Questa settimana anche il valico del Brennero è stato messo ko da un incidente ferroviario. L'ennesimo stop, dopo quelli di Frejus e Gottardo, che stanno mettendo in difficoltà le esportazioni. Bisognerebbe fare rete con gli altri Paesi, ma il ministro ha altre priorità

Dopo un'estate nera per i valichi stradali e ferroviari transalpini, anche l'autunno si preannuncia tempestoso. Lo scorso 26 settembre un treno merci, all’interno della stazione di Bolzano, ha deragliato causando grossi disagi alla circolazione ferroviaria in tutta la provincia, e non solo. Da lì infatti passa una delle arterie principali del trasporto merci verso l'Europa Centrale: di conseguenza, non sono mancate ripercussioni su tutta la linea internazionale del Brennero, con ritardi di parecchie ore per tutti i convogli da e per Verona e il Brennero. E pensare che meno di quarantotto ore prima - il 24 settembre - la compagnia ferroviaria svizzera aveva finalmente fatto sapere che sono «terminate le complesse operazioni di sgombero e di recupero» di tutto il materiale lasciato dal deragliamento del treno merci avvenuto il 10 agosto nel nuovo tunnel del Gottardo: trenta carri merci sono stati estratti dal tunnel.

 

Le operazioni sul fronte svizzero non sono però terminate - ora inizia infatti la fase di l’analisi dei danni e le operazioni di ripristino, che dureranno mesi -, ma almeno, dopo un periodo di chiusura totale, ora la galleria è aperta ai treni merci su un solo binario della canna est, che consente un lento passaggio di circa 90 treni al giorno, più un'altra decina sulla vecchia linea, dove passano pure i treni passeggeri. Non va meglio al traforo del Frejus, dove una frana caduta il 28 agosto su una strada statale in Savoia, in Francia, appena al di là del confine con l'Italia, ha portato alla chiusura temporanea del traforo. Ciò ha fatto slittare l'avvio dei lunghi lavori di manutenzione del tunnel del Monte Bianco.

 

Se i valichi alpini sono strategici per l'economia italiana, come afferma Confindustria - sostenendo che il 60 per cento di tutto l'import/export italiano transita proprio da lì, di cui il 34 per cento viaggia su ferroviaria e attraversa i corridoi transalpini che collegano l'Italia al resto d'Europa passando per Germania, Francia, Svizzera ed Austria - il funzionamento a singhiozzo dei collegamenti fondamentali con i nostri principali mercati di esportazione rischia di tagliare il nostro export e di avvantaggiare altri paesi. Tutto vero, ma chi deve pensare alla gestione delle vie terrestri transalpine? Il Ministro dei Trasporti. Ma tutto ciò che riesce a fare è proporre il raddoppio del traforo del Monte Bianco e promettere soldi per il ponte sullo Stretto di Messina.

 

Il mantra del ministro Matteo Salvini è il seguente: costruiamo nuove infrastrutture e raddoppiamo quelle esistenti. Tutto questo mentre il Governo austriaco limita la circolazione notturna dei Tir in Tirolo per ridurre l'inquinamento atmosferico e il rumore. Una scelta che il ministro ha deciso di denunciare davanti (con nessuna prospettiva) alla Corte di Giustizia Europea. 

 

Soluzioni alternative? Anziché pensare solo a nuove infrastrutture, il ministro dovrebbe portare a sistema i valichi transalpini, specializzandoli per tipologia di merci e per direzione di traffico, dentro una sola regia europea di gestione e regolazione. Parole sconosciute al Ministero dei Trasporti, nonostante Svizzera ed Austria siano già su questa linea e Slovenia e Francia ci stiano lavorando. L'Europa, del resto, dovrebbe servire anche a questo, non solo a scaricare colpe, tipo quella di «volerci rubare sovranità».