Il mare là sotto è teso e lucente come la pelle di un animale che respira. Come se non l’avessimo mai visto prima. Disperse sopra le onde, le ceneri di Pirandello sono finalmente giunte a destinazione, ma ce n’è voluto. Dalla morte del grande scrittore, 1936, sono passati più di dieci anni. Anni di guerra e distruzione, di speranza e ricostruzione. Il testamento del grande scrittore, premio Nobel nel 1934, parlava chiaro: «…Niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui».
Invece l’urna restò a lungo in una sorta di limbo, politico e culturale, che qui si fa metafora di un’epoca e di un’opera. Presi in consegna da un funzionario venuto da Agrigento (Fabrizio Ferracane), i resti di Pirandello vagano fra Roma e la Sicilia mentre il film scandisce le tappe fondamentali di quegli anni alternando immagini d’archivio, o scene tratte da grandi film del passato (“Paisà”, “Estate violenta”, “Il bandito”, altri, il cinema di quegli anni testimoniava ben più dei cinegiornali), a sequenze folgoranti per felicità di tono e libertà compositiva.
Un dialogo quasi filosofico davanti alla cripta dello scrittore nel cimitero del Verano. Un viaggio aereo che trascorre in pochi istanti dal solenne al ridicolo. Un lungo ritorno in treno alla terra degli antenati punteggiato di momenti memorabili (su tutti quella sposa straniera che si offre al giovane marito, la cosa più erotica vista in un film italiano da molti anni in qua).
Così questo mosaico fatto di piccoli episodi, in cui si affacciano attori visti in “Kaos” e in altri film dei Taviani (Claudio Bigagli, Enrica Maria Modugno, la voce meravigliosa di Roberto Herlitzka), racconta insieme un addio e un ritrovamento. Il ritrovamento di qualcosa che il cinema oggi offre di rado. La capacità di restituire ai corpi, agli oggetti, ai paesaggi, un peso e una presenza struggenti. O forse irreparabili, come suggerisce l’enigmatica “coda” tratta dall’ultima novella di Pirandello, “Il chiodo”.
Dedicato al fratello Vittorio naturalmente, scomparso nel 2018 dopo 19 film fatti insieme. Anche se l’apparizione dei giovanissimi Gillo Pontecorvo e Carlo Lizzani, fucilati ne “Il Sole sorge ancora” di Aldo Vergano, ha con ogni probabilità lo stesso valore.