Dal protezionismo commerciale al Patto atlantico, il nuovo presidente detta un altro canone occidentale

Questa è l’America, bellezza! E “lui è tornato!”, come titola la nostra copertina. In un contesto globale segnato da guerre, paure e incertezze, la maggioranza degli americani ha nuovamente riposto la fiducia in Donald Trump anche perché lui, abilissimo comunicatore e venditore, ha saputo intercettare il malessere che da anni tormenta la società americana, compiendo il miracolo di farsi votare sia dai ricchissimi sia dai diseredati. A tutti ha promesso condizioni di vita migliori, prospettando una rinascita economica e sociale che ha convinto tanto i benestanti quanto gli emarginati in difficoltà.

Anche questa volta i sondaggi che per settimane hanno dato i due candidati Donald Trump e Kamala Harris testa a testa, hanno fallito. Alla fine la vittoria si è rivelata schiacciante e in più Trump potrà contare sul sostegno della  maggioranza sia al Congresso sia al Senato, risultato che gli consentirà di mettere in atto le sue promesse senza troppi freni.

Ma come ha fatto Trump a rendere la sua narrazione così affascinante? È apparso come un leader potente, capace di galvanizzare, mentre l'altra candidata, Kamala Harris, ha presentato una proposta politica che, pur essendo attenta ai diritti civili e alla giustizia sociale, probabilmente non ha saputo connettersi con il sentimento di cambiamento che gli elettori chiedevano.

Come giustamente evidenzia il nostro inviato Riccardo Romani, Trump è certamente riuscito a rivitalizzare un sogno, ma la grande incognita ora è se potrà mantenere le promesse, in particolare per quanto riguarda la deportazione di massa degli immigrati, un tema sul quale ha infervorato il proprio elettorato senza una chiara strategia di attuazione.

Queste elezioni hanno, in effetti, funzionato come un referendum su di lui che certamente non incarna una semplice proposta politica, ma anche una cultura che rifiuta una serie di cambiamenti sociali, il Green Deal e la difesa dei diritti civili, in un periodo in cui questi temi sono più che mai attuali.

Inoltre non possiamo non interrogarci su quanto possa essere rassicurante un Presidente che nel 2021 ha fatto un mezzo colpo di Stato, minacciando le fondamenta stesse della democrazia americana.

A livello internazionale, la vittoria di Trump si presta poi a una serie di riflessioni che vanno dal destino della guerra in Ucraina, per la quale ha promesso un disimpegno, alla prospettiva di un aumento dei dazi sulle importazioni, non solo per le merci cinesi ma anche per i prodotti europei. Questa sorta di nuovo protezionismo  imporrà a tutti noi una seria riconsiderazione sul futuro dei rapporti economici e commerciali fra gli Stati Uniti e il nostro Continente.

Mentre ci addentriamo in questo ritorno dell’era trumpiana, non sottovalutiamo infine il fatto che l'America ha fatto una scelta audace e non dimentichiamo che durante il suo precedente mandato Trump ha ripetutamente criticato l’Alleanza Atlantica, definendola «obsoleta» e minacciando il ritiro degli Stati Uniti, se gli altri membri non avessero aumentato la loro spesa per la difesa. Se questa linea verrà confermata si dovrà avviare una profonda riflessione sulle strategie di difesa dell’Unione Europea che a questo punto dovrà scegliere se costruire una propria autonomia o allinearsi ai voleri di Trump.