La terza linea della metropolitana della Capitale, ormai leggendaria per la durata dei lavori, non aprirà sabato 11 ottobre nonostante le tante promesse. E, come al solito, nessuno si prende la responsabilità del caso

La metro C di Roma non aprirà sabato 11 ottobre. Parlando con l'Espresso a fine luglio, l'assessore alla mobilità Guido Improta ci aveva, come si dice, messo la faccia sul rispetto della scandenza. Il coraggio è da apprezzare. Le conseguenze dovrebbero essere le dimissioni.

Certo non è colpa di Improta se il progetto è fatto male, se è costato troppo, se è in ritardo, se il treno driverless ha improvvisamente bisogno di un driver (sarebbe l'autista), se il consorzio Metro C guidato dall'ottavo re di Roma Francesco Gaetano Caltagirone si è messo di traverso magari per semplice ripicca o per spiegare al sindaco chi comanda davvero in vista del nuovo accordo sul tratto della Metro C che dovrebbe arrivare fino a Prati. L'interesse dei cittadini? Non pervenuto.

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18/8/2014


Con ciò non si vuol dire che sia colpa di Caltagirone o del sistema driverless o dei progettisti. La colpa non è di nessuno, come al solito nelle storie italiane di grandi infrastrutture.

E non è colpa di nessuno perché sono tutti d'accordo, perché le opere pubbliche sono il sistema più semplice per finanziare in modo occulto le imprese, la politica e i professionisti di fiducia della politica.

Mentre l'Italia corre appresso ai piccoli privilegi delle comunità montane e dei consiglieri provinciali, ai concorsi truccati per tre posti da vigile urbano a Roccacannuccia, le casse dello Stato si svenano da decenni versando decine di miliardi di euro sui conti delle imprese che oggi ripagano la cortesia lamentando l'impossibilità di lavorare in Italia, accusando i burocrati e magnificando le commesse prese all'estero dove, per inciso, siamo riusciti a mandare in ritardo anche il raddoppio del canale di Panama.

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Almeno ci fosse stato un ritorno per il contribuente. Niente. Solo cantieri infiniti, code e promesse non mantenute per arrivare nudi a una meta deludente.

Quello che doveva aprire l'11 ottobre era un troncone di metropolitana piantato nel nulla, senza interscambi con le altre due linee romane, con treni ogni 12 minuti e con la conclusione del servizio fissata alle 18.30, un orario di fine lavoro da contadino del Medioevo. Più o meno l'epoca dove si è fermata la classe dirigente in Italia.

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