Il presidente degli Stati Uniti si muove all’insegna dell’America first, come ha promesso in campagna elettorale, e questa è una sfida soprattutto per i premier sovranisti degli Stati Ue

L’Italia è tra i Paesi che vendono negli Stati Uniti molte più merci di quelle che comprano (è stato il terzo Paese europeo per esportazioni negli Usa nel 2024, dati Eurostat) e per questo, come tutta l’Unione europea, è finita nel mirino di Donald Trump e della sua nuova politica sui dazi. All’inizio di aprile, in quello che il presidente Usa ha definito “Liberation day”, la Casa Bianca ha imposto dazi contro l’Unione Europea al 20%. Poi ha in parte ritrattato e congelato la misura e anche la Commissione europea (che ha la competenza esclusiva sulla politica commerciale) ha bloccato le contromisure.

Al momento ci sono dazi sulle merci europee al 10%. Sull’acciaio e sull’alluminio sono invece al 25%. Sulle auto e sui farmaci la situazione è in evoluzione. Se ti stai chiedendo se ora costi di più comprare uno smartphone, la risposta è no, ma le grandi aziende tecnologiche statunitensi (che realizzano gran parte dei prodotti in Cina) rischiano di essere tra le più colpite dai dazi.

 

In questo clima di incertezza totale, con conseguenze sui mercati e sulla crescita del nostro Paese, la presidente del Consiglio Meloni è andata alla Casa Bianca. Può contare su un rapporto personale solido e di stima con Trump. Poi ha ricevuto il vicepresidente Vance a Palazzo Chigi. Ha assicurato a Trump che aumenteranno gli investimenti delle imprese italiane negli Usa e le spese per la difesa in ambito Nato: secondo il governo nel 2025 sarà raggiunto l’obiettivo del 2% del Pil, anche se il presidente Usa ha detto vorrebbe una percentuale più alta: “Non è mai abbastanza”, ha detto ironicamente nell’incontro con Meloni davanti ai giornalisti. In cambio l’Italia spera di ottenere una politica più morbida sui dazi, favorendo il dialogo, al momento scarso, tra Unione europea e Stati Uniti. Trump si muove all’insegna dell’America first, come ha promesso in campagna elettorale, e questa è una sfida soprattutto per i premier sovranisti all’interno dell’Unione europea.

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