale: 600 mila visitatori unici al mese e più di due milioni e mezzo di fedelissimi followers su Instagram, che, tradotto in soldoni, fa un giro d’affari di qualche milione di euro.
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Nel 2013 il fatturato è stato complessivamente di due milioni e 200mila euro, ma quest’anno si dovrebbe arrivare ai quattro milioni tondi: «Considerando che dal 14 luglio è attivo anche il mio nuovo sito di e-commerce». Mica noccioline. Lei è l’avanguardia italiana dei fashion blogger, figure che in un certo senso stanno rivoluzionando la moda dal basso e rubano le copertine ai testimonial classici, scalzando attori, rockstar e campioni sportivi.
Eppure il tutto è cominciato un po’ così, con leggerezza, pubblicando le foto sui social network, su Flickr soprattutto: «La cosa funzionava: per ogni mia immagine», racconta lei ancora orgogliosa dopo anni, «ricevevo commenti e continui feedback. Il 12 ottobre del 2009, ho allora aperto uno spazio mio sul Web una sorta di casa dove le persone potessero entrare, conoscermi, andare e tornare».
Anche il titolo è nato per caso: «Blonde perché qualche anno fa ero decisamente bionda, più di ora e mi piaceva l’idea di cavalcare il luogo comune della bionda un po’ leggera, scemetta. Salad perché nel mio blog ci sono tanti ingredienti diversi. Il nome è uscito durante una cena tra amici: “Ma tu sei un’insalata bionda!”. Perché no?». Ed è stato subito un successo: «Incredibile, ogni giorno avevo più di 15mila visitatori. A febbraio del 2010, per la Fashion Week di Milano, ho iniziato a ricevere i primi inviti per le sfilate. Sono usciti articoli su di me e Chiambretti che mi ha invitata nella sua trasmissione. Boom! Da lì, è stato un susseguirsi di cose».
Lei, però, in fondo, sentiva che ce l’avrebbe fatta, erano magari gli altri ad esserne un po’ meno convinti: «Con me, fin dall’inizio, c’è stato Riccardo, che allora era il mio fidanzato. Ogni tanto mi chiedeva che cosa stessi facendo, dove volessi arrivare con quelle mie foto postate continuamente, a chi gliene potesse importare davvero. Man mano che andavo avanti, però, ha cominciato lui stesso a darmi idee e a immaginare nuovi possibili sviluppi. Io facevo la parte creativa e lui, laureato in Economia, pensava a nuove strategie commerciali».
Insieme hanno fondato una società, la Tbs Crew, un gruppo di dodici persone, tutte under 30. Ora, infatti, per stare dietro a tutto, ci vuole uno staff vero: il blog rimane, ma non c’è più solo quello. Chiara oggi fa il direttore creativo per molti grandi marchi. Ha già lavorato con Superga, con Mango, Tod’s, Yamamay e recentemente ha disegnato mocassini per Disney e due modelli di occhiali per Italian Indipendent di Lapo Elkann. Crea collezioni speciali, edizioni limitate e ha messo a punto un innovativo meccanismo di marketing: «Con la mia società pensiamo a progetti che possano avvicinare le aziende al pubblico. Per loro costruiamo storie fotografiche e sviluppiamo contenuti digitali. Non sono reportage giornalistici, né cartelle stampa e neppure campagne pubblicitarie: è un po’ tutto insieme e comunque funziona».
A questo si aggiunge la sua produzione di scarpe, la Chiara Ferragni Collection, completamente made in Italy, in Barletta per la precisione: «Sta andando bene, abbiamo venduto più di 14 mila paia, in oltre trecento negozi». Altro che biondina scemetta con la borsa firmata: le idee le ha ben determinate e sa andare avanti con costanza e un’ottima organizzazione. Poi è davvero bella e questo aiuta: «Inutile negarlo. Le persone mi seguono anche perché vogliono assomigliarmi. Rimango però la ragazza della porta accanto, una come loro, raggiungibile».
E pure con qualche difettuccio: per sua ammissione è narcisista (e questo un po’ l’avevamo capito) e permalosa. E se proprio vogliamo guardare, ancora non si è laureata, le mancano tre esami per finire Giurisprudenza alla Bocconi: «Ma non mollo, li ho già messi in agenda». Anche se da grande Chiara non sembra avere intenzione di fare il giudice o l’avvocato: «Immagino semmai di collaborare con i brand dei miei sogni. Con Louis Vuitton (la speedy bag è stata la prima borsa che mi sono comprata), con Céline, Chanel e Tiffany & Co. Un domani mi piacerebbe anche aiutare le persone che hanno buone idee da realizzare, chi vuole uscire dagli schemi per crearne di nuovi».
Lei è aperta a tutto e a tutto si ispira, senza modelli di riferimento né icone da (in)seguire: «Anche se trovo irresistibile lo stile di Jane Birkin e ammiro molto le gemelle Olsen, due creative eccezionali». Il successo non l’ha cambiata, ma è cambiata la sua vita: viaggia continuamente, la gente la ferma per strada e ora è pronta a lasciare l’Italia per l’America. Il trasferimento a Los Angeles è imminente: «È da quando sono piccola che gli Stati Uniti mi affascinano. Lì sono più avanti, più organizzati. Ho iniziato da subito a lavorare con la Next, un’agenzia importante che ha velocemente capito che cosa potevo fare e come. Los Angeles è un fulcro creativo, sono tutti attori, registi, blogger. Lavorano sodo, ma sanno tenersi il tempo per loro stessi. Quella è la patria del casual chic ed è uno stile che adoro, una filosofia di vita: un paio di jeans, una T-shirt come si deve, e via verso nuove avventure».
En passant dice che poi, sì, casualmente, a Los Angeles vive anche il suo fidanzato, Andrew Arthur, professione fotografo, californiano di origine asiatica. Davvero senza confini, come piace a lei, che, per ribadire il concetto, si è fatta tatuare un piccolo planisfero sul polso. E di tatuaggi ne ha tanti altri: «Tredici in tutto, più o meno nascosti. Ho anche un Mickey Mouse (la mia infanzia) che si fa un selfie (il mio oggi); un occhio, che è protezione, e un triangolo, che siamo io con le mie due sorelle. Poi c’è la scritta “KissKillKiss” perché mi piace il gioco degli opposti, il positivo e il negativo e le sette coordinate geografiche di luoghi che mi sono rimasti nel cuore. La scritta “Ode alla vita” è in onore a un amico che non c’è più e, sulla gamba, appare una freccia per ricordarmi che per andare avanti bisogna sempre tornare un po’ indietro». Posti, emozioni, amici da ricordare, in uno strano equilibrio tra le novità che cerca sempre e i punti fermi che non perde mai.
«Magari oggi prendo un aperitivo a Parigi e domani a Londra o New York, ma i miei luoghi del cuore rimangono quelli». A Milano resta molto legata. È qui, in piazza Santo Sefano a pochi passi dal Duomo, che ha sede la sua società, che, come recita il sito: «È una crew, un gruppo di giovanissimi in grado di inventare cose sempre nuove attraverso un modus operandi mai incontrato prima». Beh, chapeau.
Cultura
24 luglio, 2014Ha cominciato raccontando sul web il suo modo di vestire. E ora, a soli 27 anni, è una stilista di fama mondiale. Con un giro d'affari da 4 milioni di euro
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