È il simbolo di tutti i bambini palestinesi, libanesi, israeliani, ucraini e di tutti i Paesi in guerra

Si chiama Ivana, ha due anni e pesa solo 8 chilogrammi. È rimasta gravemente ustionata durante un bombardamento israeliano che ha incendiato e distrutto la sua casa in una cittadina nei pressi di Tiro. Ora, come raccontiamo nell’articolo con cui apriamo il nostro giornale, si trova in un ospedale per grandi ustionati a Beirut accudita dalla mamma che la chiama affettuosamente Sama. Abbiamo scelto questa bimba libanese, vittima di uno dei troppi conflitti che hanno funestato il 2024, come persona dell’anno, perché simbolo di tutti gli altri bambini palestinesi, libanesi, israeliani, ucraini e di tutti i Paesi dove si combatte una guerra. Sono 52 i Paesi che vivono situazioni di conflitto armato. Si tratta di guerre sempre più gravi e cruente. Impressionante il numero dei morti: 170.700, secondo un rapporto della Caritas di questi giorni. Fra loro il dato tragico riguarda il numero di minori uccisi o menomati: 11.649 nel 2023, (ultimo dato disponibile), con un aumento del 35 per cento rispetto all’anno precedente. Sono bambini colpiti nelle loro case, nei loro letti, sui loro banchi di scuola, a volte negli ospedali o in un parco giochi, giovani vittime che lasciano nel dolore e nella disperazione le loro famiglie. Sono poi milioni i minori che continuano ad avere vite sconvolte a causa degli attacchi in corso. 

 

L’Espresso ha documentato sempre con testimonianze e immagini questa strage di innocenti. Abbiamo denunciato gli attacchi intensi dell’esercito israeliano a Gaza, che, con l’obiettivo di scovare e annientare i capi di Hamas, hanno provocato la morte di migliaia di bimbi palestinesi che, quando non sono morti, hanno riportato gravi mutilazioni. Lo stesso abbiamo fatto per i bimbi feriti o uccisi dall’escalation della guerra in Ucraina, almeno 2.406 in circa mille giorni di conflitto, secondo le ultime notizie verificate. «Il peso sui bambini è sconcertante e inaccettabile – ha dichiarato Catherine Russell, Direttrice generale dell’Unicef – le migliaia di minori uccisi hanno lasciato famiglie devastate dalla perdita delle loro giovani vite o segnate duramente dalle loro ferite». I dati recentemente diffusi da Save the Children sui bambini uccisi dalla guerra sono allarmanti e non lasciano dubbi: il mondo sta diventando sempre più pericoloso per i più piccoli. Ed è paradossale che mentre negli ultimi anni, a livello globale, abbiamo assistito a vari progressi in materia di diritti e protezione dei minori, nei Paesi in guerra invece la situazione sta drasticamente peggiorando.

 

Quasi un bambino su cinque vive in un Paese in conflitto, pari a 473 milioni. In media 31 minori al giorno vengono uccisi o mutilati. E questi non sono solo numeri citati in un rapporto, sono storie di vite spezzate, sogni infranti. Le immagini di volti segnati dalla paura e dal dolore di bambini feriti e traumatizzati, non possono lasciare indifferenti e invece le risoluzioni dell’Onu restano spesso lettera morta mentre la volontà politica di stabilire una tregua o di iniziare un processo di pace quasi sempre tarda a tradursi in azioni concrete. Dovrebbe essere impegno primario per tutti noi proteggere i diritti dei minori, promuovere la pace e garantire che nessun altro bambino debba subire il peso devastante della guerra. E allora facciamo in modo che il 2025 sia l’anno in cui non solo parliamo di pace, ma la realizziamo.