
In cambio di tanta generosità ha incassato in proprio almeno 28 milioni di euro che non ha dichiarato nel mitico quadro RW, la bestia nera dei fondi neri. “In proprio” è l’espressione chiave della sua difesa perché consente alla holding svizzera Infront il tentativo di smarcarsi da eventuali malversazioni dei tre manager della controllata italiana.
Oltre a Bogarelli, sono indagati anche Andrea Locatelli e Giuseppe Ciocchetti, il regista finanziario di decine di operazioni a rischio dimessosi dal consiglio di amministrazione il 21 gennaio scorso, due giorni dopo che la Guardia di finanza ha sequestrato decine di schede contabili su società offshore nella sede Infront in via Deruta, alla periferia nordest di Milano in zona parco Lambro.
Sono queste società seminate a Panama, in Lussemburgo, a Dubai, il nervo scoperto della holding svizzera Infront Sports and Media, controllata dal magnate cinese Wang Jianlin, che ha smentito di avere avuto rapporti con le società rivelate da “l’Espresso” nell’inchiesta dello scorso numero.
La tattica difensiva gioca sull’equivoco fra un Bogarelli amministratore e un Bogarelli advisor privato che si scambiava consulenze con le società estere di Riccardo Silva (Mp&Silva group), il venditore dei diritti tv della serie A sul mercato estero.
Le reti finanziarie offshore sono il nervo ancora più scoperto di alcuni presidenti che, secondo l’ipotesi investigativa della Procura, potrebbero essere gli “utilizzatori finali” di un fiume di denaro nero fatturato in modo fittizio dalle società offshore per consulenze inesistenti. Se l’ipotesi fosse provata, cadrebbe una volta per tutte il mito dei presidenti vittime di una passione sportiva autolesionistica e finanziariamente rovinosa.
Anche se l’indagine sembra ancora lontana da questa meta, gli spunti forniti dalle intercettazioni raccontano un mondo che non intende sottomettersi ai lacci regolatori sulla transazioni finanziarie e che si appoggia a una rete di fiduciari ed esperti diffusa ai quattro angoli del pianeta.
A sostenere le operazioni dei re dei diritti tv non c’era solo Tax and Finance, la società luganese di servizi finanziari gestita da Andrea Baroni, arrestato il 9 ottobre per riciclaggio e messo ai domiciliari il 3 novembre senza avere detto una parola ai giudici, e da Gerardo Segat, l’advisor designato dal Milan nella trattativa-bidone con Bee Taechaubol.
Un’altra finanziaria del Canton Ticino ha collaborato in modo molto attivo con i manager di Infront Italy. È la Per4m diretta da Enrico Griffini, detto Chicco, subentrato a un nome storico del business transfrontaliero come Brunello Donati, protagonista dell’epopea di Gianpiero Fiorani con i furbetti del quartierino e fiduciario di Lele Mora.
Per4m, secondo gli investigatori, fa da tramite tra Tax and Finance, Infront e un altro “partner strategico”, la Eos, fiduciaria della Banca della Svizzera italiana con sedi a Lugano e a Milano.
I fatti avvengono fra febbraio e aprile 2015. Il periodo è di grande esaltazione. I manager di Infront Italy sono reduci dal successo dell’accordo triennale 2015-2018 da 1,2 miliardi di euro fra Lega calcio e i network tv (Sky e Mediaset) rinnovato fino al 2021.
Bogarelli ha bisogno di fare rientrare 1,25 milioni di euro da un suo conto bancario in Asia. Griffini e Ciocchetti si mettono d’accordo per mandare la somma su Eos Svizzera, da lì su Eos Italia e infine sul conto di Bogarelli presso la Bcc (banca di credito cooperativo) di Sesto San Giovanni dove il denaro sarà trasformato in assegno circolare.
Ma è un’operazione che può essere inquadrata dal fisco e portare a un accertamento. Tanto più che i soldi da rimpatriare sono tanti. Così a metà marzo del 2015, circa un mese dopo il trasferimento alla Bcc di Sesto, Bogarelli e Griffini si incontrano al Principe di Savoia di Milano, hotel di lusso dove il manager Infront è solito ricevere. In una telefonata del 14 marzo Griffini riferisce a Ciocchetti che Bogarelli era contento, anche perché c’era in ballo un trasferimento da 2/3 milioni e poi un altro da 8 milioni di euro. «Ma ho cambiato tutto», dice Griffini. «Son riuscito a farli uscire subito senza fare tutta quella struttura lì». Ciocchetti commenta che «è una figata» e Griffini replica: «Una parte di quello che entrerà nel futuro, facciamo una polizza e glieli mettiamo lì».
Gli investigatori considerano molto interessante questo passaggio perché corrisponde alla tecnica di occultamento dei fondi già emersa nell’inchiesta sul Credit Suisse, coordinata dal procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco, e anticipata dal servizio di copertina dell’ultimo numero de “l’Espresso”.
Si tratta delle cosiddette “polizze-mantello” ossia di prodotti finanziari sottoscritti con grandi compagnie assicurative che garantiscono non tanto e non solo una schermatura dell’intestatario, ottenuta attraverso intestazioni fittizie, quanto una gestione patrimoniale dinamica. In altre parole, il valore di queste polizze può variare di molto in intervalli di tempo brevi. È una sorta di cassa continua che rende difficile, per esempio all’Agenzia delle Entrate, la quantificazione di un’eventuale evasione.
Ma il colloquio del 14 marzo è fondamentale anche perché riporta in evidenza la vocazione all’esercizio dell’attività creditizia da parte di Bogarelli. «Poi gli ho detto dell’acquisizione della banca», riferisce Griffini a Ciocchetti. «M’ha detto, cazzo se non la facciamo sei un deficiente. Era tutto invasato, gli piaceva come una bestia. Voleva iniziare lui a calcolare i numeri. Quattro miliardi e mezzo, cinque miliardi. Sono almeno 50 milioni all’anno. Avrai 12-13 di costo. Vuol dire 35 milioni all’anno. Copriamo almeno il 30 per cento. Almeno il 30 per cento dobbiamo prenderlo».
L’intervento, scrive la Procura, è riferito “all’acquisizione delle quote di un istituto di credito di Nassau” che torna nelle conversazioni alla fine di marzo quando Griffini avverte Ciocchetti di non poterlo accompagnare nella capitale delle Bahamas per le trattative sulla banca perché non è riuscito a trovare un volo. “Griffini”, scrive sempre la Procura, “dice che le prospettive dell’affare sono ottime e chiede se Ric (presumibilmente Riccardo Silva) potrebbe essere anch’egli interessato alla trattativa e Ciocchetti gli spiega che Ric potrebbe esserlo nel momento in cui lo sono anche lui (Ciocchetti) e Bogarelli”.
La presenza a Nassau del numero uno di Infront Italy non è possibile perché Bogarelli negli stessi giorni parte per una vacanza pasquale a Dubai dove ha sede la sua Domino holdings, il veicolo utilizzato per le consulenze con Mp&Silva Dublino. Poco dopo il suo arrivo nell’Emirato, il 2 aprile, Bogarelli si incontra con Baroni nella sede locale di T&F alla Maze Tower, nel cuore del Difc, il Dubai international financial centre.
Che cosa si dicano i due al riparo di orecchie indiscrete non è dato sapere. Ma il ruolo di Baroni in tutto il caso Infront è ritenuto strategico dalla Procura che sulla banca bahamense conclude: “le indagini tecniche non hanno rilevato ulteriori sviluppi”.
Sembra però certo che gran parte dei flussi finanziari in nero non venissero intascati dai manager di Infront ma tenuti a disposizione per risolvere le emergenze come quelle del Genoa o del Bari. In questa cassa comune e nei canali che l’hanno alimentata c’è la soluzione all’enigma del calcio italiano, un sistema economico fatto di persone giuridiche, cioè i club, allo sfascio e di persone fisiche ricchissime.