Dalle passerelle di Madrid e Barcellona al low cost, il Made in Spain alza la testa e affila le armi per competere con i giganti della moda internazionale. In un libro i nomi più interessanti

Non solo movida, paella ed espadrillas. Oltre al flamenco c'è di più come sottolinea un volume fotografico figlio del patriottismo spagnolo nel pianeta fashion. Si chiama non a caso Geografia de la moda española il volume che celebra i fasti di 25 anni di moda iberica, fortemente voluto da Modesto Lomba, al timone della Camera della moda della patria di Mirò.

Per l'occasione ecco schierati tutti insieme appassionatamente e a testa alta, in un sontuoso affresco coordinato da Juan Gatti, direttore artistico del book, 28 stilisti considerati le punte di diamante dell'esuberante gusto made in Spain. Una galleria di ritratti dove si passa da Agatha Ruiz de la Prada, inconfondibile paladina di un look ludico e sgargiante a base di cuoricini e colori porte bonheur ad Amaya Arzuaga, che invece ha il pallino per volumi scultorei e vortici di organza, passando per David Delfìn e Devota & Lomba. Fino ai "veterani" delle passerelle di Spagna: da Jesùs del Pozo che ha al suo attivo oltre 30 anni di onorata carriera diventando una sorta di istituzione per le nuove leve locali, ad Antonio Alvarado, protagonista della Movida madrilena postfranchista insieme a personaggi del calibro di Pedro Almodovar.

Non a caso l'elegante copertina setificata del libro, edito da TF Editori, con i suoi accesi cromatismi, sembra uscita da un set del grande regista spagnolo che sta girando un horror di cui Antonio Banderas sarà la star. Nemo propheta in patria? Non si direbbe proprio, almeno nella Spagna di Zapatero dove non sono pochi i marchi che hanno esportato con successo il loro stile anche da noi diventando di casa nello stivale.

Da Custo Barcelona che con le sue stampe immaginifiche originariamente ispirate a un viaggio in California sfila da anni a New York, a Hoss Intropia, un marchio che in termini di moda ha molto da dire anche per la sua vocazione cosmopolita e il suo team creativo tutto al femminile. La sua moda sofisticata ma accessibile, abbraccia un'estetica concettuale e cosmopolita, decisamente anticonvenzionale per donne un po' singolari come Maria Valverde e la top Carmen Kass.

L'onda lunga della rinascita spagnola investe sia l'abbigliamento che i brand di calzature, gli shoe designer e gli stilisti di accessori, un settore che nel Bel Paese si sta facendo largo a colpi di idee e fiuto per gli affari. Da Camper le cui scarpe marciano sbarazzine nelle nostre strade ormai da anni fino a Pretty Ballerinas, Chie Mihara, Rebecca Sanver, Lottusse, Paco Gil, stilista di Alicante dalla vena sensuale e glam rock, e Lupo Barcelona che, con le sue borse artigianali, essenziali e raffinate, da qualche tempo sta puntando sul mercato tricolore.

Sono spagnoli, ed è bene rammentarlo, non solo Cristobàl Balenciaga che dopo i primi esordi a Madrid aprì l'atelier a Parigi, il suo allievo Paco Rabanne o "metallurgico" come lo apostrofava Coco Chanel, e Loewe, anch'esso legato a Parigi ma radicato a Madrid, ma anche due dei tre giganti del fast fashion che danno filo da torcere alle grandi maison del lusso internazionale: Zara e Mango. Quest'ultimo recentemente si è aperto un bel varco nell'eldorado dello shopping milanese con un nuovo flagship store che ha da poco aperto i battenti in Corso Vittorio Emanuele. Due marchi low cost che però spesso sfoggiano testimonial altisonanti e campagne pubblicitarie dai budget astronomici. Niente male dati i tempi di vacche magre.

Va forte anche da noi il marchio Desigual con le sue fantasie stilizzate che spesso emulano il gusto del disegnatore Ruben Toledo. Ma i designer spagnoli funzionano anche alla Casa Bianca dove Michelle Obama ha decisamente apprezzato le creazioni di Isabel Toledo, moglie del noto illustratore, esposte perfino nei musei della Grande Mela. Qui, tanto per farsi un'idea, Carolina Herrera, al pari di Oscar de La Renta, è tuttora considerata un autentico, inossidabile oracolo di stile.

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