«Chi siete? Da dove venite? Cosa portate? Dove andate? Un fiorino!». Senza appello, facile facile. Succedeva nel 1400 quasi 1500 di Benigni e Troisi, si ripete implacabile nella tv del terzo millennio. Solo che anziché pagare pegno alla dogana si deve parlare di Covid-19. Per forza. Non c’è scampo. E pazienza se non si ha la più pallida idea di quel che sta uscendo dalle bocche degli ospiti, che il messaggio che dovrebbe portare frustuli di chiarezza si disperda con agio e che l’argomento venga trattato con la stessa austerità dei commenti sulle performance amorose di Al Bano.
Il virus e le parole sul virus ormai hanno la stessa terrificante prepotenza invasiva. Così accade che “Domenica in”, contenitore dominato da Mara Venier da tempo immemore, non voglia essere da meno. E arrotoli come un gomitolo varianti, booster, richiami, tutto a caso, con aria contrita ma al tempo stesso col sottile incalzare tipico di chi vuole togliersi l’accollo per passare ad altro quanto prima.
Innanzitutto la padrona di casa mette le mani avanti: «Abbiamo bisogno di capire qualcosa di più», «Un tema così delicato dobbiamo spiegarlo molto bene», «Se non parli in modo che capisca anche mia zia allora non va bene», e mentre la zia in questione resta lì con l’accusa di essere un’analfabeta funzionale si va via di questo passo, con qualche fugace deviazione sul successo del programma per cui «è molto importante che questo pubblico che ci segue e sono tantissimi e io li ringrazio quindi dobbiamo dare delle indicazioni precise». Chiaro no? E si passa la parola a Nino D’Angelo.
Ora, sfuggono una serie di passaggi chiarificatori, però nel placido studio tra una Orietta Berti e un Paolo Pretelli sbucano anche Sileri, o meglio Pierpaolo che siamo amici, Bassetti, anzi Matteo, caro Matteo noi siamo amici, Botteri in collegamento, cara Giovanna che noi siamo amiche e tu pensa la stranezza che ti sei ammalata in Francia e non in Cina. Appena ci si discosta un filo dai legami interpersonali la testa gira, che la zia fa fatica. Non dite vigile attesa che non si capisce, non parlate di tachipirina o aspirina, che l’argomento è spinoso. E poi spuntano delle fantomatiche cure a base di anticorpi «molecolari», si buttano lì un po’ di cifre e consigli, gli esperti si contraddicono ma Mara interviene prontamente per virare il virologo: «Le farmacie sono piene di bambini. Ma prima di passare ai bambini, tu Nino hai scritto una canzone meravigliosa».
Se Dio vuole lo strazio finisce quasi più in fretta delle elezioni al Colle. Per fortuna costa poco: solo un fiorino.