Anche se ha perso un po’ di valore negli ultimi giorni, il gas costa ancora così tanto che è come se il petrolio costasse 400 dollari al barile (88 il Brent martedì scorso, ndr), scrive l’Economist. Nell’Europa a 27, la bolletta elettrica del 2022 supererà i 1800 miliardi di euro contro i 300 miliardi in media degli ultimi anni, calcola la Morgan Stanley. In Italia, ha tuonato il presidente Carlo Bonomi all’assemblea della Confindustria lunedì scorso, la cassa integrazione straordinaria ha superato nei primi sette mesi del 2022 per il 45 per cento il 2021. Già 5,6 milioni di persone sono in Italia in povertà assoluta di cui 1,4 milioni minori, sentenzia l’Istat. Il potere d’acquisto, certifica l’Ocse, scenderà quest’anno del 3 per cento dopo 25 anni di aumenti salariali medi pari a zero.
Eccoli, i costi della guerra di Putin. Salgono esponenzialmente ogni settimana. Anche se i rincari dell’energia erano cominciati prima dell’“operazione speciale”, è con la guerra che sono saliti in modo irrimediabile. Il conflitto è la prima causa di destabilizzazione globale. In Italia, il governo si è limitato (attuando l’accordo di fine luglio a Bruxelles per la riduzione volontaria dei consumi di gas del 15 per cento), a indicazioni di buon senso prive di sanzioni, clausola che potrebbe saltare se la situazione si aggrava (già sull’elettricità si parla di “obbligo”). È la mini-stretta per la quale si spera in un risparmio di 3,2 miliardi di metri cubi di gas (su 76 di fabbisogno 2021 di cui il 29 per cento dalla Russia) più 2,1 producendo elettricità da combustibili diversi a partire dal carbone.
È sul settore produttivo che le conseguenze rischiano di essere catastrofiche. Il governo ha già impegnato 49 miliardi dall’inizio dell’anno - Draghi e Daniele Franco hanno fatto i salti mortali per trovarli senza “scostamenti” - per ristori, contributi, crediti d’imposta, indennizzi. Ci si è concentrati sulle famiglie in difficoltà e sulle industrie più “energivore”: vetro, siderurgia, ceramica, carta, auto. Ma ora che in extremis il Parlamento uscente sta dando il via libera al decreto aiuti-bis da altri 17 miliardi, e che il governo lascia in eredità un tesoretto da un’altra decina di miliardi per l’aiuti-ter, bussano allo sportello-Stato altri comparti della manifattura e dei servizi: nella ristorazione, avvisa Confcommercio, 370mila posti di lavoro sono a rischio, i piccoli esercizi - dice Confesercenti - pagheranno nel 2022 una bolletta da 11 miliardi contro i 3 del 2021, nell’ospedalità privata (che copre secondo l’organizzazione del settore Aiop il 25 per cento dei servizi sanitari pubblici) l’elettricità è lievitata del 400 per cento fino a 1,6 miliardi. La richiesta minima è che si estenda la cassa integrazione gratuita (senza che lo Stato prelevi dalle aziende un’addizionale), già concessa a più riprese in pandemia e dopo l’invasione dell’Ucraina.
«Quello che fa rabbia è che gli ordini da tutto il mondo sono a livelli da record e rischiamo di non riuscire a soddisfarli per l’esplosione dei costi», dice Marco Ravasi, presidente di Assovetro (103 aziende per 16.200 dipendenti). «Vanno bene sia il mercato interno che l’export, con una forte domanda di bottiglie e vasetti. Siamo riusciti a battere, complice il rialzo dei trasporti, la concorrenza di Turchia e Portogallo che valevano il 20 per cento del mercato, ad aumentare la produzione del 9,4 per cento nel 2021 e del 3,4 nel primo trimestre 2022. Poi il tunnel: l’energia vale il 25 per cento dei nostri costi, e visto che il gas è decuplicato in 18 mesi, per recuperare dovremmo moltiplicare per quattro i prezzi. Le pare possibile?».
Come sempre la crisi è più forte dove il tessuto economico è più debole. L’Alfa Acciai di Brescia, “regina” del tondino da cemento armato, ha chiuso (“temporaneamente”) l’impianto di Catania - 500 dipendenti, 500mila tonnellate annue prodotte, 150 milioni di fatturato - per i costi energetici. Con conseguenze a catena per l’edilizia, già in confusione per i pasticci del superbonus. Cassa integrazione per tutti.
Anche la Arvedi a Terni ha dimezzato la produzione. Ferma la storica vetreria Ivv di San Giovanni Valdarno (che ha appeso ai cancelli due bollette del gas: 61.797 euro nel luglio 2021, 218.351 nel luglio 2022) e ingresso sbarrato perfino al distributore di metano di Genova Bolzaneto per non far pagare il gas 4,5 euro al litro, come tre euro per un litro di benzina. È riuscita a riaprire il 12 settembre la gloriosa cartiera Pirinoli di Cuneo, «anche se da 400mila del pre-pandemia la bolletta del gas è schizzata a 3,2 miliardi», dice il presidente Silvano Carletto. «Per ora abbiamo riscattato dalla cassa integrazione i nostri 90 dipendenti, ma il futuro è incerto». È un peccato, spiega Massimo Medugno, dg di Assocarta, «perché nel nostro settore siamo riusciti a creare una solida economia circolare con un efficace riciclo». Le asimmetrie concorrenziali «da quando la voce energia ha superato il 50 per cento dei costi rispetto ai competitor americani e asiatici che pagano il gas molto meno - aggiunge Antonio Gozzi, presidente di Federacciai - rischiano di essere difficilmente rimediabili». L’unica, chiosa Giovanni Savorani, capo di Confindustria Ceramica, 137 aziende e 20mila dipendenti di cui 2000 in cig, «è una moratoria sui prestiti come successe durante il Covid, e l’Abi ci ha dato segnali di apertura. Non riusciamo neanche più a chiudere i contratti di fornitura perché i piccoli distributori di gas sono presi nella stessa trappola dei prezzi impazziti all’origine».
Non è un problema solo italiano. Il primo atto della premier britannica Liz Truss è stato l’accantonamento di 100 miliardi di sterline (160 miliardi di euro), il 2,5 per cento del Pil, per congelare i costi dell’energia, impossibile da imitare in Italia causa debito. Anche la Germania può permettersi misure draconiane: mentre rinviava la chiusura degli ultimi quattro reattori nucleari prevista per il 2022 e portava la produzione a carbone a un terzo del totale, ha stanziato 65 miliardi (1,8 per cento del Pil) per imporre un price cap interno ai costi dell’elettricità. Quanto al price cap europeo, è tutto rinviato al Consiglio dei capi di governo del 6 ottobre.
L’Italia spinge per un “cap” generalizzato, «esponendosi però al rischio che gli altri fornitori a parte la Russia vendano il loro gas sui mercati extraeuropei», spiega Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. «Sarebbe una beffa e un tragico arretramento: meglio predisporre un serio piano di razionamento per l’inverno e riavviare l’estrazione domestica». Altra ipotesi è il “disaccoppiamento”: «Distinguere fra l’energia prodotta con il gas e quella con altre fonti è una delle poche cose realisticamente fattibili», dice Massimo Nicolazzi, docente di Economia delle fonti energetiche all’università di Torino. «Diverse sono le metodologie applicabili: la Spagna ha scelto di rimborsare parzialmente chi compra gas per la generazione elettrica, ma ci sono altri sistemi. In ogni caso, i benefici sulla bolletta possono superare il 20 per cento». Su una cosa manager, esperti e accademici sono concordi: questa è la più grave crisi energetica della storia, peggio anche di quella del 1973.