Lucia in pattini a rotelle. Fra Cristoforo clochard. Don Rodrigo androgino. A teatro spopolano "I promessi sposi". Tra Bravi ed epidemie di peste, sorprendentemente attuale

Questa sera si recita Manzoni

La rivincita di Alessandro Manzoni? Arriva dal teatro. Dopo quasi 150 anni di lettura obbligatoria de I promessi sposi sui banchi di scuola di tutta Italia, perfino Leopardi, con il suo passero solitario e lo sguardo rivolto alla luna, è riuscito a conquistarsi più simpatie di lui. Gli studenti, si sa, lo hanno sempre considerato un autore noioso e difficile. E forse aveva ragione Umberto Eco (che riscrisse La storia de I promessi sposi) a dire che una lettura imposta riesce a rendere odioso perfino un capolavoro. Molto meglio abolirlo per legge, suggerì Matteo Renzi, perché una volta proibito diventerebbe subito affascinante. Oppure, meglio ancora, riscoprirlo a teatro, aggiungiamo noi, anche se portare sul palcoscenico un romanzo storico così denso e corposo può sembrare un azzardo.

Ma nei nostri teatri, si sa, i classici sono sempre andati forte. Pirandello, Shakespeare, Goldoni non mancano mai. Certo, stavolta non parliamo di un'opera teatrale (sebbene Manzoni abbia scritto due tragedie, Il Conte di Carmagnola e l'Adelchi), ma di un classico della letteratura italiana per eccellenza. È per questo che vederlo fra i titoli delle nostre stagioni teatrali può sembrare abbastanza bizzarro, oltre che anacronistico. E invece, altro che scrittore superato.

Manzoni – ci dimostrano gli spettacoli andati in scena nell'ultima stagione- è un autore sorprendentemente attuale, che ci parla di noi e della nostra epoca. Insomma, il nostro romanziere aveva intuito tutto tanto tempo fa e per questo ha creato dei personaggi “universali”. In effetti basta guardarsi attorno, il mondo di oggi è pieno di Azzeccagarbugli, monache di Monza, bravi e giovani in fuga.

Lo ha capito subito Michele Sinisi, per esempio, che nel suo adattamento teatrale de I promessi sposi (scritto con Francesco Maria Asselta e prodotto da Elsinor) non ha avuto dubbi nel mescolare antico e moderno, inserendo continui riferimenti ai giorni nostri. E così si vedono scorrazzare in scena una Lucia in pattini a rotelle, un Fra Cristoforo clochard, un Don Rodrigo androgino, dei bravi che sembrano usciti da un set di Gomorra… E poi ci sono tutti quei volti di immigrati e la paura di non riuscire a superare il senso di inquietudine che accompagna le nostre vite, né di capire davvero il significato della convivenza.
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Ma le riletture del Manzoni non sono di certo una novità. Su di lui hanno riflettuto e scritto anche i grandi autori del Novecento, da Leonardo Sciascia a Giovanni Testori, fino ai più recenti saggi di Salvatore Silvano Nigro. Proprio dai testi di Giovanni Testori nascono due nuove produzioni del Teatro Franco Parenti di Milano. Il primo spettacolo ad aver debuttato è La monaca di Monza, con Federica Fracassi (più volte interprete dei personaggi femminili di Testori) e regia di Valter Malosti, che ha dato voce alle confessioni di Marianna de Leyva, ripercorrendo, da morta, tutte le sue vicende a partire dalla nascita. Il secondo è I promessi sposi alla prova, con Luca Lazzareschi e Laura Marinoni e la regia di Andrée Ruth Shammah, che affrontò questo testo già nel 1984 (allora recitava Franco Parenti) e con il quale è tornata a confrontarsi per sviscerarlo nel tentativo di dare una risposta ai tanti dubbi sollevati dal romanzo.

«In certi momenti alcuni testi sembrano necessari – spiega la regista. Rileggendo Manzoni e Testori sento che c'è un forte bisogno di valori come la solidarietà o la fratellanza. Io credo che non esistano buoni o cattivi, ma che dentro l'uomo ci siano tanti sentimenti. Questa capacità dell'Innominato di riuscire a scavare nel marcio di ognuno è esattamente quello che sta accadendo nella nostra epoca: la paura tira fuori il peggio di noi. Da questo punto di vista credo che il discorso di fine anno del presidente Mattarella sia stato importante, dal suo richiamo all'Europa al bisogno di sentirsi una comunità». Testori, aggiunge, «ha accolto, tradito e tradotto Manzoni in una nuova forma che rende contemporanee e facilmente comunicabili verità antiche di cui abbiamo di nuovo bisogno».

Al Teatro Niccolini di Firenze, invece, il romanzo manzoniano si è fatto in quattro. Ovvero quattro episodi per raccontare gli italiani di ieri e oggi nella riduzione teatrale di Simone Faloppa, con gli attori della compagnia i Nuovi pronti a ripercorrere le vicissitudini di Renzo e Lucia. Ma c'è anche chi preferisce riderci su. E allora si affronta il Manzoni per rendere un po' più simpatico un autore spesso stereotipato. Ne I promessi sposi on air di Emiliano Poddi, regia di Carlo Roncaglia, i personaggi nati dalla penna del Manzoni si confrontano con il loro stesso ideatore. E così davanti a lui sfilano Lucia, Agnese, la monaca di Monza, Don Rodrigo. Ognuno, ovviamente, con le proprie lamentele.

Nella versione di Maurizio Colombi, Gli Sposi Promessi show, il romanzo storico diventa perfino musical, un carosello umoristico che ripercorre le tappe principali del classico ottocentesco andato in scena di recente al Brancaccio di Roma. A farne la parodia, d'altra parte, ci aveva già pensato nel 1990 il trio Lopez-Marchesini-Solenghi in un famoso sceneggiato televisivo, che a sua volta ironizzava su due miniserie precedenti, una andata in onda negli anni Sassanta con la regia di Sandro Bolchi, l'altra a fine anni Ottanta con la regia di Salvatore Nocita.

Con Renzo e Lucia, insomma, ci si può anche divertire. Ma se approfondiamo le ragioni di questo boom manzoniano a teatro, in realtà, non è che ci sia molto da ridere... «Ne I Promessi sposi non c'è solo il racconto degli umili, ma anche e sopratutto una pressione sociale continua, una violenza mascherata e una negatività dei rapporti che richiamano molto il clima incattivito che viviamo noi oggi», spiega Giulio Ferroni, critico letterario e storico delle Letteratura italiana. «C'è una irrazionalità diffusa nei rapporti, allora come oggi, c'è una società senza coscienza e all'orizzonte un mondo globalizzato molto pericoloso».

La storia si ripete, insomma, e il teatro che da sempre vigilia sulla nostra polis, non poteva non dire la sua per provare a smuovere le coscienze. Ma chi sono i bravi di oggi? «Il bravaccio supremo è senza dubbio Salvini – risponde Ferroni sorridendo – I bravi sono tutti quelli che oggi detengono il potere... ovviamente ci sono tante sfumature, ma senza dubbio sono coloro che comandano. Fra questi c'è anche chi pensa solo all'immediato, come Fra Cristoforo...». E Don Abbondio? «È dappertutto. Sono quegli italiani che non vogliono avere fastidi e il fastidio più grande per loro è l'immigrazione. Il Don Abbondio moderno, quindi, è il piccolo italiano che non vuole rinunciare alle proprie sicurezze. Ne I promessi sposi lui sa che Renzo e Lucia avrebbero diritto a sposarsi, ma quel matrimonio viene vissuto come un fastidio, così come lo sono gli immigrati per molti nel nostro Paese».
In fondo, spiega Ferroni, quello manzoniano è un romanzo antropologico in cui è possibile riconoscere tanti “tipi” italiani. «L'atteggiamento della monaca di Monza, per esempio, è lo stesso comportamento ipocrita di chi non si preoccupa delle cose e lascia che tutto precipiti implacabilmente. Gertrude, con le sue contraddizioni, è pronta a tradire, in maniera irrazionale... come irrazionali sono i rapporti tra le persone oggi».

Ma nel romanzo di Manzoni ci sono anche situazioni di emergenza, fatti storici documentati e raccontati, come la peste che colpì Milano nel 1630.

«Anche noi oggi abbiamo le nostre emergenze - dall'equilibrio ambientale all'immigrazione - che incombono su ciascuno di noi. Donald Trump e Jair Bolsonaro sono i grandi untori che tutto vogliono sfasciare. La normalità del nostro vivere è minacciata e la peste ha come effetto immediato proprio la sospensione di questa normalità», conclude Ferroni. La peste come apocalisse, insomma, e come metafora del male (la pensava così Albert Camus, che nel 1947 scrisse La peste). Ma ne I Promessi sposi l'epidemia spazza via i cattivi salvando i buoni, mentre il nostro finale è ancora tutto da scrivere. E non è detto che sarà un lieto fine.  

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