
I magnati dei media che controllano i più grandi studi cinematografici di Hollywood rispolvereranno i loro smoking, il mese prossimo, in occasione della cerimonia di assegnazione dei premi Oscar 2015. Personaggi del calibro di Rupert Murdoch, della 21st Century Fox, e di Jeff Bewkes, presidente di Time Warner, hanno ciascuno un interesse a veder premiato “Birdman” (della Fox Searchlight) e “American Sniper” (della Warner Brothers) in lizza per il miglior film.
Quest’anno saranno forse ancor più ansiosi a causa dell’arrivo a Hollywood di un intruso da Seattle. Jeff Bezos, fondatore e presidente di Amazon, si è messo in mente di rivoluzionare il vecchio modello di produzione e distribuzione dell’industria cinematografica, sulla scia della grande trasformazione da lui realizzata nel settore dell’editoria.
Sull’onda dell’entusiasmo per aver vinto di recente due premi Golden Globes con la sua webserie “Transparent”, Amazon ha rivelato i suoi piani per acquistare, produrre e distribuire una dozzina di film all'anno. Dopo aver arruolato Woody Allen per sviluppare una serie comica per il servizio video streaming di Amazon, Bezos sembra deciso a rivoluzionare i contenuti mediali così come ha trasformato il commercio al dettaglio.
Negli ultimi due anni, i suoi interessi nel campo dei media si sono estesi ben oltre il settore principale di Amazon che è quello dei libri e del commercio online. Nel 2013 ha comprato il “Washington Post” per 250 milioni di dollari e ha cercato di rilanciare il giornale con lo sviluppo di prodotti digitali. Nello stesso tempo, Amazon ha potenziato il suo servizio di video streaming, consolidando la sua presenza a Hollywood e cercando di affermarsi sia come nuovo acquirente di programmi che come un potenziale concorrente di Netflix, il leader nel mercato del video streaming.
I motivi dell’interesse di Amazon per il video, secondo James McQuivey, analista dei media di Forrester Research, sono chiari. Come Google e Apple, Amazon sta cercando di “costruire l’infrastruttura della società digitale”, spiega McQuivey. “L’uomo medio nel mondo occidentale passa dalle quattro alle cinque ore al giorno davanti a un qualche tipo di teleschermo o di video. Se state cercando la via per dominare il mondo, come Amazon e Bezos stanno facendo, non potete ignorare quelle quattro o cinque ore”.
Un’offerta a pacchetto
A differenza di Netflix, che offre video streaming con un abbonamento mensile specifico, il servizio video digitale di Amazon è abbinato a Prime, il programma di iscrizione che copre tutte le spese di spedizione dei suoi prodotti al costo di 99 dollari l’anno. Al pari di Netflix, è stato sviluppato per costruire una libreria di contenuti: permette di scaricare il catalogo di HBO, autorizzando lo streaming di alcuni dei maggiori successi dei canali premium via cavo come “The Sopranos” e “Deadwood”. Amazon si è così appropriato di un modello stabilito da Netflix, che ha avuto successo grazie a programmi originali quali “House of Cards”, commissionando serie prodotte in proprio.
Se Amazon riuscirà a usare il video streaming per convincere più clienti a iscriversi a Prime, questo potrebbe promuovere le vendite di altri suoi prodotti. “Competere con Netflix senza pagare per diventare membro è un buon argomento di vendita”, secondo McQuivey. “L’intero modello si basa sul guadagno ricavato dalla spesa totale del cliente, anche se alcune singole transazioni sono in perdita. Se ti iscrivi a Prime e guardi il video sarai più propenso a usare anche altri servizi”.
Amazon sta cercando di affermarsi sul mercato dello streaming in gran parte occupato da Netflix, che recentemente ha rivelato di aver aumentato il numero dei suoi abbonati saliti a 57 milioni.
Netflix rappresenta quasi il 35 per cento del traffico internet upstream negli Stati Uniti in prima serata, secondo Sandvine, che misura le comunicazioni a banda larga. Il servizio di video online di Amazon, invece, ha raddoppiato la propria quota nel corso degli ultimi 18 mesi, ma copre appena il 2,5 per cento del traffico upstream in prima serata.
Amazon ha certamente le risorse per acquistare i migliori spettacoli e film televisivi, che l’aiuteranno a erodere il primato di Netflix, il colosso dello streaming che recentemente ha dichiarato di essersi indebitato per 1 miliardo di dollari per finanziare un'ulteriore espansione internazionale e acquistare più contenuti originali, in aggiunta ai 300 milioni di dollari l’anno che spende per i suoi programmi.
Amazon vuole sfruttare il successo ottenuto con l’assegnazione dei premi Golden Globes di quest’anno alla serie “Transparent”, per migliorare la sua posizione a Hollywood. Jeffrey Tambor, il vincitore del Golden Globes come miglior attore, e Jill Soloway, autore e creatore della fortunata webserie, si sono prodigati in elogi della società di cui fanno parte mentre ritiravano i loro premi, e Tambor è arrivato a definire Amazon “il suo miglior amico”.
Larry Salz, un socio della United Talent Agency che ha venduto “Transparent” ad Amazon, ha detto che l’azienda di Seattle “è stata molto collaborativa e molto aggressiva nella ricerca dei migliori talenti”. Ed è stata disposta a sostenere una ‘personal story’ che inizialmente non sembrava essere quel tipo di serie capace di attrarre un grande pubblico. “Non so se gli altri network abbiano vissuto la stessa esperienza... Amazon offre la libertà di fare spettacoli che non hanno necessariamente la maggiore attrattiva commerciale”.
Questo è conforme alla strategia che ha adottato negli ultimi 15 anni in altri settori, dove alla ricerca del profitto ha anteposto l’efficienza del servizio e la soddisfazione del cliente. Si tratta di una scelta che recentemente ha cominciato ad essere rimessa in discussione da alcuni investitori, col risultato che le azioni di Amazon sono scese di oltre un terzo negli ultimi dodici mesi.
Una delle cause è il suo nuovo smartphone Fire le cui vendite hanno costretto l’azienda ad accollarsi 170 milioni di dollari per i costi di produzione e delle scorte invendute e a ridurre drasticamente il prezzo del telefono da 199 dollari a 99 centesimi. “Questa è stata una facile scusa per risvegliarsi e rendersi conto che non si realizzavano profitti, sostiene McQuivey. “Ma non significa che non vi siano mai stati”.
A Hollywood, la strategia di Bezos “prima il cliente, poi il profitto, verrà adottata per creare un luogo in cui gli artisti vogliono lavorare: da qui l’idea di ingaggiare Woody Allen, i cui film ottengono il plauso della critica, ma raramente sono campioni di incassi. L'accordo con Allen ha procurato ad Amazon il rispetto riluttante di certi ambienti di Hollywood. “Non frutterà soldi, ma darà prestigio”, spiega un dirigente del settore media.
La vicenda del “Wahington Post”
Si può discutere se l’acquisizione del “Washington Post” frutterà soldi a Jeff Bezos, o almeno profitti che faranno la differenza nel suo vasto patrimonio personale, che assomma a 27 miliardi di dollari secondo le stime di “Forbes”. Ma di certo ha rafforzato la sua posizione negli ambienti politici.
Quando ha comprato il giornale, c’era la speranza che egli diventasse un benefattore dell'era di internet. “Possiamo ritornare a un’epoca in cui vi saranno persone con tanti soldi interessate al giornalismo”, come Katharine Weymouth, l'allora editrice, e gli ultimi rampolli della famiglia Graham coinvolti con il “Washington Post”, ha detto Bezos dopo la conclusione dell’accordo.
Ma c’è chi ha insinuato che la sua “vera motivazione potesse essere quella di guadagnare influenza nelle alte sfere di Washington, specialmente nel momento in cui Amazon sta entrando in nuove industrie e deve far fronte a nuove norme fiscali e regolamentazioni pubbliche. E, vista la pressione che Amazon ha esercitato sul settore dell'editoria, molti si sono chiesti come si comporterà Bezos alle prese con la lunga tradizione di un illustre giornale cartaceo.
Dopo aver concluso l'accordo ha cercato di rassicurare i dipendenti che non si sarebbe occupato della gestione quotidiana. Quasi un anno e mezzo dopo, il “Washington Post”, grazie ai soldi di Bezos, ha assunto redattori ed esperti di software per lanciare una gamma di prodotti digitali. Miss Weymouth, il cui bisnonno, Eugene Meyer, acquistò il giornale per 825 mila dollari ad un'asta fallimentare nel 1933, è stata sostituita come editore da Fred Ryan, fondatore e direttore di “Politico”, che è stato lanciato nel 2007 come concorrente digitale del “Washington Post”.
Il traffico online del “Washinton Post” ha fatto un grande balzo in avanti l’anno scorso, e ciò dimostra, secondo i suoi dirigenti, che gli investimenti stanno dando risultati. “Bezos è arrivato qui con idee, curiosità e capitali”, sostiene Marty Baron, direttore esecutivo del giornale. “Adesso siamo in grado di tradurre effettivamente in pratica questi esperimenti digitali”.
I dirigenti e i dipendenti confermano che l’influenza esercitata da Bezos sulla redazione è stata limitata ai nuovi assunti grazie ai suoi investimenti. Maggiore è invece il suo interesse per le questioni economiche, per quelle strategiche e per le consultazioni quotidiane con il principale responsabile tecnologico del giornale, che ha creato una robusta equipe per lo sviluppo del software utilizzato all’interno dell’azienda e che potrebbe ben presto esser venduto anche ad altri editori. Shailesh Prakash, capo del servizio tecnologico del giornale, ha riconosciuto a Bezos il merito di averlo aiutato a reclutare i migliori talenti mentre il vecchio quotidiano aumenta le sue offerte digitali.
L'influenza di Bezos è apparsa evidente anche in una nuova applicazione del giornale, lanciata lo scorso novembre, che ha messo due sue edizioni digitali quotidiane sui tablet Fire di Amazon. E’ stato il primo caso di collaborazione tra le due aziende da quando Bezos ha acquistato il “Washington Post”.
Baron ha definito questo progetto come un tentativo di “ricreare un legame” con la carta stampata nell'era digitale. Alcuni ipotizzano che ulteriori combinazioni potranno derivare dall’acquisizione del giornale da parte di Amazon, con la produzione di più formati digitali e a stampa.
“E’ evidente che Amazon vuole posizionare il ‘Washington Post’ come terzo giornale nazionale [accanto al ‘New York Times’ e al ‘Wall Street Journal’], sostiene McQuivey. “Non è un’impresa impossibile, ma avremmo dovuto vedere all’opera un’unica strategia dei contenuti”.
Alla conquista di Hollywood
Come sembra suggerire la raffica di iniziative su Hollywood, Bezos è alla ricerca spasmodica di contenuti. E sta diventando più aggressivo: al pari di Netflix, sta cercando di esercitare pressione sull’antiquato sistema che dà la precedenza all’uscita dei film nelle sale cinematografiche per un certo periodo. Netflix ha recentemente provocato una protesta fra le case di distribuzione quando ha detto che avrebbe lanciato “Hidden Dragon” (il sequel di “Crouching Tiger”) sul suo servizio streaming il giorno stesso in cui iniziavano le proiezioni nelle sale IMAX ed era parso che anche Bezos volesse seguire questa strada. Può passare anche un anno prima che un film venga diffuso dai servizi di abbonamento video dopo la sua uscita nelle sale cinematografiche, ma Amazon vuole ridurre questo periodo a non più di quattro settimane.
Come minimo - secondo Walter Piecyk, un analista di BTIG Research - la sua nuova attenzione per il video streaming e il prestigio acquisito con l’assegnazione dei premi Golden Globes accelereranno il passaggio dalla tradizionale fruizione televisiva e da quella nelle sale controllate dalle catene di distribuzione cinematografica verso un modello in cui il consumatore ha più potere e più capacità di scelta. “Amazon viene presa oggi più seriamente [nel settore dei video online] e questo contribuirà allo sviluppo dei suoi servizi di streaming, aprendo grandi possibilità di cambiare il modo di distribuzione dei contenuti”.
“Il tradizionale modello economico di Amazon sta prendendo il sopravvento su quelli esistenti e li sta radicalmente cambiando”, aggiunge Piecyk. Per Bezos, il grande innovatore dell’editoria, dei sistemi di lettura e del commercio al dettaglio, le incursioni nel campo cinematografico e in quello dei giornali potrebbero essere soltanto dei passi verso il rinnovamento profondo di altre industrie.
Copyright The Financial Times Limited 2015
(Traduzione di Mario Baccianini)