«Non si può dire “salviamo gli afgani” e poi non accettare nessuno. Europa apra i corridoi umanitari»

“Basta con gli errori di sempre che non hanno mai prodotto soluzioni durature. La solidarietà deve essere internazionale e interna”. Parla l’europarlamentare Pd Brando Benifei

Brando Benifei è uno dei volti più noti del PD italiano nell'europarlamento, molto attivo in tutte le battaglie europeiste. E oggi, di fronte alla crisi afgana, non ha dubbi e condivide la delusione del presidente del parlamento europeo David Sassoli di fronte all'inazione decisa dal Consiglio dei ministri degli Interni.

 

«In questa vicenda dei rifugiati l'Europa non deve compiere gli errori di sempre che non hanno mai prodotto soluzioni durature. La solidarietà deve essere internazionale e interna. E questo non è in contraddizione con quanto sottolineato dai ministri sull'esigenza di collaborare con i paesi terzi nella gestione della crisi. Ma un conto è fare ciò che abbiamo sempre fatto, anche in Libano e Giordania, prima delle grandi crisi. E un altro è esternalizzare completamente l'azione, provando a tenere fuori dalle frontiere anche le persone più vulnerabili. Noi crediamo nei corridoi umanitari per chi ha collaborato con noi e che ancora non è partito, per la comunità Lgbt, per le donne attiviste».

 

Per il momento i corridoi umanitari sono parola morta...

«Mi aspetto che le cose cambino e che ci sia la mobilitazione delle forze politiche e dell'opinione pubblica. Non si può dire che sia necessario salvare gli afgani e poi dire che non ne vogliamo nessuno. Ha ragione il presidente Mattarella».

 

Per risolvere le contraddizioni occorre una politica estera europea?

«Abbiamo visto la Ue agire solo in reazione a questioni di flussi migratori ma non è politica estera: è una reazione a un fenomeno che è fisiologico, al di là delle crisi specifiche. Dobbiamo cambiare i metodi decisionali europei attraverso la Conferenza dell'Europa. Sul tema migratorio si esercitano oggi le uniche decisioni di politica estera dell'Unione o quasi. Risolvere queste cose è uscire dall'impasse».

 

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Cosa intendete fare?

«Noi daremo battaglia. I nostri cittadini non possono sempre essere nella situazione in cui si chiedono perché l'Europa non agisce e noi in quella di rispondere “Perché non ha potere”. Le cose possono cambiare e devono farlo. Va fatta una battaglia durissima contro l'idea di lasciare tutto come è: su Covid, debito comune, fiscalità comune, politica estera. Il parlamento deve attivare le sue prerogative e agire affinché la Commissione attivi la direttiva sulla protezione temporanea. Discutiamo della salvezza delle specie animali e ci indigniamo su casi singoli e poi non ci accorgiamo di quello che accade intorno».

 

Ma l'opinione pubblica europea non è ben disposta verso un'ulteriore ondata immigratoria...

«Non sono convinto che le persone non vogliano aiutare donne e bambini e padri afgani. Penso che invece ci sia la disponibilità ad accogliere e molti sindaci sono a favore dell'accoglienza».

 

Quindi?

«Dobbiamo prendere in considerazione soluzioni con alcuni e non con tutti i Paesi europei. Occorre pragmatismo e una cooperazione rafforzata».

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