In Italia uno stadio nuovo non è uno stadio nuovo. È un pretesto per organizzare relazioni. Così una vicenda anacronistica come quella del costruttore Luca Parnasi è diventata un intrigo che coinvolge banche, partiti, fondazioni, politica nuova, seminuova e vecchia.
Nell'imminenza delle richieste di rinvio a giudizio, ci si può chiedere chi gliela faceva fare a Parnasi, giovane, ricco e con una bella famiglia, di girare per le sette chiese a offrire soldi e case ad angolo giro, al tesoriere leghista Giulio Centemero, a quello democrat Francesco Bonifazi, ai grillini come Luca Lanzalone, ai forzisti come Dario Rossin (10 mila euro) che poi in consiglio comunale votavano pure contro la pubblica utilità dello stadio della Roma a Tor di Valle.
La risposta è vecchia come la Repubblica: era la speranza di trovare un corridoio agevolato per gli affari.
A poco più di quarant'anni, Parnasi si comportava come il collega della generazione precedente, Sergio Scarpellini, di anni 81. Chiedete e vi sarà dato. Se non chiedete, vi sarà offerto. Un comodato d'uso gratuito, una mancia competente sotto la soglia di segnalazione (4500 euro era lo standard) o la promessa di un'assunzione per un figlio non si negano a nessuno.
Ai tempi del governo del cambiamento, il caso Parnasi rappresenta l'impossibilità di cambiare un paese dove, a dispetto della retorica governativa, non conta chi è chi ma chi ha presentato chi a chi. È da lì che bisogna partire per inquadrare i contorni di una vicenda circoscritta in termini processuali a qualche centinaio di migliaia di euro di finanziamenti illeciti ma dotata di un livello superiore, quello delle relazioni bancarie, dove bisogna aggiungere altri tre zeri alle dimensioni del business.
I vicini di casa
Prima di finire a Rebibbia il 13 giugno scorso, Parnasi aveva avuto tempo di abituarsi ai protagonisti del nuovo blocco di governo uscito dalle elezioni del 4 marzo. Di destra con i destrorsi e “communista” alla Mario Brega con i rossi, il quarantunenne costruttore aveva un rapporto di vecchia data con un personaggio chiave della Lega, Giancarlo Giorgetti, l'attuale sottosegretario al Palazzo Chigi con delega allo sport.
Giorgetti sbarca in parlamento nel lontano 1996 quando la Lega si chiama ancora Lega Nord Padania e il leader è Umberto Bossi. Qualche anno dopo lui e Parnasi si ritrovano vicini di casa a Roma nel rione della Pigna, a pochi passi dal Pantheon. Lì nell'aprile 2004 il costruttore ha comprato un palazzo cielo-terra per 12,5 milioni di euro più Iva (1,7 milioni). A vendere la vecchia proprietà appartenuta alla Casa generalizia dell'Ordine dei frati minori francescani sono alcuni intermediari come l'altoatesino Peter Pohl, oggi sotto processo a Trento per bancarotta fraudolenta, e Diego Anemone, al tempo non ancora noto alle cronache come elemento della Cricca di Angelo Balducci ma già costruttore di fiducia del Vaticano.
Il palazzo, che viene comprato dalla Icr di Parnasi e rivenduto in parte a Gilberto Benetton, confina con via della Pigna 12, edificio occupato dal Vicariato Vecchio, sede dell'Opera romana pellegrini. L'Orp è guidata, e lo sarà fino al 2017, dal trevigiano don Liberio Andreatta, considerato uno degli uomini più ricchi della Chiesa. Don Andreatta è parroco della famiglia Parnasi e confessore della madre di Luca, Maria Luisa Mangosi, azionista del gruppo insieme al marito Sandro.
È don Andreatta, che non ha dato seguito a richieste di commento dell'Espresso, ad accogliere in una struttura ecclesiastica il cattolicissimo Giorgetti. Nel 2004 don Liberio officia le presentazioni tra i vicini di casa.
Oltre alla fede, i due hanno in comune la passione per il calcio. Romanista malato, Parnasi. Giorgetti tifa per il Southampton, un club inglese che ha vissuto tempi migliori. Questo non gli impedisce di interessarsi alle vicende della squadra della sua città. Con i buoni uffici di Giorgetti il Varese, allo sbando dopo le stagioni in serie A degli anni Settanta, viene aiutato a iscriversi al campionato di Eccellenza Lombardia del 2004-2005 grazie a una fideiussione da 100 mila euro rilasciata da un banchiere sulla cresta dell'onda, Giampiero Fiorani della Popolare Lodi.
Parnasi vive in piazza della Pigna per meno di dieci anni, poi vende e si trasferisce in piazzale don Minzoni ai Parioli. È una reggia di 750 metri quadrati. Una volta era di proprietà dell'Immobiliare Pentapigna, la stessa che ha effettuato i versamenti alle fondazioni Eyu (Bonifazi) e Più Voci (Lega). Oggi risulta intestata personalmente al costruttore.
I rapporti di buon vicinato con l'esponente della Lega restano anche dopo il trasloco tanto che sarà Parnasi a presentare Giorgetti e Lanzalone. Prima però si presenta l'opportunità di sbarcare al nord. Fra il 2012 e il 2013, poco dopo essere stato nominato project manager del nuovo stadio dai soci Usa della Roma, Tom Di Benedetto e James Pallotta, Parnasi intensifica le sue salite a Milano, dove i nuovi rapporti di area lumbard gli aprono molte porte. La più importante riguarda un altro impianto sportivo. Parnasi viene infatti coinvolto nei pourparler sul nuovo impianto del Milan di Silvio Berlusconi, leader del centrodestra intenzionato a lasciare San Siro.
Nella capitale del nord Parnasi trova un punto di riferimento in alcuni colleghi di tifo romanista. Uno è Roberto Cappelli dello studio Gianni Origoni Grippo Cappelli, che segue il piano di rientro fra il costruttore e Unicredit, oltre a rappresentare la banca nel cda del club. Un altro è il chief operating officer di Unicredit Paolo Fiorentino, destinato a entrare in rotta di collisione con Pallotta. Il terzo è Alessandro Daffina, l'amministratore delegato di Rothschild Italia. Legato da amicizia e affinità politica con l'ex sindaco Gianni Alemanno, in rapporti abituali con il piduista-piquattrista Luigi Bisignani, Daffina ha curato il passaggio del club giallorosso dalla famiglia Sensi agli americani nel 2011, quando lo stesso Parnasi era stato in corsa per prendere la Roma, in cordata con il gruppo Tosinvest. La sua esposizione con Unicredit, già vicina a quota 700 milioni di euro, aveva stroncato ogni ambizione del supertifoso di Francesco Totti.
Il vicepresidente di Rotschild e collega di Daffina è l'attuale presidente del Milan Paolo Scaroni, arrivato dall'Eni nel 2014 e vicinissimo al Cavaliere. Ma il nuovo stadio rossonero si blocca quando Barbara Berlusconi diventa ad dei rossoneri in concorrenza diretta con Adriano Galliani. È il dicembre del 2013, lo stesso periodo in cui la segreteria nazionale della Lega passa dal milanista Roberto Maroni al milanista Matteo Salvini.
Poco dopo inizia il carnevale di cessioni asiatiche del club della Fininvest che si concluderà soltanto tre mesi fa. Nel frattempo, la madre del costruttore e azionista del gruppo, Maria Luisa Mangosi, scommette 50 mila euro sull'elezione del sindaco Pd Beppe Sala (2016), con un finanziamento regolarmente dichiarato.
I rapporti di Parnasi con la Lega si evolvono sulla traccia del nuovo potere salviniano. Giorgetti è visto con qualche diffidenza dal futuro vicepremier in quanto espressione della vecchia Lega. Così il rapporto economico viene trasferito al tesoriere Centemero, un fedelissimo di Salvini.
Cordone bancario
Il pasticciaccio Parnasi non è solo politica e sport. È anche una storia di banche. Sebbene questo fronte sia rimasto finora in ombra rispetto alle indagini della Procura di Roma, non è detto che sia il meno grave.
Gli ultimi anni di vita imprenditoriale della famiglia Parnasi sono un caso da manuale su come si utilizza la bolla immobiliare per gonfiare gli stati patrimoniali con cubature che non hanno mercato e licenze di costruzione ipervalutate su progetti a lunghissimo termine, mentre gli stati avanzamento lavori non avanzano e la liquidità in cassa scende sotto il livello di guardia con vista sul fondo del barile. L'accesso al credito di decine di società raccolte sotto l'ombrello di Parsitalia, la holding, è avvenuto in condizioni dubbie ma comuni a molti dei palazzinari romani foraggiati dai meccanismi fuori controllo della vecchia Banca di Roma-Capitalia di Cesare Geronzi. Anche quando Capitalia è stata incorporata in Unicredit, la situazione è cambiata di poco, dati alla mano.
L'ultima istantanea del gruppo fondato da Sandro Parnasi, il padre-patriarca morto nel 2017, porta in una direzione obbligata: il fallimento.
Parsitalia ha chiuso il 2017 con 122 milioni di perdite per un aggregato nel triennio che supera i 320 milioni. Il patrimonio netto è sprofondato da -58 milioni a -180 milioni di euro. I debiti sono a quota 250 milioni, con Unicredit a guidare la fila e un contenzioso monstre con l'Agenzia delle Entrate, che ha presentato istanza di fallimento.
Eurnova, la società che ha in portafoglio il terreno di Tor di Valle, da otto mesi non paga la rata al venditore dell'ex ippodromo, il curatore fallimentare della Sais di Gaetano Papalia. Al sesto mese di mancato versamento sarebbe dovuta scattare la restituzione del bene alla Sais. Ma questa è davvero l'unica cosa che Unicredit, Bcc, Mps e Ubi non si possono permettere. Benché Parsitalia ed Euronova siano separate formalmente, Tor di Valle è l'unico bene che può procurare una plusvalenza a breve e che eviterebbe alle banche un writeoff sanguinoso.
Del resto, l'accordo di cessione dell'area a Dea Capital (gruppo De Agostini) per 200 milioni era in dirittura d'arrivo quando l'arresto di Parnasi (giugno 2018) ha stroncato la trattativa.
Il curatore fallimentare ha concesso un'ennesima dilazione al mancato pagamento dell'1 settembre. Ma nemmeno l'1 ottobre l'atteso bonifico è arrivato. Il nuovo consiglio di amministrazione di Eurnova, insediatosi in luglio dopo gli arresti, vuole prima capire se Virginia Raggi firmerà la convenzione urbanistica, vincolata alla due diligence interna che la sindaca ha ordinato per capire se qualche dipendente del Campidoglio abbia favorito Parnasi in modo illegale. Le uscite altalenanti della sindaca M5S sembrano portare a una firma della convenzione entro il 2018. Ma non sarebbe la prima scadenza mancata.
Le società della famiglia Parnasi sono presidiate fin da prima dell'arresto del costruttore. Parsitalia è stata mesa in liquidazione ad agosto del 2017 e affidata al professor Roberto Mazzei, socio di Bisignani in avventure immobiliari e collezionista di incarichi nei consiglio di amministrazione o nei collegi sindacali.
Per amore di brevità, il professionista lametino ha militato nel gruppo Tosinvest della famiglia Angelucci, nell'Enel di Francesco Starace, nell'Eni di Paolo Scaroni, prima che l'attuale numero uno del Milan utilizzasse la revolving door per diventare (2014) vicepresidente di Rothschild, partner della società petrolifera in molti affari. Di Mazzei si è parlato anche ai tempi dell'inchiesta P4 per un intervento a suo favore dell'amico Bisignani con Giulio Tremonti per un posto al Poligrafico dello Stato. Mazzei ha chiesto ai creditori una ridefinizione del piano di rientro “tenuto conto dell'oggettiva impossibilità della Società di pagare la totalità dei debiti”.
Eurnova, la società che possiede Tor di Valle, non è da meno di Parsitalia. Il nuovo presidente al posto dell'arrestato Parnasi è Giovanni Naccarato dello studio Laghi, che è partner di Unicredit e di Parnasi nel tentativo di ristrutturazione della stessa Parsitalia. Il commercialista che dà il nome allo studio, Enrico Laghi, è stato nel collegio sindacale di Unicredit fino a un anno fa, oltre ad avere avuto incarichi con il gruppo Caltagirone, Finnat, Rai e Gruppo l'Espresso, editore di questo giornale.
Nel testo dell'ordinanza che lo ha portato prima in carcere e dopo 37 giorni ai domiciliari, Parnasi evoca Laghi per un progetto. Si tratta di edilizia sportiva, ancora una volta. È una struttura per la pallacanestro da realizzare nell'area dell'ex Fiera di Roma sulla via Cristoforo Colombo. Parnasi vorrebbe dare una consulenza sulla questione allo stesso Laghi e a un avvocato, il genovese Luca Lanzalone, superconsulente della sindaca Raggi coinvolto nell'inchiesta.
Naccarato è anche direttore generale dell'Ospedale Israelitico dove ha sostituito Antonio Mastrapasqua, ex numero dell'Inps arrestato nell'ottobre 2015 per truffa al servizio sanitario nazionale. Oltre a Naccarato, ci sono due nuovi consiglieri: Giovanni Sparvoli, professionista con incarichi nel gruppo Eni, e Riccardo Tiscini, commercialista già presidente di Vitrociset, professore di economia aziendale all'Universitas mercatorum di Roma (università telematica) e consigliere di Mps capital services, uno dei creditori di Parnasi.
Da notare che per meno di sei mesi i tre nuovi amministratori di Eurnova si divideranno emolumenti per 800 mila euro. Non è poco per una società dal futuro incerto che non riesce a onorare i suoi impegni sul terreno di Tor di Valle e che sta tentando l'ultimo dribbling: cedere a un compratore, forse Pallotta stesso, un bene che non ha mai pagato.
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Aggiornamento del 13-11-2018
Naccarato, la precisazione dello studio Laghi e la nostra risposta