Che l'Italia dovesse risanare le sue finanze pubbliche e recuperare credibilità internazionale dopo Berlusconi era una cosa evidente. Purtroppo abbiamo dovuto farlo nel mezzo di una crisi dell'euro che poteva essere evitata: qualcuno ne porta la responsabilità. Non si tratta di mandare i colpevoli di fronte al Tribunale dell'Aia, anche se il numero di vittime in termini di lavoro e imprese già oggi è molto elevato. Ma bisognerà comprendere perché è stato possibile un simile disastro, non fosse altro per evitare che in futuro si ripeta.
L'EUROPA DELL'EURO è in piena recessione dalla fine dell'anno passato. Alcuni paesi (Grecia, Portogallo, Italia, Spagna, Irlanda) sono stati attaccati dalla speculazione e hanno dovuto adottare misure così drastiche da provocare una crisi profonda. Ovunque è salita la disoccupazione e si sono prodotte rivolte sociali. Anche i paesi che stanno relativamente meglio ora accusano perdite di reddito e di lavoro. La crisi impedisce il risanamento dei conti pubblici proprio nei paesi che hanno adottato le misure più drastiche. È un paradosso noto in economia, ma che i governi europei fingono di ignorare: la caduta del reddito e dell'occupazione fa scendere anche le tasse pagate allo Stato e aumenta le spese di sostegno sociale, peggiorando i conti pubblici.
Perché tutto questo? La storia è iniziata quando l'Europa, guidata da Merkel e Sarkozy, più di un anno fa si oppose al salvataggio della Grecia, attaccata dalla speculazione. Si disse che i greci avevano imbrogliato i conti e dovevano pagare un prezzo, assieme alle banche che avevano prestato loro i soldi. Che avessero imbrogliato è certo, ma alla fine a pagare siamo stati tutti noi. Invece di acquistare gran parte del debito greco per sottrarlo alla speculazione (cosa possibile dato che era attorno ai 350 miliardi di euro) e imporre alla Grecia una politica di risanamento credibile, è stata inventata una svalutazione "volontaria" del debito greco detenuto dalle banche e sono stati concessi alla Grecia prestiti a tassi elevati con termini stretti per il risanamento. Di fatto è stata data ragione al mercato che scontava una svalutazione del debito greco del 50 per cento. E il mercato, avuta ragione, ha rivolto le sue interessate attenzioni al debito pubblico del Portogallo, della Spagna, dell'Italia e financo della Francia. La storia della Grecia si è così ripetuta per questi paesi, con un'amplificazione dei riflessi recessivi di cui oggi vediamo i danni.
Solo nel corso dell'estate, grazie alla tenacia di Mario Draghi, si è convenuto che la Bce sarebbe intervenuta a sostegno dei debiti sovrani per tenere bassi i tassi di interesse. Non ci voleva molto a capire che questa era la via da seguire. Infatti altre banche centrali (Usa, Giappone, Regno Unito) hanno costantemente operato sul mercato acquistando titoli pubblici del proprio paese e impedendo alla speculazione di far alzare i tassi di interesse. Mentre i liberisti di casa nostra propugnaavano riforme lacrime e sangue come unica soluzione per contenere lo spread! Stati Uniti e Giappone hanno debiti pubblici superiori in valore assoluto (ma anche rispetto al Pil) di quelli della Grecia e dell'Italia: non sono quindi i debiti elevati ad attirare la speculazione, ma l'assenza di una banca centrale che intervenga prontamente. Oggi aspettiamo ancora che Draghi mantenga la sua promessa di intervento.
Una volta che la diga dell'Europa è stata rotta con la pseudo-bancarotta greca (un errore analogo a quello commesso nel 2008 dagli Usa, quando fecero fallire Lehman Brothers), per i paesi sotto attacco della speculazione non ci sono state alternative, se non quella di varare piani drastici di risanamento. In Italia il governo Monti è stato abile nell'approntare un piano credibile di risanamento a effetto immediato. Ma ciò non ha impedito che la recessione, già iniziata nell'estate del 2011, si aggravasse rendendo arduo il raggiungere quegli stessi obiettivi di risanamento che ci eravamo proposti.
È TEMPO CHE L'EUROPA CAMBI politica. Non abbandonando le misure di risanamento per i paesi in squilibrio fondamentale. Ma favorendo un abbassamento dei tassi di interesse e un loro riavvicinamento fra i paesi dell'Eurozona, che oggi sono separati da barriere finanziarie. Così il necessario risanamento fiscale sarà facilitato e l'Europa potrà uscire da una recessione dannosa e anche inutile, perché creata non da condizioni oggettive, ma da insipienza e da posizioni ideologiche astratte che hanno generato una colpevole assenza di politica europea.
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