Cosa succede a chi non può lavorare, a chi si rivolgono le misure del governo, chi resta fuori. Domande e risposte con Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil
Il governo ha intenzione di destinare non meno di due miliardi di euro alla cassa integrazione in deroga. Ma cos'è esattamente questo ammortizzatore sociale e chi ne ha diritto? Quali sono gli altri strumenti di sostegno al reddito a disposizione delle altre aziende e delle persone con un lavoro fisso? L'Espresso lo ha chiesto a Tania Scacchetti, segretaria Confederale della Cgil con delega agli ammortizzatori sociali, che sta dialogando con il Governo per attivare i nuovi paracadute economici e ci aiuta a capire come e in che misura quei soldi potranno finire nelle tasche degli italiani, consentendo loro di coprire le spese correnti.
Cos'è la cassa integrazione in deroga?«È uno strumento creato ad hoc nel 2008 per far fronte alla grande crisi e che è stato rifinanziato di anno in anno in base all'esigenza delle aziende in difficoltà. Infatti, fino a quel momento, esistevano solo i tipici ammortizzatori sociali, cioè la cassa integrazione ordinaria e quella straordinaria, che sono due fondi Inps finanziati dalle aziende con più di 15 dipendenti e utilizzabili solo da queste ultime. Poi c'erano due grandi fondi: quello degli artigiani e quello dei lavoratori somministrati. Per tutti gli altri non c'era nulla. Era dunque necessario attivare un nuovo strumento per quelle piccole e piccolissime imprese, con meno di 15 dipendenti, che risultavano totalmente scoperte da ogni sostegno. Successivamente, con l'introduzione del Jobs Act le cose sono un po' cambiate. Con i decreti attuativi del 2018 sono stati introdotti i Fondi di integrazione salariale, i Fis, che di fatto rappresentano un terzo contenitore, custodito sempre nelle casse dell'Inps, che serve a coprire le aziende con almeno cinque dipendenti. Dunque, in questo momento per tutti gli altri verrà attivata la nuova cassa integrazione in deroga, che sarà accesa con il decreto ministeriale del prossimo 13 marzo».
Quindi utilizzando la cassa integrazione ordinaria, i Fis e la cassa integrazione in deroga sarà possibile dare una risposta a tutti i lavoratori italiani che in queste settimane non stanno lavorando?«No. Ci sono delle fasce deboli, come le partite Iva, gli intermittenti, i lavoratori a chiamata e i collaboratori che restano esclusi dalla cassa integrazione e a loro consigliamo di rivolgersi ai patronati e ai sindacati, che hanno sportelli specifici per i lavoratori atipici, oppure ai propri ordini di categoria per valutare l'attivazione di sistemi di sostegno al reddito. Speriamo, tuttavia, che questa emergenza favorisca la creazione di un ammortizzatore sociale universale. Il coronavirus ha messo in evidenza il nervo scoperto del sistema del lavoro italiano: avere tanti strumenti differenziati e non omogenei di sostegno al salario complica la situazione e non è attuabile in un sistema economico frammentato come quello in cui viviamo. Detto altrimenti, il lavoratore atipico (che di questi tempi non è più un eccezione) di fronte a una crisi di sistema deve avere lo stesso diritto ad una copertura minima di un lavoratore dipendente».
Nel primo decreto contro il Coronavirus, che risale al 28 febbraio, era prevista un'indennità di circa 500 euro per massimo tre mesi per collaboratori, autonomi e professionisti delle zone rosse del lodigiano. Verrà esteso?«Bisogna trovare il modo per ampliare questo provvedimento all'intera nazione. A tal proposito si potrebbe pensare a interventi diretti (cioè di sostegno al reddito) e indiretti, come la copertura contributiva all'Inps, la dilazione delle tasse, altre forme di agevolazione».
Complessivamente, quanti lavoratori dovranno far ricorso a un aiuto salariale nel mese di marzo?«È difficilissimo dirlo. In queste ore i sindacalisti di tutto il territorio stanno firmando decine di migliaia di accordi con le aziende per l'accesso ai Fis e alla cassa ordinaria. A spanne potremmo dire circa due milioni di lavoratori, considerando solo i settori più a rischio. Nello specifico, il business più colpito è il turismo, con 1,2 milioni di addetti, più 400mila stagionali. Le persone coinvolte, secondo i responsabili di categoria, sono il 70 per cento degli occupati del turismo. C'è poi da considerare metà degli stagionali che, di norma, inizia la stagione proprio a marzo. Altri 700mila sono i lavoratori del terziario, le commesse e i responsabili dei negozi che hanno visto crollare il loro business: sono coinvolti un terzo dei 2 milioni di addetti del commercio. Altri 120 mila sono gli addetti dei trasporti, dalle hostess di volo al personale di terra, che nell'80 per cento dei casi non sta lavorando. Più i 250mila lavoratori del mondo dello spettacolo, che è stato paralizzato dalla chiusura di musei, teatri, cinema, ma anche centri ricreativi, palestre, piscine e via dicendo. Restano da considerare i lavoratori delle scuole private, gli addetti alle mense delle scuole, tutti i dipendenti delle piccole cooperative di servizi, assistenza sociale ed educativa, le partite iva e gli atipici».
In quanto tempo i lavoratori potranno ricevere i soldi della cassa integrazione, che di norma si aggira attorno all'80 per cento del normale stipendio?«Questo è un punto che merita un approfondimento. La cassa integrazione viene erogata dall'Inps. Normalmente potrebbero volerci mesi prima dell'effettivo accredito, perché l'istituto ha l'obbligo di verificare una serie di parametri prima di dare il via libera. Abbiamo chiesto che, in via eccezionale, questi controlli siano velocizzati per far arrivare i soldi sui conti correnti degli italiani in poche settimane. Anche per l'attivazione della cassa integrazione in deroga ci sono alcune procedure da attivare: l'azienda deve segnalarlo alle organizzazioni sindacali, cui segue una consultazione territoriale per l'avvio. A tal proposito, il governo vorrebbe eliminare ogni procedura per un'attivazione immediata, mentre il sindacato pensa che sarebbe meglio mantenere una – seppur minima – procedura di avvio, se non altro per scongiurare un boom di richieste preventive. Perché è chiaro che in questo momento tutti gli imprenditori, anche quelli che stanno lavorando, sono spaventati e vorrebbero accendere a un ammortizzatore sociale: ma la priorità va a chi si trova già in una situazione di necessità. Per quanto riguarda le tempistiche: in passato i soldi della cassa integrazione in deroga venivano depositati nelle tasche dei lavoratori dopo qualche settimana o svariati mesi, molto dipendeva dalla celerità degli enti regionali preposti».
Infatti, in tanti casi, erano gli imprenditori ad anticipare i soldi della cassa integrazione in deroga ai dipendenti. Stavolta potrebbe andare diversamente, perché le piccole aziende non hanno liquidità. Ci sono soluzioni sul tavolo?«È uno degli argomenti che abbiamo sottoposto al Governo. Speriamo prendano in considerazione un sistema più snello del precedente per iniettare liquidità nelle tasche delle famiglie colpite da questa crisi, che è diversa da tutte le altre».
I fondi della cassa integrazione ordinaria e quelli del Fis sono abbastanza strutturati per tenere botta in questo momento così drammatico?«Il Fondo di integrazione salariale ha un margine di quasi due miliardi e ha una capacità immediata di quasi un miliardo di euro. La cassa integrazione ordinaria ha una liquidità di svariate migliaia di euro, più una grandissima capitalizzazione. Siamo convinti che il sistema degli ammortizzatori sociali abbia la possibilità di far fronte alle richieste che verranno dalle aziende che vi aderiscono. Più preoccupante, invece, la situazione per le partite iva e gli atipici: è lì che bisogna fare molta attenzione e dove il sindacato ha intenzione di accendere un faro».