Appuntamento al buio per andare a teatro. E in scena vanno gli spettatori

Le regole sono poche e chiare: chi decide di partecipare viene abbinato casualmente ad un accompagnatore con il quale andare alla propria sala di destinazione. Da Milano a Napoli, l’esperimento riscuote successo

«Buongiorno e buona Calata a tutti!». La chat comincia ad attivarsi di buon mattino. Più o meno arrivano 80-90 messaggi nei primi 2-3 minuti. «Ciao, io sono Vanna, chi c’è con me al Nuovo alle 19?». «Per me è la prima volta. Sono Laura e cerco la mia compagna di Calata alla Cometa Off». «Io i numeri degli abbinamenti li ho giocati al Lotto, la prima giocata della mia vita!». E intanto giù foto di cornetti appena sfornati, cappuccini fumanti e pure l’immagine di qualche balcone fiorito. Poi la discussione diventa sempre più animata e caotica: ci sono persone che si rincorrono in cerca del proprio compagno di Calata, i primi scatti fotografici dai grandi e piccoli teatri e commenti di vario genere, che vanno dall’elezione del nuovo sindaco agli auguri di buon compleanno. Nomi di città, nomi delle Sale teatrali, titoli di spettacoli, tutto si mescola, tutto si confonde in un turbinio di parole e frasi accomunate da un solo grande desiderio: tornare a teatro.

 

Sono i messaggi di 237 spettatori pronti a darsi appuntamento la sera stessa in 118 teatri di Roma (54), Milano (42) e Napoli (22). Persone di ogni età provenienti da più parti d’Italia e perfino da Praga e Bruxelles che aderiscono a questa nuova edizione de “La Calata”, un progetto della Casa dello Spettatore «per educare il pubblico ad andare a teatro, che è comunità e condivisione» spiega Giorgio Testa, l’ideatore di questo esperimento apparentemente bizzarro, ma ancora più prezioso in questo momento di ripresa delle attività in cui il pubblico ricopre un ruolo centrale. Le regole sono poche e chiare: chi decide di partecipare viene abbinato casualmente ad un accompagnatore con il quale andare al proprio teatro di destinazione, assegnato da un sorteggio; unica richiesta: lasciare una testimonianza, raccontare come è andata la serata per costruire uno storytelling collettivo.

 

«Tutto è iniziato perché volevo provare a capire che effetto fa il teatro su chi lo vede. Volevo osservare il fenomeno complessivamente, non tanto per giudicare lo spettacolo, piuttosto per condividere l’esperienza di andare a teatro tutti insieme - racconta Giorgio Testa - . E così abbiamo fatto un primo numero zero della Calata a Roma, nel 2017, e poi abbiamo allargato l’esperienza anche a Milano e a Napoli. Sono state raccolte testimonianze molto interessanti. Vedremo se il periodo di pandemia ha scoraggiato il pubblico, ma visto l’alto numero di adesioni a quest’ultima Calata non direi».

 

Pochi giorni fa, sabato 13 novembre, l’edizione 2021. Animata, partecipata, sorprendente. Per Elisabetta Ranieri, redattrice televisiva, è stata la prima “Calata”: «Tornare a teatro dopo due anni è stata una grande emozione. Prima di vedere lo spettacolo non c’è stato molto tempo per socializzare con Stefania, la ragazza a cui sono stata abbinata, ma subito dopo ci siamo confrontate. Lo spettacolo era molto divertente: “Tempo al tempo”, al Teatro Sette di Roma, non lontano da casa mia tra l’altro. Devo dire che mi ero disabituata a stare fianco a fianco ad altre persone, ma il bello del teatro è che si fa tutti insieme, lo fa chi sale sul palco ma anche chi sta in mezzo al pubblico».

 

Ad Arezzo esiste perfino un Festival tutto dedicato allo spettatore, organizzato dalla Rete Teatrale Aretina sulla spinta di Spettatori Errati, un gruppo di amanti del teatro che da una decina di anni gira per i teatri della provincia di Arezzo. «Vediamo almeno sei spettacoli all’anno – racconta Sara Nocciolini, che nella vita fa l’insegnante in una scuola superiore -. E qualche volta raggiungiamo anche le grandi città, Roma, Milano...». Il gruppo è formato da una ventina di persone, quasi tutte donne, molte insegnanti, e di ogni le età. Dopo aver scelto lo spettacolo da vedere fra quelli proposti dai teatri aretini, gli spettatori si incontrano prima per un aperitivo, poi si danno appuntamento al parcheggio per recuperare le macchine o salire sull’autobus, e infine si dirigono verso la sala teatrale per assistere allo spettacolo da commentare subito dopo. «Per me il teatro è una necessità – continua Sara - , un rito che mi è mancato molto durante il periodo di pandemia. Nel primo lockdown ho sofferto particolarmente la chiusura dei teatri e mal sopportavo le forme di teatro in streaming. Poi, proprio durante l’edizione dello scorso anno del Festival dello spettatore, ho scoperto il live streaming guardando “Genoma scenico” di Nicola Galli, grazie al quale ho capito che la tecnologia, se usata con creatività e intelligenza, non è così male. Ma tornare in sala dal vivo, certo, è un’altra cosa... Nel frattempo la gente ha cambiato abitudini e c’è ancora un po’ di paura, per questo credo che la ripresa sarà lenta. Ma quando c’è passione, non c’è ostacolo che tenga». Insomma, il ruolo del pubblico, soprattutto ora, è fondamentale. Per fortuna c’è chi l’ha capito da tempo, come testimoniano in tanti, dai Visionari (gruppo di cittadini che a Sansepolcro sceglie gli spettacoli da presentare a Kilowatt Festival) a Dominio Pubblico (progetto di formazione fatto dai giovani per i giovani che si svolge in diversi luoghi culturali romani). Nei mesi scorsi è stato perfino immaginato un Manifesto dei diritti e dei doveri dello spettatore, 10 articoli proposti da Oliviero Ponte di Pino (Associazione culturale Ateatro) e il gruppo Facebook Spettatore professionista per dare voce al pubblico dei teatri. Cosa chiedono gli spettatori? Di coltivare i propri sogni in luoghi sicuri e di poter incontrare gli artisti che amano, e poi il diritto alla bellezza, alla curiosità, al confronto.

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