Il singolo di Colapesce e Dimartino è una rivolta contro la dittatura dell'algoritmo

Una canzone lunga e dal titolo lunghissimo che sembra voler sfidare la memoria dei fan e gli automatismi delle app e dei social. E insieme ai lavori di Calcutta, Subsonica e Silvestri apre una stagione ricca di grandi e necessari ritorni

C'è un che di tenero nella dolce cupio dissolvi con la quale Colapesce e Dimartino hanno fatto uscire un nuovo singolo che già nel titolo, “La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d’accordo”, sembra sfidare la forza di gravità della velocità algoritmica che impone di dire tutto il possibile nel minor tempo possibile. Titolo alla Wertmüller, si potrebbe pensare, forse ancora di più sottilmente connesso al fraseggio di Battiato. 

 

Potrebbe essere un segno di rivolta? Speriamo. Di certo il singolo sfida molte altre leggi vigenti, con i suoi 6 minuti e 29 secondi di durata, la partenza lenta, lentissima, quasi rarefatta, la struttura che alterna diversi momenti ritmici. D’altra parte segnali di riscossa arrivano da molte zone della canzone italiana, a cominciare dalla middle generation di Gazzé e Silvestri che torna in campo con nuovi singoli, Gazzè annunciando un album ambizioso che si intitola “Amor fabulas” e Silvestri dialogando con Fulminacci in “L’uomo nello specchio”. 

 

Tornano con straordinaria potenza i Subsonica, anche loro per ora con un solo pezzo intitolato “Pugno di sabbia”, anticipo di un disco che uscirà a marzo, ma che già lascia intuire la voglia di tornare protagonisti e ricordare a tutti la forza che può avere una canzone nell’interpretare il disagio dei tempi che viviamo. È anche il momento in cui, dopo cinque anni, è finalmente tornato tra noi Calcutta, con “Relax”, e se perfino Calcutta ha deciso di abbandonare il suo dorato Aventino e tornare in campo vuol dire che è arrivato il momento. 

 

C’è bisogno che si torni a respirare un po’ di aria buona, da dovunque arrivi. È ora insomma che i duri tornino a giocare. Ma Colapesce e Dimartino hanno fatto di più, hanno voluto far capire di essere disposti a dilapidare l’inossidabile fiducia di pubblico che hanno guadagnato in questi anni, pur di riprendersi il bene più prezioso che esiste per un artista: la libertà.

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