Attualità
24 luglio, 2013

La speculazione in nome del golf

A Bosa, in uno  dei litorali più selvaggi e incontaminati della Sardegna, è in atto un progetto immobiliare da oltre 250 mila metri cubi di cemento. Grazie a una legge regionale sui campi a 18 buche che abbatte i vincoli ambientali

La parola d'ordine è sempre la stessa, accattivante ma ingannevole: sviluppare il turismo, unica economia possibile per la Sardegna. E poco importa se il turismo lo si declina come colate di cemento sulle coste. C'è poi il grimaldello per aggirare le leggi di tutela ambientale e paesaggistica: il golf. Sì, perché la giunta regionale guidata dal berlusconiano Ugo Cappellacci nel 2011 ha varato una leggina (la numero 19 del 21 settembre) che riconosce al golf un valore strategico nello sviluppo dell'economia sarda, consentendo così a progetti immobiliari presentati come “pertinenze” dei green, di attraversare le maglie del Piano regionale paesaggistico voluto dall'ex governatore Renato Soru.

Questa è la premessa necessaria per capire cosa stia accadendo a nord di Bosa, cittadina medievale, un tempo feudo della famiglia Malaspina: la società Condotte Immobiliare, interamente controllata dalla holding Ferfina, ha progettato un incubo di cemento da 250 mila metri cubi da rovesciare su 330 ettari di uno dei litorali più selvaggi e incontaminati della Sardegna occidentale. Un terzo di questo gigantesco investimento dovrebbe svilupparsi in una zona chiamata Tentizzos, un tratto di costa di selvaggia bellezza, coperto dalla macchia mediterranea e dominato dagli aspri contrafforti di montagne di basalto bruno dove nidifica una delle ultime colonie di grifoni, i giganteschi avvoltoi che hanno ispirato miti e leggende.

Il golf, dunque, a mo' di cavallo di Troia, abbatterebbe i vincoli ambientali del Piano paesaggistico e consentirebbe lo sviluppo del vero business, cioè quello rappresentato da hotel a quattro e cinque stelle, ville e condomini di lusso, centri benessere e centri congressi. Ufficialmente le “pertinenze” del green a 18 buche. Tentizzos è comunque solo una parte dell'operazione che Condotte Immobiliare spa ha pianificato, chiamandola “Bosa Colores”.

Complessivamente sono previsti circa 33 mila metri cubi di edilizia residenziale e 210 mila metri cubi di strutture turistico-ricettive da spalmare, oltre che a Tentizzos, nelle zone di Sa Miniera, Campu 'e mare e Sa Sea per un investimento totale di 170 milioni di euro.

La Condotte ha avviato con discrezione sondaggi per cercare partner nell'operazione Bosa Colores. Contatti sarebbero stati già presi con società inglesi, americane (interessate soprattutto al golf) e italiane. E secondo alcuni rumors sarebbero in uno stato avanzato le trattative con un colosso cinese del Real estate. Il manager director di Condotte Immobiliare, Giuseppe Vadalà, in una serie di incontri con amministratori e imprenditori di Bosa, è stato molto prudente e non ha confermato le indiscrezioni. Ma non le ha neppure smentite. Si limita a dire: «Abbiamo parlato anche con investitori cinesi, ma al momento non posso dire che abbiamo partner cinesi. Non escludo un loro interessamento visto che sono molto attenti agli investimenti turistici in Italia e hanno una conoscenza molto positiva della Sardegna».

Ma se le sirene della Condotte Immobiliare riescono a sedurre amministratori e ambienti in questo lembo di Sardegna povero e di antiche tradizioni contadine (qui si produce la Malvasia di Bosa, considerato uno dei migliori vini del mondo), sta crescendo un fronte anticemento molto determinato e documentato. A Bosa e in Planargia sono nati comitati spontanei, sono stati aperti blog che già registrano centinaia di commenti, sono state avviate raccolte di firme. Proprio sulla spinta di questo pezzo di società civile due parlamentari di peso, Luigi Zanda e Luigi Manconi, hanno presentato il 21 maggio scorso un'interrogazione al ministro dell'Ambiente chiedendo chiarimenti sull'investimento della società Condotte.

Ma questo movimento “anticemento” ha fatto resuscitare anche polemiche che sembravano ormai sopite. Quelle che per anni hanno accompagnato l'investimento immobiliare sulle dune boscate di Is Arenas, una cinquantina di chilometri a sud di Bosa.

Anche qui, al centro dell'operazione, un campo di golf: oscuri investitori, nascosti dietro società svizzere, olandesi e delle Antille, riuscirono a superare perfino le norme europee che proteggevano la zona, inclusa da Bruxelles tra i Sic (siti di interesse comunitario). Tanto che l'Italia venne sottoposta a due procedimenti d'infrazione. Il primo per aver consentito di costruire all'interno di un'area protetta e il secondo perché l'allora ministro dell'Ambiente, Altero Matteoli, aveva chiesto la cancellazione del Sic di Is Arenas perché l'attività edilizia della società proprietaria delle dune boscate aveva “impoverito” la qualità ambientale dell'area. Era la surreale ammissione del governo di non aver esercitato il controllo imposto dalle direttive Ue, premessa per chiedere la revoca del procedimento di infrazione.

E così, mentre l'emiro del Qatar compra la Costa Smeralda presentando nuovi investimenti immobiliari, e la Condotte spa prepara colate di cemento su Bosa, il presidente della Regione Cappellacci ha cominciato la sua lunga campagna elettorale, facendo del ridisegno del Piano paesaggistico regionale uno dei suoi cavalli di battaglia. E per gli ambientalisti è tornato l'incubo di un processo di “riminizzazione” delle coste sarde

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