'La banda della culla', ovvero come sarebbe stato meglio discendere dalle galline

Anticipiamo un capitolo del romanzo di Francesca Fornario per Einaudi che racconta quanto sia difficile mettere al mondo un figlio in un Paese che dice di amare le famiglie ma in realtà non le sopporta. Un noir? Sì, ma che fa molto, molto ridere

Nella sala d'aspetto di una ginecologa romana si incrociano i destini di Claudia e Francesco, Veronica e Camilla, Giulia e Miguel. Sei vite che vogliono generare nuove vite. Ma non possono. Non in Italia, dove se hai un contratto precario, o un ovaio policistico, o origini straniere rimani impigliato nella peggiore giungla di divieti e norme arcaiche immaginate da un Paese che dichiara di amare la famiglia ma forse, segretamente, non la sopporta. Così parte l'avventura comica e disperata della "banda della culla", che sfida la legge per avere giustizia in un Paese dove gli inviati dei talk-show non vengono inviati da nessuna parte, i giornalisti scrivono sotto pseudonimi che scrivono sotto altri pseudonimi, gli argentini fanno i camerieri nei ristoranti messicani ("A brasilià, qui a Roma mica starno a guarda er capello").

LA PRESENTAZIONE DELL'AUTRICE


«Questo romanzo che io pensavo fosse un noir ma che pare faccia troppo ridere per essere un noir parla di come sarebbe stato preferibile discendere dalle galline invece che dalle scimmie («Far crescere i figli dentro?! Ma perché?! Dio, ma che razza di idea sadica, con tutto lo spazio che c'era fuori! Continenti inesplorati, universi in espansione... perché Dentro?! E indovinate dentro a chi?!»). E parla di come i giornali italiani siano infarciti di pseudonimi che scrivono sotto pseudonimo, e di come la frase peggiore che un uomo possa dire a una donna non è «Ti lascio perché non ti merito» ma «Lei è troppo qualificata per questo lavoro» e di come - soprattutto - nel paese del family day le istituzioni facciano di tutto per impedirti di mettere su famiglia.
Quando ho cominciato a scrivere questo libro ho pensato: bisogna che mi sbrighi, perché presto il governo farà una legge per tutelare la maternità delle precarie costrette dall'unico datore di lavoro ad aprire la partita Iva, una legge per le unioni civili, una contro l'omofobia, una per cancellare la Bossi-Fini, una per consentire la fecondazione eterologa alle coppie che hanno bisogno del seme di una donatrice per fare un figlio, e tutti i problemi dei protagonisti del mio libro saranno risolti. Non avranno più bisogno di sfidare la legge per avere giustizia.
Ingenua.
Sospetto che Renzi e Alfano siano miei fan, e che non abbiano fatto nessuna di queste leggi per non rovinare l'uscita della Banda della culla. Carino da parte loro, però adesso datevi una mossa.»

Francesca Fornario ai microfoni di Radio Due


LA BANDA DELLA CULLA, CAPITOLO 2

– Ti-amo-sei-bellissima-dio-ti-amo-tiamotiamotiamo.
– Amore, piano ché ci sentono!
– Chi?
– I vicini! Il letto sbatte sulla parete.
– E allora? I vicini non devono sapere che scopiamo? Stiamo insieme da dieci anni, la notizia non è che facciamo
sesso, la notizia è che lo facciamo ancora.
– I vicini non devono saperlo alle tre di notte. Si svegliano presto per portare i bambini a scuola, loro.
– E comunque sei tu quella che fa casino.
– Io?!
– «Sí, ancora, spingimelo dentro, sí, dàiii…»
– Ma che dici!
– La prossima volta ti registro.
– La prossima volta è tra tre secondi, se mi aiuti a spostare il letto.
– No, aspetta, vieni qui, stringimi, stringimi. Brava, cosí. Che schiena morbida. Come sei profumata. Dài, vieni
piú sotto, devo dirti una cosa.
– È una scusa per scopare.
– No, davvero, devo dirti una cosa! Vieni qui sotto. È importante.
– Sentiamo.
– Non possiamo uscire da sotto il piumone!
– Lo sapevo
– No, davvero, non possiamo piú uscire, è pericoloso!
– Sí, eh?
– Fidati di me che sono giornalista. Il governo minimizza ma si dà il caso che là fuori ci sia un esercito di…
– Alieni?
– Trolley rosa di Hello Kitty. Un esercito di trolley rosa di Hello Kitty che vogliono investirci con le loro ruote
cingolate.
– Trolley di Hello Kitty. Che paura.
– ro-sa!
– Dài, dormiamo.
– No, aspetta, aspetta. Non è solo per i trolley, stai qui, abbracciami. È che là fuori ci sono anche le televendite di
coltelli. Coltelli che tagliano le sedie, e tagliano le noci dicocco e tagliano… tagliano i coltelli, sí, donna, là fuori ci
sono ceppi con decine di coltelli che tagliano altri coltelli, ci sono piú coltelli che cose da tagliare, là fuori, è una cosa che non ha senso… Sono il nuovo sponsor del programma. Facciamo una puntata sul terrorismo gentilmente offerta da un ceppo di coltelli.
– Che poi al supermercato vendono tutto già tagliato. Anche le mele. Per la pausa pranzo.
– Lo vedi? Hanno vinto. Presto, fingiamoci cadaveri.
– Dài, idiota, mi schiacci!
– Ferma, amore, non ti muovere, è pericoloso! Guarda che fuori da questo inespugnabile rifugio di piuma d’oca
ci sono…
– I cronisti parlamentari che ridono alle barzellette omofobe dei senatori democristiani, lo so.
– Tu non ti rendi conto. Sono tutti lí che fanno capannello in Transatlantico anche se si sono fatti eleggere in
partiti avversari perché sono legati dal vincolo di appartenenza al clan come i membri di una tribú yemenita. Vuoi
che ti racconti quella del finocchio e del bagnino? C’era un bagnino che…
– Dài, mi fai il solletico!
– E tu non muoverti!
– Dammi un bacio.
– Ma tu promettimi che quando faremo un figlio lo cresceremo qui, sotto il piumone. Là fuori è troppo dura.
– E come farà ad andare a scuola?
– A scuola? Dove sarà obbligato a leggere poemi che esaltano le gesta di maschi superstiziosi e violenti? Non
possiamo mandarlo a scuola, è diseducativo.
– Non vuoi un figlio colto?
– Certo che no, la cultura ti fa il lavaggio del cervello. Voglio un figlio estraneo al culto di tutto ciò che è stato
scritto e considerato degno di nota prima del 1950. Niente orlandi furiosi né don rodrighi.
– Niente Beat Generation, niente Bauhaus…
– Ok, facciamo cosí: il programma di studio della Libera scuola dell’obbligo del piumone parte dagli anni Quaranta. Tutto quello che ci è capitato prima sarà riassunto in mezza paginetta: Paleozoico, Mesozoico, Imperoromanozoico. E al termine del Guerrozoico, Charlie Parker si trasferisce a New York e inizia a suonare con Dizzy Gillespie nella band di Earl Hines… cosa ridi? Non c’è niente da ridere!
– Sto pensando a quando hai spiegato ai miei genitori che non avremmo mandato nostro figlio a scuola perché
lí gli avrebbero fatto il lavaggio del cervello e loro ci hanno creduto.
– Ehi, tua madre voleva che lo chiamassimo Ulisse!
«Come l’eroe greco». Eroe un molestatore di handicappati? Signora, Ulisse era uno snobetto ninfomane e fedifrago che le nostre sinapsi corrotte dalla scuola associano al termine «eroe» solo perché calzava sandali di vitello ed estraeva le frecce dalla faretra, ma al giorno d’oggi Ulisse sarebbe il classico figlio di papà che parcheggia la Smart in doppia fila e ti lascia il biglietto sul cruscotto con scritto: «Torno subito, citofonare Centro estetico solarium».
– Ehi, hai visto il giardino dell’asilo qui dietro? È pubblico, ma non è detto che te lo prendano. Dipende dal reddito. Tu guadagni troppo.
– Allora nostro figlio lo istruiremo qui, sotto il piumone. Ci nutriremo mangiando briciole di biscotti. Guarda,
ne hai una sul collo… che buona!
– Tanto non ce la faremo mai a fare un figlio.
Camilla si libera dall’abbraccio e dal piumone con un gesto brusco. Si tira su a sedere, con la schiena nuda appoggiata alla spalliera fredda del letto. I lunghi capelli biondi e lisci le ricadono sulle spalle appuntite. Il buio ha cancellato la stanza. Anche Camilla si sente cancellata.
– Non ce la faremo mai.
– Non dire cosí amore, saremo due genitori bravissimi. Ehi, ma che fai, piangi? Piccolina, non piangere… vieni
qui. Dài, non fare cosí…
– E che dovrei fare? Abbiamo zero possibilità di fare un bambino, lo sai!
– Zero possibilità? Cosa?! Abbiamo un sacco di possibilità… Il doppio delle possibilità! Troveremo il modo,
siamo giovani…
– Piantala di dire che siamo giovani! Abbiamo trentatre anni!
– Ma siamo in Italia, mica nella Galilea antica! In Italia a trentatre anni hai ancora tutta la vita davanti!
– Però non ti puoi fare una famiglia.
– Ehi, noi siamo già una famiglia! Non piangere, siamo una famiglia molto solida, noi. Guardaci: ci amiamo da dieci anni e facciamo ancora sesso. Siamo piú che benestanti. Tu hai addirittura il posto fisso: sei quel che si
dice una donna in carriera. E io sono una star della Tv. E poi abbiamo una casa enorme con la stanza per il bambino già pronta. Poteva andare peggio, no?
– Peggio? Peggio che essere due cazzo di lesbiche che vogliono fare un figlio? In Italia?! poteva andarci peggio
di cosí?!
– Be’… potevamo essere due cazzo di froci.
Veronica afferra Camilla per le spalle e la trascina al riparo, in esilio volontario nel loro rifugio imbottito di piume.

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